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Cina, squadroni della morte per ammazzare i cani non registrati: “O ve ne sbarazzate o li facciamo fuori noi”

Il crudele ultimatum arriva dalle autorità comunali del quartiere Dayang, nella zona orientale della città cinese di Jinan che conta oltre 6 milioni di abitanti. Alcuni giorni fa in decine di condominii del quartiere, perlopiù grattacieli, sono stati affissi avvisi firmati dalle autorità locali che intimavano l’uccisione immediata dei cani presenti negli appartamenti

di Davide Turrini

“O vi sbarazzate dei vostri cani o veniamo a casa vostra e li facciamo fuori noi”. Il crudele ultimatum arriva dalle autorità comunali del quartiere Dayang, nella zona orientale della città cinese di Jinan che conta oltre 6 milioni di abitanti. Alcuni giorni fa in decine di condominii del quartiere, perlopiù grattacieli, sono stati affissi avvisi firmati dalle autorità locali che intimavano l’uccisione immediata dei cani presenti negli appartamenti. “A nessuna persona è permesso di tenere cani di qualsiasi tipo”, recitavano i cartelli appesi secondo il sito web Indian Express. Quindi il drastico provvedimento è sembrato rivolgersi anche ai possessori di cani che sono stati regolarmente registrati e vaccinati. La minaccia fa intendere che se l’animale non viene soppresso autonomamente dal proprietario interverranno direttamente loro: “altrimenti il ​​comitato organizzerà gruppi di persone autorizzati ad entrare in casa vostra per sopprimere il cane”, è scritto ancora nell’avviso.

Un giornalista del quotidiano londinese Guardian ha cercato di contattare le autorità comunali che hanno disposto il provvedimento, ottenendo però soltanto dei “no comment”. L’unica testimonianza arriva da un operaio che fa parte del comitato di quartiere Dayang che si occupa del problema dei cani. Ad una tv locale l’uomo, forte degli oltre mille abitanti che avrebbero approvato la radicale richiesta di uccisione, ha dichiarato che “i cani defecano sempre dappertutto e danno fastidio alle persone. Un sacco di gente si lamentava così abbiamo scritto un avviso pubblico per evitare ulteriori problemi”.

Un ordine che a livello legale sembra non fare una grinza dal momento che il sistema legislativo cinese non prevede norme specifiche in materia di animali domestici in pubblico, come l’obbligo di tenere i cani a guinzaglio o di  multe previste per chi non pulisce e raccoglie le deiezioni in strada. Al vuoto normativo, e alla paura del dilagare della rabbia che ogni anno in Cina provoca ancora tra gli esseri umani almeno 2mila vittime, si aggiunge anche una lunga tradizione legata alla barbara tradizione cinese del cibarsi di carne di cane che, secondo loro, farebbe bene all’organismo o porterebbe soprattutto fortuna. Quando poi nei primi decenni della Repubblica Popolare di Mao il possedere cani venne definito una ostentazione borghese e uno spreco di risorse, quindi perseguito per legge, il destino di questi animali in Cina è ulteriormente peggiorato. Si veda la ripetuta organizzazione del Festival di Yulin, una città del Sud della Cina, fin dal 1990 dove si stima che ogni giugno vengano uccisi per essere mangiati diverse migliaia di cani e gatti. Contro la manifestazione di Yulin ogni anno si levano vibranti proteste dagli animalisti occidentali, anche se quest’anno sono stati parecchi i cinesi a mostrare fisicamente la loro contrarietà alla sagra canina raggiungendo Yulin e cercando di salvare le bestie pronte per essere arrostite.

La carne di cane non viene mangiata soltanto in molte parti della Cina meridionale, ma anche, e soprattutto in paesi come il Vietnam, il Laos, e la Cambogia, dove questi animali sono culturalmente valutati da generazioni come una prelibatezza alimentare. I cani non se la passano molto bene nemmeno ai confini orientali dell’Europa soprattutto in luoghi di religione musulmana dove l’animale è considerato “impuro”. Nella pratica i cani, come i maiali, vengono sì tenuti dalle famiglie musulmane, ma la loro “impurità” non gli permette di vivere dentro casa come animali domestici. Durante l’ultimo festival di Venezia, per esempio, ha fatto molto discutere l’ennesimo ambiguo trattamento dei cani usati sul set di un film turco. Frenzy, del regista Amin Alper (premio speciale della giuria ndr) che, come il suo predecessore nel 2014 – il film Sivas – mostrava con disinvoltura le bestie randagie costrette a combattere tra di loro per il ludibrio degli uomini, qui li abbatte con inusitata violenza a colpi di fucile. Entrambi i registi hanno dichiarato di non aver maltrattato i cani usati per le riprese sul set, anche se non esiste una legislazione in materia come ad Hollywood con la American Humane Association che appone bollini di controllo a fine rullo di ogni film. Infine, i cani vengono uccisi barbaramente anche nei paesi dell’Est Europa. Esempio macroscopico la recente mattanza autorizzata dal governo ucraino per liberare dal randagismo le città in vista degli Europei di calcio 2012.

 

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