Massimiliano Di Matteo, 40enne di Pescara, ha vinto l'ultima edizione nel Paese dove si è trasferito un anno e mezzo fa. Ma la prima volta che ha lasciato l'Italia risale al 1995. Negli Usa è stato cameriere, il barista, il manager. E in Medio Oriente vuole portare le tradizioni culinarie della cucina regionale italiana
Gli piace cucinare, ma non è mai stato un professionista dei fornelli. Nonostante questo, la passione lo ha fatto trionfare all’ultima edizione di Masterchef Israele, seguitissimo anche in Medio Oriente. A consegnargli la vittoria è stata una zuppa di cipolle con bottoni di formaggio e zafferano. Un tocco di Italia che Massimiliano Di Matteo, 40enne di Pescara, ha portato nel suo ‘nuovo’ Paese.
Vive a Tel Aviv da un anno e mezzo, perché sua moglie è israeliana: si sono conosciuti a New York nel 2001. E il suo addio all’Italia risale a molti anni fa. La prima volta se n’è andato nel 1995, con un diploma da geometra in tasca. Nove mesi a Miami e quattro a Città del Messico, dove ha fatto il cameriere. Nessuna mira professionale allora, solo un “parente negli Stati Uniti” che sarebbe stato un punto d’appoggio e che, racconta, “mi invitò a provare”. Così, racconta, “presi la palla al balzo e partii. Ho sempre sognato di viaggiare, e non sono cresciuto in una famiglia ricca, mio padre è venuto a mancare quando avevo 13 anni. I miei coetanei andavano a divertirsi, e io lavoravo già per potermi permettere le spese del viaggio. Non avevo un piano preciso in mente. Volevo solo andarmene”.
Appena un anno dopo, nel ’96, è costretto a rientrare per il servizio di leva. Ma appena ottenuto il congedo, riparte subito per l’America. Biglietto di sola andata, senza ritorno. “A New York – ricorda – ho gestito per qualche tempo un caffè tutto mio. Poi ho fatto il cameriere, il barista, il manager. Mai il cuoco, anche se coltivo questa passione sin da bambino”. Nella città della East Coast rimane per anni. Fino a 18 mesi fa, quando si trasferisce con la moglie in Israele. Poi arriva l’avventura di Masterchef, dove il suo slang a metà strada tra inglese, italiano ed ebraico incuriosisce la giuria. A questo si aggiunge la sua predilezione per la cucina povera abruzzese e le tradizioni gastronomiche dei suoi nonni contadini: dal risotto con castagne, pecorino e vino rosso alle crespelle in brodo, passando per le salsicce di fegato, cervello e midollo con buccia d’arancia e peperoni dolci secchi fritti.
“Ho fatto conoscere la cucina italiana da cartolina, quella della tradizione, quella da tramandare gelosamente – spiega -. Gli israeliani hanno reagito con entusiasmo. In questo Paese mi sento come a casa. Ho tanti amici, si respira uno splendido fermento: c’è voglia di fare, di cambiare”. Finita la trasmissione, ora Massimiliano pensa all’apertura di un locale a Tel Aviv, con l’aiuto di alcuni imprenditori israeliani. Perché la cucina, anche a telecamere spente, è passione e lavoro. Il ritorno in Italia? Lontano. “Una volta all’anno ci vado in vacanza. Prima di rientrare in Abruzzo giro sempre un po’ il Paese, alla ricerca dei sapori e delle ricette regionali perdute”. E Israele è diventata la sua America: “Non mi dispiacerebbe inventarmi un programma tv tutto mio per far conoscere meglio la cucina italiana agli israeliani e quella israeliana, della diaspora, agli italiani”.