Un salasso che è già costato circa 80 milioni di euro. A causa degli impianti fuorilegge e che il nostro paese è stato chiamato a mettere a norma. Ma senza grandi risultati. Visto che in sei mesi solo 14 di queste strutture sono state messe in sicurezza
Ricadrà sui bilanci dei Comuni la multa milionaria inflitta lo scorso dicembre dalla Corte di giustizia Europea all’Italia per la presenza sul nostro territorio di 198 discariche abusive. Lo ha annunciato il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti nel corso del question time in Commissione Ambiente. A chiedere conto delle intenzioni del governo era stata la deputata del Movimento 5 Stelle Claudia Mannino, la quale aveva chiesto al ministro se avesse intenzione di «esercitare il diritto di rivalsa ed in che tempi». La risposta del ministro non ha lasciato dubbi: «Gli obblighi di messa in sicurezza e bonifica dei siti contaminati, ivi include le discariche abusive da dismettere, gravano in capo al Comune territorialmente competente, ed in caso di inerzia di quest’ultimo, in capo alla Regione che è il responsabile di ultima istanza per la realizzazione dell’opera di bonifica o messa in sicurezza».
La legge di stabilità per il 2014 ha istituito un Fondo “per il finanziamento di un piano straordinario di bonifica delle discariche abusive individuate dalle competenti Autorità statali in relazione alla procedura di infrazione comunitaria n. 2003/2007”. Una dotazione totale di circa 60 milioni di euro. A fronte degli oltre 42 milioni che il nostro Paese deve pagare ogni sei mesi. Il 2 dicembre 2014, infatti, la Corte di giustizia dell’Unione europea aveva condannato l’Italia a una penalità semestrale per la mancata osservanza di una sentenza del 2007 con la quale la Corte dichiarava che l’Italia era venuta meno agli obblighi derivanti dalla direttiva sui rifiuti, sui rifiuti pericolosi e sulle discariche. In base alla sentenza del dicembre scorso, la Corte calcolava un importo iniziale di 42.800.000 euro per le 198 discariche irregolari presenti in Italia. La Corte stabiliva, inoltre, di detrarre 400 mila euro per ogni discarica ordinaria messa a norma entro il semestre successivo e 200mila euro per ogni discarica contenente rifiuti speciali.
Un salasso, sotto tutti i punti di vista. Perché da dicembre a oggi, l’Italia ha già pagato quasi ottanta milioni di euro. La sentenza di condanna prevedeva per il nostro Paese anche il pagamento di una somma forfettaria di 40 milioni. A questi, vanno aggiunti anche i 39.800.000 pagati quest’estate per il semestre che si è chiuso il 2 giugno. Una cifra frutto della messa a norma di sole quattordici discariche in sei mesi. Ma non finisce qui, perché come rivela la stessa Mannino «grazie all’azione dei parlamentari europei del M5S – in particolare di Ignazio Corrao, Eleonora Evi, Piernicola Pedicini e Marco Affronte – siamo venuti a conoscenza del fatto che il 13 luglio 2015 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera con cui sollecita il pagamento della penale dovuta per il primo semestre successivo alla sentenza. Il ministero inadempiente – continua la deputata – se ne lava le mani scaricando la responsabilità sui cittadini. A conti fatti aveva ragione il ministro: non pagheremo un euro aveva detto. Lui no, i cittadini sì».
La lettera del 13 luglio è un documento interessante, perché rivela le difficoltà del nostro governo nell’adempiere agli obblighi derivanti dalla sentenza. Le autorità italiane hanno infatti fornito informazioni circa i progressi compiuti nell’esecuzione della sentenza in due occasioni. La prima è del 29 maggio (trasmessa alla Commissione europea l’1 giugno) con una nota della Presidenza del Consiglio, la seconda è del 22 giugno (trasmessa alla Commissione europea il 3 luglio) con un documento trasmesso dal ministero dell’Ambiente. La documentazione inviata, però, risultava per buona parte illeggibile tanto da costringere l’8 luglio la Rappresentanza permanente d’Italia a trasmettere ulteriore documentazione che andava a sostituire quella inviata a maggio dalla Presidenza del Consiglio.
In questi documenti, il nostro Paese dichiarava di aver proceduto alla messa in regola di 48 delle 198 discariche oggetto della condanna, contestando inoltre la presenza di 4 scarichi abusivi nell’elenco. Secondo la sentenza della Corte di giustizia europea, una situazione è sanata quando nei siti in questione non siano più depositati i rifiuti, i rifiuti pericolosi presenti siano catalogati e identificati e, infine, vengano attuate le misure necessarie per «assicurare che i rifiuti presenti nei siti non mettano in pericolo la salute dell’uomo e dell’ambiente». Ciò significa svolgere analisi per verificare se i rifiuti – pericolosi e non – abbiano contaminato il sito. In base ai risultati, decidere se avviare la messa in sicurezza del sito, la bonifica o il ripristino dello stesso. Le eventuali misure da prendere, specifica il documento, spettano alle autorità italiane. Lettera morta per il nostro governo. Almeno a quanto emerge dalla lettera della Commissione europea: «Poiché buona parte delle informazioni fornite nelle suddette note non sono sufficientemente chiare o non sono complete, il pagamento della penalità è in effetti dovuto per molte delle discariche che le Autorità italiane considerano come messe a norma entro il 2 giugno 2015».