Nel mondo, ancora oggi, si muore di fame. Sembrerebbe strano, in società di abbondanza, di sciupìo e di obesi che quasi un miliardo di persone (842 milioni, secondo le stime del 2012) soffra per sottonutrizione: una persona ogni 8 non ha da mangiare a sufficienza.
Questa popolazione sottoalimentata, che rappresenta circa il 12% degli esseri umani, non si distribuisce equamente nelle diverse regioni del mondo, ma è concentrata, sia in termini assoluti che relativi, in due continenti: Asia e Africa. Se immaginassimo di percorrere le strade delle regioni sviluppate d’Europa, Stati Uniti, Australia, avremmo la probabilità di incontrare ogni 100 persone all’incirca una che soffre la fame. Ma se la stessa passeggiata la facessimo in Africa quella probabilità salirebbe esponenzialmente e, su ogni 5 persone incrociate sulla nostra strada, una sarebbe in condizioni di malnutrizione. In Asia (una ogni 8), in Oceania (una ogni 13) e in Sud America (una ogni 16) la situazione sarebbe un po’ meno triste, ma sempre infelice.
Se esaminiamo l’evolversi della situazione della sottoalimentazione nell’arco di 20 anni (1990/1992-2012/2014) nelle diverse aree geografiche del mondo, ciò che più colpisce è che a fronte di un calo complessivo del fenomeno pari al 20,6%, che interessa circa 200 milioni di persone, tuttavia, vi sono zone in cui la sottoalimentazione è cresciuta: nell’Africa subsahariana il numero di chi soffre la fame è salito di 38 milioni di unità e, rispettivamente, di 11 milioni nell’Asia Occidentale e 7 nell’Africa Settentrionale.
Analizzando ancor più il problema, emerge che i Paesi maggiormente colpiti dalla sottoalimentazione – il Burundi e l’Eritrea – sono quelli che presentano il cosiddetto Indice globale della fame più elevato, rispettivamente, 35,6 e 33,8: sono gli unici Paesi al mondo, entrambi in Africa, che fanno rilevare valori molto preoccupanti. Le componenti dell’Indice globale della fame (GHI) sono costituite dalla percentuale di popolazione denutrita, dalla prevalenza di bambini sottopeso nella fascia sotto i 5 anni e dalla percentuale dei bambini che muoiono prima dei 5 anni. Quando l’indice supera 30, ci troviamo di fronte ad un fenomeno ”estremamente allarmante”, mentre ad uno “solo allarmante” quando il valore è compreso tra 20 e 30.
Venticinque anni fa erano ben 25 i Paesi del mondo che registravano un Indice globale della fame (GHI) superiore alla soglia di 30, ma il progresso, sicuramente importante, non può inorgoglirci più di tanto: si tratta pur sempre di milioni di persone che ogni giorno combattono ancora contro il mostro della fame.
Altri indici statistici sottolineano la povertà di questi Paesi: i consumi sono concentrati in quelli alimentari (la spesa per prodotti alimentari assorbe tra il 42,9% e il 79% del totale dei consumi); la mortalità infantile varia tra il 51,8 per mille (Eritrea) e il 181,6 per mille della Sierra Leone.
Più è elevato il peso rappresentato dagli alimentari sull’intera spesa per consumi, più il livello di povertà in quel Paese è elevato, poiché deve destinare la maggior parte del suo reddito a un bisogno primario, che viene molto prima del vestirsi o della cultura, o di qualsiasi altra necessità.
[Continua]
Franco Vespignani & Eleonora Farneti
Esperti di statistica
Ambiente & Veleni - 16 Settembre 2015
Sottonutrizione degli uomini, nutrizione del pianeta (I)
Nel mondo, ancora oggi, si muore di fame. Sembrerebbe strano, in società di abbondanza, di sciupìo e di obesi che quasi un miliardo di persone (842 milioni, secondo le stime del 2012) soffra per sottonutrizione: una persona ogni 8 non ha da mangiare a sufficienza.
