In risposta all'assemblea (autorizzata) che ha portato alla chiusura del sito archeologico il governo vara la stretta. Un decreto inserisce anche i beni culturali, pubblici e privati, nella norma sui servizi essenziali che disciplina istruzione, sanità e sicurezza. In caso di assemblee e mobilitazioni i lavoratori potranno essere precettati. Le ragioni della vertenza restano però sullo sfondo. E partono le procedure per lo sciopero nazionale di tutto il comparto
Musei come ospedali. La vicenda della serrata per assemblea al Colosso termina con un decreto ad hoc che riporta anche i Beni Culturali nell’alveo dei “servizi pubblici essenziali”. La prossima volta i dipendenti – e non solo del Colosseo – per riunirsi in assemblea o proclamare un’agitazione sindacale dovranno confrontarsi con il Garante degli scioperi, la speciale Commissione di garanzia istituita dalla legge 146 del 1990, che regolamenta l’astensione dal lavoro nei servizi pubblici essenziali. Col rischio di vedersi precettati. Dopo una giornata di polemiche sulla riunione che ha determinato la chiusura per tre ore del sito archeologico, con migliaia di turisti fuori dai cancelli, è arrivato il provvedimento che il governo voleva da mesi, da quando a Pompei si verificò un episodio simile. Anche allora il fatto che le assemblee fossero regolarmente comunicate e autorizzate non impedì alla politica di andare all’attacco dei sindacati e del diritto di rappresentanza sui luoghi di lavoro. E il copione si è solo ripetuto. Ma ora “la misura è colma” ha scandito Franceschini. Renzi ha colto la palla al balzo per varare una norma che sottopone tutto il settore dei musei e dei luoghi della cultura, senza distinzioni tra pubblici e privati, alla regolamentazione sugli scioperi.
Dunque alla legge 146 viene fatta un’aggiunta modificando l’articolo 1 comma 2 che aggiunge la categoria alle altre: sanità, istruzione, sicurezza, eccetera. In questi settori proteste e mobilitazioni devono essere compatibili con la garanzia di un servizio minimo, ottenuto anche attraverso strumenti come la precettazione, il provvedimento amministrativo straordinario che può far saltare sul nascere uno sciopero. “Non è un diritto in meno ai sindacati, ma un diritto in più agli italiani e agli stranieri”, ha poi detto Renzi rivendicando la bontà della misura che è “strumento di civiltà”. “Nessuna limitazione viene posta al diritto legittimo di fare un’assemblea o di proclamare uno sciopero”, ma l’intenzione è quella semplicemente di sottoporre al Garante le modalità e la tempistica. Dal settore museale però arriva subito la risposta: Claudio Meloni, coordinatore nazionale Cgil per il Mibact, annuncia che “la vertenza sui beni culturali potrebbe portare presto ad uno sciopero nazionale, Cgil,Cisl e Uil hanno già avviato le procedure previste dalle legge”.
Anche perché le ragioni dell’assemblea sono scivolate sullo sfondo mentre montava la polemica politica. Al centro della riunione dei custodi del Colosseo, e di altre categorie del Mibac, c’erano il mancato pagamento dei salari accessori – incluse le festività – e l’insufficienza di personale. “Ma l’assemblea è stata convocata in modo assolutamenteo regolare – rimarca Domenico Blasi, sindacalista dell’Usb – la Soprintendenza era informata dal 12 settembre”. Il ministro Franceschini, infatti, non ha nulla da ridire sulla correttezza dei sindacati e in conclusione tende loro la mano: “Mentre i turisti al Colosseo aspettavano fuori ed era in corso l’assemblea, io ero a un incontro al ministero dell’Economia per cercare di risolvere il problema degli straordinari non pagati”.