Matteo Renzi gioca un gioco pericoloso con l’Unione europea. La sua scelta è, in estrema sintesi, di non rispettare i vincoli che anche il suo governo si era impegnato a seguire. Nel dibattito pubblico il rapporto con l’Unione europea sembra tutto una questione di muscoli, pugni sul tavolo, aperture e chiusure. Ma ci sono delle regole precise.
“Il profilo di finanza pubblica permetterà di rispettare la regola del debito. Siamo all’interno delle regole anche per quanto riguarda la regola del debito, quello che conta è il percorso di aggiustamento strutturale”, ha detto ieri sera il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Ma non è del tutto vero.
Nell’ultima relazione dell’Ufficio parlamentare di bilancio, l’autorità indipendente che vigila sui conti del governo, si legge chiaramente che il governo già si era preso tutta la flessibilità lecita nell’ultima legge di stabilità. Per quanto riguarda il deficit strutturale, cioè quello depurato dalle componenti dovute alla congiuntura negativa, “nel 2015 quest’ultimo diminuirebbe di 0,2 punti percentuali del Pil, anziché di 0,3 punti come concordato a fine 2014 con le istituzioni europee. Nel 2016 migliorerebbe di 0,1 punti, a fronte degli 0,5 previsti dalle regole europee”.
Spiegazione dell’Upb: “La più bassa correzione è programmata a fronte della richiesta del governo di potersi avvalere della flessibilità prevista dalle regole europee – a favore dei Paesi che avviano importanti riforme strutturali con effetti positivi sulla sostenibilità di lungo periodo delle finanze pubbliche – di poter deviare temporaneamente dall’obiettivo di medio termine o dal percorso di aggiustamento verso di esso nell’anno successivo a quello di pubblicazione del Programma di stabilità”. Con una postilla: “Sarà la Commissione europea a verificare sia l’esistenza delle condizioni per usufruire della flessibilità sia quanta flessibilità concedere. Ciò dipenderà dal tipo di riforme e dalla loro effettiva realizzabilità”.
Ma se la deviazione da temporanea diventa permanente? Padoan non solo ha comunicato che il rispetto della regola del debito viene di fatto rinviato di un anno al 2018. Che è come dire mai, visto che in origine era previsto per il 2014. Non solo: il governo vuole alzare anche quello nominale, da 2,2 per cento al 2,4. Non si capisce bene perché: la scusa è l’emergenza migranti, visto che non si può più sostenere che c’è una recessione di gravità eccezionale (le stime di crescita vengono riviste al rialzo) e la flessibilità sulle riforme è già stata ottenuta anche se gran parte delle riforme, come quelle istituzionali e parte del Jobs Act, non sono state ancora approvate in via definitiva.
Il ragionamento, sulla carta, sembra sensato: l’Italia è la porta di ingresso per molti dei migranti che arrivano via mare. E’ una caratteristica peculiare e siamo in un periodo in cui il flusso è rilevante e crescente. Dunque sarebbe giusto chiedere margini di bilancio per gestire tutto questo. Ma lo stesso Padoan ammette di non sapere “come funziona esattamente” questa ipotetica regola. Il premier Renzi si avventura a citare un regolamento europeo del 1997 (comunque superato o come minimo integrato da tutta la nuova legislazione comunitaria e nazionale in materia di bilancio).
Posto che la base giuridica è assai dubbia, altrettanto incerto è il fondamento economico: l’Italia sta chiedendo di avere uno spazio di bilancio di 2 decimi di punto, cioè almeno 3 miliardi di euro, da spendere per i migranti? O, con la scusa degli sbarchi, ritiene di avere diritto a un “bonus” da spendere però per tutt’altro, cioè gli sgravi fiscali cui si è impegnato Renzi?
Non è affatto detto che a Bruxelles qualcuno si faccia convincere. I tecnici della Commissione si rifiutano di considerare le misure solo annunciate e non approvate in via definitiva, figurarsi se si impelagano in arbitrarie e discutibili valutazioni come quanti miliardi di Tasi si possono abolire per ogni diecimila migranti arrivati in Sicilia.
Siamo solo all’inizio della sessione di bilancio. E l’unica certezza è che la legge di Stabilità di Renzi, che dovrebbe valere 27 miliardi, parte già piena di buchi.