Ad appena quattro mesi dall’approvazione le nuove regole tornano a incendiare il Parlamento. Da destra a sinistra sono in tanti a volere alzare le barricate per ritoccare la normativa. Pensata ai tempi del Patto del Nazareno. Per premiare il partito più forte e non la coalizione. Ma ora sotto tiro per l'avanzata del M5s. Per gli alfaniani è una questione di sopravvivenza. Per la minoranza del Pd un problema di democrazia. Ecco le forze in campo. Pronte a confrontarsi e a mandare all'aria i progetti di Renzi
Fatta le legge, ecco il Vietnam. L’Italicum torna ad incendiare gli animi all’interno dei partiti: dal Pd al Nuovo centrodestra, da Forza Italia al Movimento 5 Stelle. Ad appena quattro mesi dalla sua approvazione, tutti si dicono pronti ad alzare le barricate sulla legge elettorale: chi per apportare modifiche sostanziali, come gli alfaniani, chi per difenderne i principi, come i grillini, da sempre contrari a qualsiasi forma di apparentamento. Per Ncd si tratta di una questione di sopravvivenza: al momento il rischio è quello di non riuscire a superare la tagliola del 3% rimanendo così fuori dai Palazzi. Il nodo cruciale resta quello del premio di maggioranza (340 seggi) che la norma assegna al partito che supera il 40% e non alla coalizione. Oggi però, sondaggi alla mano, nessuno arriverebbe a toccare percentuali simili. Nemmeno il Pd, che alle Europee del 2014 aveva raggiunto quota 40,8%. Uno scenario che apre le porte ad un ballottaggio dagli esiti imprevedibili, visto che il M5S è in ascesa nelle rilevazioni, e che non permette a Matteo Renzi di dormire sonni tranquilli. L’Italicum rischia infatti di segnare la fine anticipata del suo governo. Il motivo? Il suo principale alleato, il Ncd di Angelino Alfano, gli ha mandato chiaramente a dire che senza ritocchi alla legge elettorale parecchi senatori sono pronti a non votare la riforma costituzionale.
QUESTIONE DI SOGLIE Finora l’unica proposta messa nero su bianco per modificare l’Italicum è quella del presidente del Gruppo Misto a Montecitorio, Pino Pisicchio. Due i punti fondamentali: il premio alla coalizione e la ripartizione proporzionale dei seggi (che andrebbe quindi ad annullare l’assegnazione del premio di maggioranza) se al ballottaggio non si recherà alle urne il 50% più uno degli aventi diritto. “Con la legge approvata, se al secondo turno andasse a votare il 45-48% degli elettori – spiega Pisicchio – il partito o la coalizione in grado di raggiungere il 25-26% si troverebbe ad usufruire di un premio che le permetterebbe di ottenere il 55% dei seggi. Avremmo così la stessa condizione nella quale versava il Porcellum”. E che la Corte costituzionale non ha gradito. Nella sua proposta, Pisicchio, ferma restando la soglia minima del 40% dei voti per accedere al premio, prevede anche una revisione delle altre soglie di sbarramento attualmente fissate dall’Italicum: “I partiti che non sono in coalizione devono raccogliere almeno il 4% (invece dell’attuale 3%, ndr), mentre quelli che si uniscono ad altre forze almeno l’8%”, spiega. “È impossibile immaginare che non si faccia un utile aggiustamento di questa legge – conclude il presidente del Misto alla Camera –. L’impostazione iniziale, volta a favorire una dinamica bipolare, non funziona più: nei fatti c’è un multipolarismo di cui bisogna necessariamente prendere atto”.
