Cultura

Adelphi, gli occhi degli Agnelli sul prestigioso marchio editoriale. Da Torino arriva la smentita, ma…

La voce è ritenuta “plausibilissima” da fonti vicine alla famiglia torinese e pure da fonti interne a Rcs. Secondo il Lingotto non c’è nessun interessamento, ma del resto oggi nessuna vendita è stata (ancora) perfezionata

di Silvia Truzzi

Tra una decina di giorni sapremo tutto. O almeno qualcosa di quel che bolle nel pentolone dell’affare Mondazzoli, conio giornalistico che allude alla scorpacciata che Mondadori sta per fare mangiandosi in un sol boccone tutta (o quasi) la galassia dei libri Rcs. La trattativa si sta concludendo, scadenza 30 settembre, con molti mal di pancia e violenti scontri nei corridoi di via Rizzoli, dove pare che presidente e amministratore delegato siano ai ferri cortissimi.

I mal di pancia sono soprattutto dalle parti di Bompiani: diversi autori del bel catalogo firmato Sgarbi (Elisabetta, direttore editoriale) hanno sottoscritto un documento preoccupato, firmato da Umberto Eco. La speranza è che l’Antitrust obblighi il colosso Mondazzoli a vendere qualcosa. E perché non Bompiani, che senza Sgarbi varrebbe molto meno? Sono libri, non ombrelli: per tanti autori la presenza del direttore editoriale è una garanzia irrinunciabile. Se lei se ne andasse, molti la seguirebbero (con conseguente beffa per Mondadori). Si dice che la Sgarbi stia pensando a una fondazione, ma è solo un’ipotesi. Come quella di una cordata di imprenditori interessati ad acquisire una Bompiani “liberata” dall’Antitrust: un nome per tutti è quello di Francesco Micheli, patron di Mito, ex socio di Marsilio, ex socio di Gems, di cui ancora oggi il figlio ha una piccola quota. Per molti anni è vissuto nella casa di Valentino Bompiani e certo non sarà distratto di fronte a eventuali sviluppi.

Quel che invece è certo è che in caso di vendita Adelphi si sfilerà. Sarà per il logo, il pittogramma cinese della luna nuova che si vede sui bronzi Shang (oggetti rituali che risalgono al 1000 a. C) e vuol dire “morte e rinascita”. O forse per il nome, la parola greca che vuol dire “Sodali, fratelli”. Roberto Calasso non tradirà i suoi fratelli, i fondatori Luciano Foa e Bobi Bazlen, e nemmeno i lettori: non ci saranno traslochi a Segrate. Lo può fare perché insieme agli altri soci di minoranza (hanno il 42% delle azioni) ha un diritto di precedenza in caso di vendita. Ma chi comprerà la quota di maggioranza corrispondente al 58%? Si sussurra di un interesse della famiglia Agnelli, che tiene in grande considerazione il raffinatissimo catalogo di Calasso (si dice sia stato visto più volte negli ultimi periodi a Villar Perosa). Nel 2014 Adelphi ha pubblicato un primo libro di Marella Caracciolo Ho coltivato il mio giardino, scritto insieme alla nipote. E poi, quest’anno, La signora Gocà, protagonista anche di un piccolo giallo.

Il 16 giugno una lettera firmata dalla direzione commerciale della casa editrice annuncia ai librai il ritiro del memoir di donna Marella, con conseguente redistribuzione del titolo a strettissimo giro. Motivo? “Un guasto tipografico”. Le due edizioni – ha scritto Dagospia – differiscono perché nella prima si raccontavano troppi dettagli sugli amori adulteri di papà Caracciolo. Cortesie editoriali a parte, non si tratterebbe di molto denaro: un paio di milioni di euro. La voce è ritenuta “plausibilissima” da fonti vicine alla famiglia torinese e pure da fonti interne a Rcs, ma è stata smentita categoricamente e ufficialmente da Fiat. Per non dire dell’assoluto riserbo di Adelphi: strappare qualche parola a Roberto Calasso è notoriamente impresa ardua.

Smentite e silenzi che fanno pensare a quel detto, “la verità si manifesta nella cura con cui la si vuol celare”. Oggi non c’è nessun interessamento, ma del resto oggi non c’è nemmeno alcuna prelazione da poter esercitare perché nessuna vendita è stata (ancora) perfezionata. E tra un mese? Vedremo. Bisogna dire che comprare le quote di Adelphi, per la famiglia da pochissimo principale azionista dell’Economist non sarebbe una passeggiata. Fiat ha il 16% di Rcs: dunque per ricomprare le quote di Adelphi dalla stessa Rcs sarebbe necessario, per verificare la congruità dell’operazione, ricorrere a una procedura complessa.

Spostandoci da Milano a Venezia dove ha sede la Marsilio, scopriremo che i ruoli sono invertiti. In caso di vendita, Rcs dovrebbe ricomprare le quote di Cesare De Michelis. Per l’acquisizione del 100 per cento di Marsilio – i cui bilanci sono stati baciati dal successo dei giallisti svedesi e non solo – l’esborso dovrebbe essere piuttosto oneroso: circa nove milioni. Molti “più” e “meno” quindi sul prezzo finale che fanno pensare a un altro, lungo, periodo di trattative tra Rcs e Mondadori.

Si parlava dei dissidi in via Rizzoli. La situazione debitoria del gruppo è pesante e ormai resta poco da vendere (o svendere), dopo la cessione della sede di Via Solferino, quasi tutti i periodici, Flammarion e la concessione della raccolta pubblicitaria delle edizioni locali del gruppo alla Piemme di Caltagirone.

Per non dire delle radio (105, Montecarlo, Virgin), appena vendute per 21 milioni alla Finelco che a sorpresa ha esercitato il diritto di prelazione. Di chi è la Finelco? Della famiglia Hazan, fresca di partnership con Mediaset, che ha acquisito azioni con diritto di voto pari al 19% di RB1 (che con i soci fondatori ha il 92,8% del gruppo Finelco). Mediaset ha poi acquisito azioni di RB1 senza diritto di voto pari al 50% del capitale. Insomma, da anni si dà per morto il capitalismo di relazione, ma pare che le relazioni tra i capitalisti funzionino benissimo: i libri a Mondadori, le radio a Finelco, tutto intorno a Berlusconi. Del resto l’attuale presidente di Rcs è Maurizio Costa, vicepresidente di Fininvest fino al 2013. Chissà se la Consob e l’Antitrust avranno qualcosa da dire. E mentre a Segrate si teme molto la scure dell’Authority, in Rcs girano voci rasserenanti a proposito di un parere complesso ma non ostile alla cessione. Sarà solo un auspicio?

Il Fatto Quotidiano del 18 settembre 2015

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