Il capo degli inquirenti romani Giuseppe Pignatone sta infatti valutando se aprire o meno un fascicolo sulla relazione inviata nei giorni scorsi da Raffaele Cantone: un porto franco degli appalti”, con l’87 per cento dei lavori in quattro anni che è stato assegnato senza gara pubblica
Un altro fronte d’indagine su Mafia capitale. E questa volta al centro della lente d’ingrandimento degli investigatori ci sarebbe l’intero sistema degli appalti a Roma. Il procuratore capo della capitale Giuseppe Pignatone sta infatti valutando se aprire o meno un fascicolo d’indagine sulla relazione inviata nei giorni scorsi da Raffaele Cantone, il presidente dell’autorità nazionale Anticorruzione. Il capo degli inquirenti romani potrebbe far confluire il capitolo sugli appalti nel fascicolo madre su Mafia capitale.
Gli ispettori dell’Anticorruzione hanno passato ai raggi x la gestione del Campidoglio tra il 2011 e il 2014, analizzando quindi gli affidamenti sia quando il sindaco di Roma era Gianni Alemanno che dopo l’arrivo in Campidoglio di Ignazio Marino. E dopo quattro anni, Cantone ha inviato il report al sindaco Marino e al prefetto Franco Gabrielli, alla Procura della Repubblica e alla Procura della Corte dei conti per gli eventuali, ulteriori accertamenti, e perché valutino le iniziative di rispettiva competenza.
Drammatico il ritratto degli affari pubblici capitolini tracciato dagli ispettori dell’Anticorruzione: “un porto franco degli appalti”, con l’87 per cento dei lavori in quattro anni che è stato assegnato senza gara pubblica. Appalti da 2,9 miliardi di euro che equivalgono alla metà della spesa totale, assegnati “in palese difformità e contrasto con le regole, rivelando spesso un’applicazione o elusione delle norme disinvolta e in alcuni casi addirittura spregiudicata“.
“Ciò induce a ritenere –sottolineano gli ispettori – che la prassi rilevata abbia una genesi lontana nel tempo e rappresenti in molti casi più un lucido escamotage che ha orientato l’attività contrattuale degli uffici verso un percorso semplificato foriero, come confermato dai recenti fatti di cronaca, di distorsioni anche di carattere corruttivo piuttosto che dalle condizioni di straordinarietà che hanno caratterizzato l’attività politico-amministrativa di Roma Capitale negli ultimi anni”.
Nei due anni e mezzo in cui gli ispettori dell’Anticorruzione hanno analizzato la gestione Alemanno, la giunta dell’ex ministro all’Agricoltura ha speso oltre cinque miliardi. Due miliardi, cioè più di un appalto su tre, è finito in procedure negoziate . Con Marino invece le procedure negoziate sono salite all’87 per cento del totale, anche se per un importo complessivo dimezzato o poco più: 1 miliardo e 364 milioni in un anno e mezzo. L’Anticorruzione, però, mette nero su bianco il “sospetto di interessi corruttivi o criminali di altro genere dietro agli appalti a trattativa privata”. Ed è proprio su questo che adesso indagheranno i magistrati del pool Antimafia capitale.