Neanche il Pd cambia idea: il paragone tra l'ex ministro e la scimmia è una "condotta ritenuta insindacabile perché coperta dall'articolo 68 della Costituzione". Palazzo Madama dà solo l'ok per il processo per diffamazione. L'ex ministro: "Ricorrerò alla Corte Ue"
Diffamazione sì, istigazione all’odio razziale no. Dare dell’orango a una persona di colore non merita un processo. Ma chi riceve l’epiteto ha almeno il diritto di rivalersi. Così il Senato ha deciso sull’autorizzazione a procedere contro il senatore della Lega Nord Roberto Calderoli che nel luglio 2013, durante un comizio a Treviglio, paragonò l’allora ministro per l’Integrazione Cècile Kyenge a una scimmia, per l’esattezza a un orango. Una decisione che ora potrebbe finire davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo, dove annuncia che la porterà la Kyenge: “Il mio perdono a Calderoli l’ho dato, ma non si tratta più di un fatto personale. Ora è una questione di principio perché il messaggio che arriva dalle istituzioni ai nostri ragazzi e giovani è devastante”. Nel frattempo il M5s sottolinea la coincidenza tra la mezza “assoluzione” da parte del Senato per Calderoli e il ritiro del mezzo milione di emendamenti che il senatore del Carroccio aveva presentato per il disegno di legge sulle riforme istituzionali in discussione al Senato. “Il mercato delle vacche continua” commenta Riccardo Nuti.
Quando Calderoli disse: “Quelle sembianze di un orango…”
“Smanettando con Internet – disse Calderoli – apro ‘il governo italiano’ e, cazzo, cosa mi viene fuori? La Kyenge. Io resto secco. Io sono un amante di animali, eh, per l’amore del Cielo. Ho avuto le tigri, gli orsi, le scimmie. Però quando vedo le immagini della Kyenge e quelle sembianze da orango, resto ancora sconvolto”. Parole che avevano suscitato la reazione di tutte le più alte cariche dello Stato, a partire dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Peraltro si segnalò, in quell’occasione, una difesa d’ufficio della senatrice Serenella Fucksia (M5s) – poi subito ritrattata – che spiegò che “tutti assomigliano a un animale”. Per esempio, aggiunse, l’ex M5s Adele Gambaro somiglia “a una mucca” o Nicola Morra che le ricordava “un camaleonte…”. La Fucksia, componente della Giunta per le immunità, aveva votato contro l’autorizzazione a procedere per Calderoli.
“Opinioni insindacabili, lo dice la Costituzione”
La Procura aveva chiesto così il giudizio immediato. Ma una decisione del genere del Senato era nell’aria. La Giunta per le immunità, a suo tempo, a febbraio, si era espressa contro l’autorizzazione a procedere nel suo complesso. Tra coloro che votarono contro c’erano anche i commissari del Pd. “La condanna politica resta – disse allora il capogruppo democratico in giunta Giuseppe Cucca – però non ci sono le basi per l’istigazione razziale. E il magistrato non può procedere per diffamazione perché non c’è stata la querela da parte del ministro”. E così anche in Aula, a Palazzo Madama, la condotta di Calderoli è stata ritenuta insindacabile in quanto coperta dal primo comma dell’articolo 68 della Costituzione, in base al quale “i membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni”. Il Pd sembrava averci ripensato, ma in Aula quell’orientamento è stato confermato.
Il voto in Aula
Il Pd in Aula ha chiesto invano di rinviare il voto finale. Così il relatore della proposta Lucio Malan (Forza Italia) ha proposto di votare il documento per parti separate: un primo scrutinio per la diffamazione ai danni dell’ex ministro di origine congolese, un secondo per l’istigazione all’odio razziale. Nel primo caso il Senato ha dato il via libera all’autorizzazione a procedere con 126 sì, 116 no e 10 astenuti. Per l’istigazione all’odio razziale l’Aula ha respinto la richiesta di autorizzazione a procedere con 196 no (46 i sì e 12 le astensioni).
Le offese a Cécile Kyenge da parte di Calderoli sono RAZZISMO e non semplice diffamazione. La decisione del Senato la trovo sbagliata. Massima solidarietà a Cécile!
Posted by Khalid Chaouki on Mercoledì 16 settembre 2015
Kyenge: “Pd? Non questione politica, ma lotta al razzismo”
La Kyenge, intervistata dall’Ansa, sottolinea che “la cosa che colpisce è che questo messaggio arriva in un momento delicato per l’Europa mentre è alle prese con l’aumento del razzismo contro gli immigrati”. “Siamo di fronte a due livelli diversi: il livello personale e quello istituzionale – aggiunge – Lo ripeto: non è una questione personale. Si parli del razzismo e non di me. Le istituzioni devono intervenire sul linguaggio per evitare un clima razzista. Che segnale hanno dato oggi ai giovani? C’è troppa confusione, forse anche voluta. Invece si deve indicare ai giovani e ai ragazzi che esiste una linea da non oltrepassare, mai! Ora chi subisce atti di razzismo può immaginare che le istituzioni non lo proteggano”. Responsabilità del Pd? “Non entro e non voglio entrare nelle questioni politiche. Il problema è di cultura e lotta al razzismo. E’ un problema delle istituzioni, trasversale che va oltre il partito”.