“Non ho mai nella mia vita dato istruzioni all’amministrazione fiscale, che esiste per applicare la legge”. E “non ho agito in Lussemburgo per creare danno ad altre istituzioni fiscali”. Parola del presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker, che in audizione davanti Parlamento europeo è tornato a difendersi dall’accusa di aver avuto un ruolo decisivo nello scandalo dei LuxLeaks, gli accordi fiscali siglati fra il Lussemburgo di cui è stato premier per quasi 20 anni e centinaia di multinazionali. Accordi di cui hanno beneficiato anche Telecom Italia, Fininvest, Intesa Sanpaolo, Unicredit e Finmeccanica. Juncker ha sostenuto di essersi anzi “sforzato per andare in aiuto degli altri Paesi, ad esempio il Belgio ogni anno ha recuperato 5-6 milioni di euro grazie agli accordi transfrontalieri”.
Poi il lussemburghese è passato al contrattacco indossando le vesti del paladino della lotta all’elusione. “Il sistema attuale di fiscalità delle imprese è incomprensibile e ingiusto, ci sono alcuni che perdono e altri che guadagnano perché esiste questa possibilità di nascondersi, usare regole nazionali divergenti che rendono il settore opaco. Noi dobbiamo fare ordine in questo mondo disordinato”. Poi la richiesta che si acceleri il lavoro sull’armonizzazione fiscale avviato prima dell’estate. “Dovremo inquadrare meglio il comportamento delle multinazionali, che hanno talento per l’ingegneria fiscale, e fare in modo che l’opacità sia sostituita dalla trasparenza”. In aggiunta, “dovremo accelerare i ritmi lavoro sulla base comune consolidata per l’imposta sulle società“. Intervento mirato a evitare che le multinazionali sfruttino il mancato coordinamento tra i Paesi per pagare meno tasse.
La Commissione Ue ha presentato a giugno una proposta per rendere obbligatorio lo scambio automatico di informazioni sugli accordi fiscali (‘tax ruling’), che la presidenza lussemburghese intende fare approvare entro ottobre. Il commissario agli affari economici Pierre Moscovici ha detto di puntare su “un accordo al prossimo Ecofin e un’attuazione rapida”, spiegando che l’idea è anticipare l’entrata in vigore a metà 2016.
Nel frattempo la commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager ha annunciato che l’esecutivo Ue “proseguirà le indagini” sui tax ruling dopo le informazioni ricevute dagli stati membri. L’analisi fatta dai suoi funzionari, ha spiegato, se da un lato ha rilevato che “la grande maggioranza questi accordi fiscali tra i Paesi Ue e le società rispetta le raccomandazioni dell’Ocse”, dall’altra “distorce seriamente la concorrenza“. Per quanto riguarda i casi già aperti, che riguardano Amazon, Apple, Starbucks e Fiat Trade & Finance, Vestager ha assicurato che “prenderemo una decisione appena saremo pronti”.
Sempre giovedì il presidente Martin Schulz ha chiesto che siano sospesi o limitati gli accrediti per l’accesso all’Europarlamento dei lobbisti delle multinazionali coinvolte in LuxLeaks che si sono finora rifiutate di partecipare alle audizioni pubbliche convocate dagli eurodeputati. Si tratta di Amazon, Fiat e Apple ma anche Philip Morris, Walmart, Facebook, Google, Ikea, Hsbc, McDonald’s. A sottoporsi alle domande della commissione speciale Taxe sono state solo Airbus, Bnp Paribas, Total e Sse. Spetterà ora alla conferenza dei presidenti dell’aula decidere se sospendere gli accessi. “Purtroppo non abbiamo modi legali per obbligare le multinazionali a venire qui”, ha affermato il presidente della Taxe Alain Lamassoure, “ma chiederemo al servizio giuridico se possiamo ottenere più cooperazione da parte degli stati membri e dei parlamenti nazionali per costringerli a farle comparire davanti al Parlamento europeo”.