Fra i Paesi a maggior rischio c’è attualmente la Turchia, investita da un’ondata repressiva senza precedenti e da una recrudescenza del drammatico conflitto che oppone oramai da oltre trent’anni lo Stato e le forze che chiedono maggiore autonomia per il popolo curdo ma si sono fatte negli ultimi tempi rappresentanti anche di crescenti settori di popolazione turca insofferente dell’autoritarismo dittatoriale dell’aspirante ‘sultano’ Erdogan.
Vi sono tre principali fattori che determinano oggi un ulteriore peggioramento della situazione, che minaccia di precipitare anche questo Stato nell’abisso della guerra civile.
In primo luogo, il pervicace tentativo di Erdogan di ottenere pieni poteri schiacciando ogni opposizione, comprese quelle istituzionali. Tentativo che ha subito un duro colpo alle scorse elezioni di giugno, con l’ottenimento del quorum elettorale da parte del partito democratico dei popoli (Hdp). Infatti l’entrata nel Parlamento turco di questo partito non ha solo dato più forte voce all’opposizione, non solo curda, ma ha impedito a Erdogan di raggiungere un risultato tale da garantirgli il premio di maggioranza.
In secondo luogo, il costante appoggio dello stesso Erdogan alle forze che combattono il regime di Assad in Siria, primi fra tutti i fondamentalisti dell’Isis. E’ davvero paradossale, ma comprensibile, nell’ottica di potere che muove queste forze, che il nemico pubblico numero uno dell’Occidente, l’armata di tagliagole che vorrebbe ridurre tutto il Medio Oriente a un califfato integralista, sia in realtà appoggiato sottobanco non solo da Arabia Saudita e altri Stati del Golfo, ma dalla stessa Turchia. Non ‘è del resto casuale che l’ondata repressiva in atto sia cominciata, dopo le bombe al comizio conclusivo dell’Hdp a Diyarbakir, con l’attentato compiuto dall’Isis a Suruc che ha provocato la morte di oltre trenta giovani socialisti turchi che stavano recando soccorsi a Kobane. Al contempo, la Turchia è ovviamente in prima fila nel colpire le forze curde che si sono rivelate in questi ultimi mesi l’argine più efficace alla penetrazione dell’Isis.
In terzo luogo, l’assenza di volontà dello stesso Erdogan di concludere finalmente una giusta pace con il Pkk, affossando i negoziati in corso da tempo e che sembravano sul punto di consentire il superamento del conflitto armato.
La verità è che Erdogan sta giocando il tutto per tutto per ottenere l’agognata maggioranza alle prossime elezioni del 1° novembre. Per questo motivo, pur dichiarando di aderire alla coalizione anti-Isis promossa dagli Stati Uniti, l’aspirante ‘sultano’ ha approfittato dell’occasione per scatenare una vasta offensiva contro le forze curde, provocando estese violazioni dei diritti umani della popolazione civile dell’area.
La giovane avvocata Barbara Spinelli, dei giuristi democratici, ha visitato negli scorsi giorni la città curda di Cizre, epicentro dell’offensiva turca. Il comunicato pubblicato dai giuristi democratici informa che: “Gli avvocati sono stati i primi ad entrare, a raccogliere testimonianze ed a poter osservare lo stato dei luoghi. Lo scenario era uno scenario di guerra. È stato riportato che ai civili era interdetto uscire dalle proprie abitazioni. Molti bambini e anziani sono stati uccisi per aver violato questo ordine per soddisfare bisogni elementari. Alle ambulanze è stata impedita la circolazione ed ogni soccorso ai feriti. In numerosi quartieri le abitazioni dei civili sono state crivellate di colpi dai blindati e dagli elicotteri. L’interruzione dell’energia elettrica e delle riserve idriche ha generato numerosi problemi di salute nei civili. Si tratta di una gravissima sospensione dei diritti umani nei confronti della popolazione civile di una intera città che non può trovare giustificazione alcuna per motivi di sicurezza”.
Ci troviamo quindi di fronte a crimini di guerra e contro l’umanità. Solo la circostanza che la Turchia si sia finora ben guardata dal sottoscrivere l’accordo istitutivo della Corte penale internazionale parrebbe impedire il deferimento di Erdogan e dei militari turchi a tale Corte. Occorre impegnarsi per impedire che i conflitti armati in Medio Oriente si estendano ulteriormente e siano invece poste, anche con la sconfitta definitiva di Erdogan alle prossime elezioni, le basi per una rifondazione democratica dello Stato turco che avrebbe, ben più di interventi militari mal congegnati e peggio posti in essere, un effetto benefico su tutta l’area. Su questo piano, come su altri, si registra in pratica l’assenza del governo italiano.