“No, non lascio il mio partito, ma chiedo al Pd una seria riflessione. #IoVadoAvanti”. Cecile Kyenge, via Twitter, spiega di non volere abbandonare i dem all’indomani della decisione di Palazzo Madama, che ha votato contro l’autorizzazione a procedere nei confronti del senatore della Lega Nord Roberto Calderoli per istigazione all’odio razziale. Nel luglio 2013, durante un comizio a Treviglio, l’ex titolare delle Riforme la paragonò a un orango. Sul sito di microblogging Kyenge accantona quindi la possibilità di lasciare il partito, al contrario di quanto dichiarato in un’intervista a Repubblica.
“I parlamentari del Pd che hanno votato così – ha detto Kyenge – dovranno risponderne alla propria coscienza”, e rivolge una domanda ai colleghi di partito che hanno votato contro l’autorizzazione a procedere: “Si sono interrogati sul serio sull’effetto che avrà questo voto, da domani? Con che coraggio potremo trasmettere il valore di custodi dei diritti ai giovani?”. Con l’esito del voto in aula, aggiunge, “mandiamo un messaggio devastante“. Perché quello che hanno fatto i senatori “è una scelta grave”, visto che “è un caso di razzismo“. E se qualcuno dei parlamentari “ha considerato un’attenuante il fatto che il parlamentare leghista si sia scusato, forse ha sbagliato davvero posto”. Che il voto sia stato uno scambio affinché Calderoli ritirasse il mezzo milione di emendamenti sulla riforma del Senato? “Questo punto – precisa Kyenge – riguarda la responsabilità personale di tutti i senatori. Non tocca a me indagare. Però – ha aggiunto – quando si entra nelle istituzioni, si fa giuramento di adempiere in trasparenza ai propri compiti”.
Insiste sulla gravità della scelta dei senatori anche in un editoriale su L’Unità , entrando nel merito della decisione dell’aula: pur ricordando che non si tratta di una questione personale tra lei e Calderoli, sottolinea che le sue parole sono state “inequivocabilmente razziste“, perché “varcavano il limite del rispetto della dignità della persona, in ragione delle mie sembianze e del colore della mia pelle”. I parlamentari, poi, devono “porre dei limiti anche sul linguaggio e riconoscere una linea che non si può oltrepassare”, ma così facendo hanno trasmesso l’immagine di una politica “irresponsabile“, che “non c’è un limite all’uso di parole che avvelenano la società, seminando odio razziale”. E “se non è razzista dare dell’orango ad una donna nera, allora tutto è possibile, con buona pace delle conseguenze”, proprio oggi “mentre in Europa il livello di guardia contro la xenofobia è altissimo e le istituzioni sono impegnate a fermare la proliferazione dell’odio razziale”.