“Voler aiutare altre persone lontane da noi nasce da un buon proposito, ma alla fine si trasforma nel desiderio di sentirsi a posto con la propria coscienza”, ha dichiarato Eli Roth per spiegare la denuncia alla base del suo nuovo film da regista, The Green Inferno, nelle sale italiane dal 24 settembre 2015 con Koch Media. Dopo il suo esordio dietro la macchina da presa nel 2002 con Cabin Fever e il successo di Hostel e Hostel II, uno dei più dotati autori del genere horror contemporaneo condanna l’attivismo fanatico con un film disturbante e macabro, che non lascia indifferenti.
Ariel Levy interpreta Alejandro, uno studente attivista che con carisma e determinazione coinvolge i suoi coetanei in una lotta al sistema per salvare le tribù dell’Amazzonia dall’estinzione. Justine (Lorenza Izzo) è la figlia di un funzionario delle Nazioni Unite, studiosa e con la testa sulle spalle, che viene travolta dalla passione per la causa di Alejandro e lo segue, insieme ad altri studenti, in un folle viaggio in Perù per cercare di fermare la deforestazione che avanza sempre di più. Un ruolo fondamentale in questa missione apparentemente suicida è ricoperta dai social media che prendono il posto delle armi, diventando i mezzi di ripresa e trasmissione degli atti illegali che si svolgono in quella particolare zona del mondo. “Ma retwittare link ai video di Youtube non significa fermare effettivamente i guerriglieri”, come ha sottolineato il regista, che ha scritto la sceneggiatura di The Green Inferno ispirato proprio dal fenomeno virale KONY 2012. In quell’occasione, l’organizzazione Invisible Children aveva realizzato un filmato per spingere gli attivisti locali a sostenere il guerrigliero africano Joseph Kony, ottenendo circa 100 milioni di visualizzazioni. Ma i fondi raccolti non furono mai rendicontati e il fondatore Jason Russell ebbe un esaurimento nervoso. Quando i cellulari e altri dispositivi elettronici sui quali i ragazzi fanno affidamento si frantumano in seguito ad un incidente aereo, ha inizio un vero e proprio incubo che li ritrova prigionieri di un’antica tribù cannibale, sperduta nel profondo della folta vegetazione.
La realtà ha invitato Roth a tornare nella Foresta Amazzonica tra Perù e Cile dove aveva già girato Aftershock, per realizzare un film horror decisamente splatter e profondamente inquietante, che richiama in parte l’antica formula del “cannibal movie”, arricchendola con uno stile estetico e una regia più dinamica ed invadente. Siamo lontani dal taglio più documentaristico adottato da Ruggero Deodato per Cannibal Holocaust o dalle atmosfere di Cannibal Ferox e Ultimo mondo cannibale degli anni ’70 – ’80. Infatti Roth ha confessato di essersi ispirato piuttosto ai film Fitzcarraldo e Aguirre Furore di Dio del maestro Werner Herzog, soprattutto per l’ambientazione e la fotografia. La prima parte della narrazione procede con pacatezza, preparando lo spettatore ad un’esplosione di follia, per cui Eli Roth non risparmia ondate di violenza intrise di sangue. Le inquadrature pulsano di un rosso soffocante, mentre i personaggi sono vittime delle più atroci usanze tribali. Non si tratta delle torture edulcorate viste in franchise come Hostel o in Saw, ma di situazioni crude e spiazzanti che non lasciano molto all’immaginazione e confezionano un film genuinamente brutale. La sceneggiatura mantiene un sottotesto ironico ma procede in un crescendo di tensione fino a raggiungere un livello di shock per cui è difficile non portare le mani davanti agli occhi. Roth è guidato da una forte carica di sarcasmo e dalla voglia di puntare il dito su quella coscienza umanitaria ambigua e superficiale che ritrova molto presente nel suo paese. Questa volta a scatenare la tragedia non è una vendetta o una punizione per aver fatto qualcosa di sbagliato in passato, ma i protagonisti vengono colpiti per le loro buone azioni messe in discussione. Pertanto The Green Inferno è un horror che rompe gli schemi in cui siamo stati imprigionati negli ultimi anni. Dimenticate il terrore fumettistico e cinematografico di Sinister, Insidious o Paranormal Activity. Qui il gioco si fa duro e vi aspetta un’esperienza scioccante ma originale, da non perdere.