Questa popolazione sottoalimentata, che rappresenta circa il 12% degli esseri umani, non si distribuisce equamente nelle diverse regioni del mondo, ma è concentrata, sia in termini assoluti che relativi, in due continenti: Asia e Africa. Se immaginassimo di percorrere le strade delle regioni sviluppate d’Europa, Stati Uniti, Australia, avremmo la probabilità di incontrare ogni 100 persone all’incirca una che soffre la fame. Ma se la stessa passeggiata la facessimo in Africa quella probabilità salirebbe esponenzialmente e, su ogni 5 persone incrociate sulla nostra strada, una sarebbe in condizioni di malnutrizione. In Asia (una ogni 8), in Oceania (una ogni 13) e in Sud America (una ogni 16) la situazione sarebbe un po’ meno triste, ma sempre infelice.
Se esaminiamo l’evolversi della situazione della sottoalimentazione nell’arco di 20 anni (1990/1992-2012/2014) nelle diverse aree geografiche del mondo, ciò che più colpisce è che a fronte di un calo complessivo del fenomeno pari al 20,6%, che interessa circa 200 milioni di persone, tuttavia, vi sono zone in cui la sottoalimentazione è cresciuta: nell’Africa subsahariana il numero di chi soffre la fame è salito di 38 milioni di unità e, rispettivamente, di 11 milioni nell’Asia Occidentale e 7 nell’Africa Settentrionale.
Analizzando ancor più il problema, emerge che i Paesi maggiormente colpiti dalla sottoalimentazione – il Burundi e l’Eritrea – sono quelli che presentano il cosiddetto Indice globale della fame più elevato, rispettivamente, 35,6 e 33,8: sono gli unici Paesi al mondo, entrambi in Africa, che fanno rilevare valori molto preoccupanti. Le componenti dell’Indice globale della fame (GHI) sono costituite dalla percentuale di popolazione denutrita, dalla prevalenza di bambini sottopeso nella fascia sotto i 5 anni e dalla percentuale dei bambini che muoiono prima dei 5 anni. Quando l’indice supera 30, ci troviamo di fronte ad un fenomeno ”estremamente allarmante”, mentre ad uno “solo allarmante” quando il valore è compreso tra 20 e 30.
Venticinque anni fa erano ben 25 i Paesi del mondo che registravano un Indice globale della fame (GHI) superiore alla soglia di 30, ma il progresso, sicuramente importante, non può inorgoglirci più di tanto: si tratta pur sempre di milioni di persone che ogni giorno combattono ancora contro il mostro della fame.
Altri indici statistici sottolineano la povertà di questi Paesi: i consumi sono concentrati in quelli alimentari (la spesa per prodotti alimentari assorbe tra il 42,9% e il 79% del totale dei consumi); la mortalità infantile varia tra il 51,8 per mille (Eritrea) e il 181,6 per mille della Sierra Leone.
Più è elevato il peso rappresentato dagli alimentari sull’intera spesa per consumi, più il livello di povertà in quel Paese è elevato, poiché deve destinare la maggior parte del suo reddito a un bisogno primario, che viene molto prima del vestirsi o della cultura, o di qualsiasi altra necessità.
[Continua]
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Putin: “Obiettivi vicini. Zelensky illegittimo, dovevo attaccare prima”. Il presidente ucraino: “Garanzie Ue insufficienti, Trump uomo forte”
Roma, 19 dic (Adnkronos) - "La Corte di Cassazione ha stabilito in maniera chiara e netta che la competenza di decidere se un Paese è o meno sicuro spetta al governo. Quindi non i singoli giudici. La conferma che il governo Meloni aveva ragione e che le sentenze con cui i giudici hanno annullato i trasferimenti in Albania dei migranti sbarcati illegalmente sulle nostre coste erano sbagliate. Cosa diranno adesso Schlein e gli altri esponenti delle opposizioni, insieme alla grancassa dei loro house organ, dinanzi a questa sentenza che decreta il loro ennesimo fallimento? Per quanto ci riguarda continuiamo ad andare avanti, consapevoli che tutta l’Europa guarda all’Italia come un modello nel contrasto all’immigrazione illegale”. Lo dichiara il presidente dei senatori di Fratelli d’Italia Lucio Malan.