TRAPPOLA DEMOCRATICA Anche a Largo del Nazareno, sede dei democratici, sono parecchi quelli che vorrebbero rimettere mano alla legge. A cominciare da Massimo D’Alema, secondo cui l’Italicum “rischia di diventare una trappola mortale” perché “il ballottaggio sarebbe tra Renzi e Grillo e dubito che i leghisti voterebbero Renzi”. E ancora: “Farsi la legge elettorale su misura porta sfortuna: chi ci ha provato, compreso Berlusconi, ha perso. Sarebbe saggio evitare questa roulette russa, che rischia di consegnare il Paese neanche a una maggioranza, ma a una minoranza populista”. Posizioni, quelle dell’ex premier, ribadite a ilfattoquotidiano.it dal bersaniano Alfredo D’Attorre. “Noi avevamo già chiesto due cambiamenti, negati dall’infelice scelta del governo di porre la fiducia – dice –. Sostenevamo la possibilità di presentare la coalizione assegnando a questa il premio previsto”. Ma non è andata bene. Inoltre, aggiunge D’Attorre, “volevamo la riduzione del numero di nominati attraverso le preferenze. La nostra posizione è agli atti parlamentari e conferma che molti nel partito sono d’accordo con le modifiche da apportare. Adesso – conclude – aspettiamo di capire cosa accadrà sul fronte della riforma costituzionale anche se, allo stato dei fatti, il governo non ha dato alcuna disponibilità al confronto”.
DENTRO O FUORI Ma i mal di pancia maggiori sono quelli di cui soffre il Nuovo centrodestra. A rilanciare nuovamente la questione è stato il coordinatore nazionale del partito, Gaetano Quagliariello. “O il governo accetta di rimettere mano all’Italicum – ha scandito l’ex ministro – o ci saranno conseguenze per le riforme perché nessuno riuscirà a convincere i senatori dissidenti di Ncd a non votare contro”. Messaggio condito da un avvertimento: “Un diniego da parte di un alleato di governo sarebbe grave”. Tradotto: o si fa come diciamo noi oppure siamo pronti a staccare la spina all’esecutivo. Contattato da ilfattoquotidiano.it, è il senatore Giuseppe Esposito a rilanciare la questione: “Non abbiamo presentato ancora delle proposte di legge per modificare l’Italicum”, anche se “c’è un dibattito aperto all’interno del partito. Quel che è certo – rivela – è che insieme a me ci sono molti parlamentari favorevoli a una legge che introduca il premio alla coalizione e non al partito”. Tutto ciò perché “l’identità e l’agibilità politica di Area popolare (Ncd e Udc, ndr) vanno difese, anche per rendere più solida la maggioranza a sostegno delle riforme e del governo. E su questa linea, se ne convincano gli amici del Pd, si ritroverebbe la stragrande maggioranza del gruppo di Area popolare in Senato”, afferma sibillino un altro senatore “alfaniano”, Ulisse Di Giacomo. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Forza Italia che, complice la caduta verticale nei sondaggi, chiede un ritorno al passato. “L’Italicum va ripensato”, spiega il capogruppo azzurro al Senato, Paolo Romani: “Quel che noi proponiamo è semplice: torniamo alle vecchie buone coalizioni, pur coi loro difetti”.
GRILLO SULLE BARRICATE Di parere diametralmente opposto è invece il Movimento 5 Stelle. I parlamentari pentastellati sono pronti ad alzare le barricate se il premio di maggioranza verrà assegnato alla coalizione e non al singolo partito perché vedono in questa mossa l’ostacolo per sbarrargli la strada. “L’idea di cambiare l’Italicum è proporzionale alla nostra crescita nei sondaggi – attacca il deputato Danilo Toninelli –. La legge elettorale è stata disegnata da incompetenti contro il M5S ma ora sta diventando una legge che può farci vincere”. Ecco perché, incalza Toninelli, “prima gli altri partiti volevano il bipartitismo mentre ora hanno paura di noi e tentano di relegarci al terzo posto”. Indipendentemente dagli effetti, le accuse mosse dal deputato del M5S riguardano anche il funzionamento della legge. “Vogliono le accozzaglie – spiega –. Mi pare assurda l’idea di tornare ai partitini per raccattare voti e battere un ‘contenitore accozzaglia’ avversario. Si parla di una schifezza di legge che sarebbe addirittura peggiorata: per questo noi siamo fermamente contrari”. E questo è solo l’inizio.
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