Il prossimo 23 settembre saranno trascorsi 30 anni da quando la camorra pose fine alla vita di Giancarlo Siani, il giovane cronista del Mattino di Napoli. La sua morte fu accompagnata da un grande cordoglio popolare, ma anche da legittime polemiche per le tante distrazioni, omissioni, collusioni che l’avevano preceduta.
Allora, come oggi, non mancava chi, anche nelle redazioni, non apprezzava il coraggio, la curiosità ed il rigore professionale di Giancarlo Siani, giornalista scrupoloso e cittadino che credeva nei valori della legalità e della civile convivenza. “Quello se le andava a cercare…”, così sentenziò, con il cinismo di sempre, Giulio Andreotti a proposito di Giorgio Ambosoli, il fedele servitore dello Stato che aveva osato mettere il naso negli affari dei Cuccia e dei Sindona. La stessa frase ha accompagnato prima la vita e poi la morte di tanti cronisti ammazzati da mafia e camorra, da Giovanni Spampinato a Pippo Fava, da Peppino Impastato a Giancarlo Siani… In effetti se le andavano a cercare, perché cercavano di illuminare quello che doveva restare oscuro e soprattutto non essere conosciuto dal cittadino lettore ed elettore.
Come ogni anno la fondazione coordinata da Paolo Siani, il fratello di Giancarlo, tornerà con la passione civile di sempre, non solo a ricordare, ma anche e soprattutto ad accendere i riflettori su chi “se le va a cercare” e cioè quei cronisti, spesso precari, che non si sono mai arresi e che hanno raccolto quel testimone.
Articolo 21 ci sarà e si augura che tutti i media, ed in particolare la Rai, vogliano raccontare queste giornate e ridare memoria della vita e delle opere di Siani, magari raccontando anche le storie dei cronisti costretti a vivere sotto scorta, per aver acceso i riflettori su mafia capitale, sulle discariche del casertano, sulle famiglie mafiose del ragusano, sulla penetrazione della camorra ad Ostia e dintorni, sulla sacra corona unita in Puglia, sulla invasione mafiosa nelle attività finanziarie del Nord Italia…
Basterà ricordare i nomi di Federica Angeli, Ester Castano, Roberto Saviano, Lirio Abbate, Marco Lillo, Nello Trocchia, Michele Albanese, Paolo Borrometi, Arnaldo Capezzuto, Enzo Palmesano, per fare solo qualche nome.
Dare voce alle loro inchieste, amplificare le loro denunce, raccontare le loro storie significa anche fornire una “scorta mediatica”, spezzare la catena dell’omertà, della indifferenza, dell’isolamento etico, politico e professionale.
A trenta anni dal suo assassinio, forse sarebbe il modo migliore per onorare la memoria di Giancarlo Siani.