Roma, 19 dic (Adnkronos) - "Hai fatto la cosa giusta". Così, su Twitter, Elon Musk replica al commento che Matteo Salvini aveva fatto al post del patron di Tesla sul caso Open arms.
Roma 19 dic (Adnkronos) - "I delinquenti sono quelli che vogliono Salvini in galera". Lo scrive sui social Francesco Storace.
Roma, 19 dic (Adnkronos) - "Sono contento che abbiano assolto Renzi, che non finisca in galera. Io voglio vincere le elezioni perchè la gente ci dà fiducia, non perchè arrestano tutti gli altri". Lo ha detto Matteo Salvini in una diretta social.
Roma 19 dic (Adnkronos) - - "Se mi dichiareranno innocente sarò felice per i miei figli e perchè ho fatto il mio lavoro. Se mi dichiareranno colpevole sarò felice lo stesso, non mi pento assolutamente di nulla, ho difeso da immigrati clandestini e trafficanti il mio Paese. Sarebbe un problema per l'Italia e gli italiani, con un ministro che bloccava gli sbarchi condannato immaginate voi trafficanti, scafisti e delinquenti dove verrebbero e porterebbero questi disperati". Lo ha detto Matteo Salvini in una diretta social alla vigilia della sentenza del processo Open Arms.
Roma, 19 dic (Adnkronos) - "Chi non rischia, chi non va oltre l'ostacolo, non va da nessuna parte. Io, da 51enne, comunque vada sarò orgoglioso di quello che ho fatto". Lo ha detto Matteo Salvini in una diretta social alla vigilia della sentenza su Open Arms.
"Se mi assolvono ho fatto il mio dovere e bye bye sinistra. In in caso di condanna ricorreremo in appello, la riterrei una profonda ingiustizia e un danno non a me ma al Paese", ha spiegato il ministro dei Trasporti proseguendo: "Mi stanno arrivando migliaia di messaggi, ho preso l'aereo e tanti ragazzi mi hanno detto non mollare, bravo. Sono felice".
"Paura zero, mi sento come la canzone di Venditti 'Notte prima degli esami', mi sento orgoglioso e felice di quello che ho fatto. Domani è la sentenza di primo grado, poi c'è l'appello e la Cassazione. Tolgo qualche gioia a chi mi augura il male, se mi condannano farò ricorso e continuerò a fare il mio lavoro", ha proseguito Salvini.
Roma, 19 dic (Adnkronos) - "A me pare di poter dire, non temendo di essere smentita, che senza Nino Andreatta i cattolici democratici, dopo il terremoto della Prima Repubblica e il tracollo della Dc, probabilmente non avrebbero maturato la scelta del centrosinistra. E soprattutto che senza di lui non avrebbe visto la luce l’Ulivo, che io considero davvero una grande 'invenzione' politica". Lo ha detto Anna Ascani, cicepresidente della Camera e deputata dem, intervenendo alla presentazione del numero della rivista 'Arel' su Nino Andreatta.
"E non parlo di forma, di contenitore, ma di idealità, della possibilità che Andreatta e altri videro e perseguirono, di unire le culture popolari e riformiste di centro e di sinistra chiudendo la lunga stagione che le aveva viste contrapposte e, ancora più importante, di consentire attraverso la 'contaminazione' tra cultura cattolico-democratica, socialista, laica, ambientalista la nascita del Partito democratico. Non sarei qui oggi, non saremmo qui in tanti, senza la visione di Nino Andreatta e di chi allora credette in quella scommessa", ha aggiunto.