Prosegue il percorso a ostacoli del disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili: “Non è probabile che vada in Aula prima del 15 ottobre”, ha detto Francesco Nitto Palma, presidente della commissione Giustizia del Senato, mettendo così in dubbio le promesse di Matteo Renzi e del ministro Maria Elena Boschi. Entrambi avevano assicurato l’ok prima dell’esame della legge di Stabilità che arriverà in discussione a Palazzo Madama appunto il 15 ottobre e impegnerà il Parlamento fino a fine anno. La causa del rallentamento è l’ostruzionismo del Nuovo Centrodestra sul provvedimento. Il fascicolo degli emendamenti, per la maggior parte presentati da Ncd, ha 250 pagine: ne sono state lette 58.

I dissapori all’interno del Pd, diviso sulla riforma del Senato e sull’Italicum, in commissione sembrano spariti, la minoranza cattolica è favorevole al testo così come è stato modificato finora e il partito del premier collabora col M5S. Per smaltire le migliaia di emendamenti sono state fissate delle sedute semi-notturne: i senatori lavorano fino alle 23, non di più. Nitto Palma (Forza Italia), secondo fonti delle agenzie di stampa, ha detto chiaramente che se manca la calendarizzazione in Aula è inutile fissare sedute fiume fino alle 6 del mattino successivo: non c’è urgenza. E in effetti nessuna data è stata ancora fissata nel calendario dei lavori per l’approdo in aula della riforma.

Per il senatore Carlo Giovanardi – grande combattente anti unioni civili e portabandiera della maggior parte degli emendamenti – la mancanza di una data ufficiale è la prova che “il governo si è chiamato ufficialmente e formalmente fuori”. E aggiunge: “Se il 15 ottobre comincia la sessione di bilancio, se prima della sessione di bilancio c’è la discussione parlamentare della riforma del Senato, oggi siamo al 15 settembre, quando dovrebbe andare in aula il ddl sulle unioni civili? Perché le notturne se il governo non ha sollecitato il provvedimento? Perché farle se il ddl non è nell’ordine del giorno dell’Aula?”.

Ma questa ricostruzione è smentita dal sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri: “Non è vero, il governo non si è chiamato fuori. E’ un disegno di legge non governativo, ma del Parlamento: noi siamo disponibili, lo seguiamo. A tutte le calendarizzazioni delle commissioni, il governo sarà presente, ma non sta a noi chiedere di proseguire l’esame. Il che non significa che il governo non l’abbia chiesto”. E conclude:  “Ci rimettiamo sugli emendamenti perché non vogliamo interferire nella dialettica parlamentare, ma vogliamo far sì che ci sia dibattito vero”. Nel dubbio, Giovanardi rilancia: “Se il Pd toglie quei tre punti ai quali siamo contrari – utero in affitto, adozioni e reversibilità – chiudiamo in due giorni”.

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