L'ex impresario dei vip racconta gli anni vissuti al di sopra dei limiti e il lungo percorso di riabilitazione dopo il carcere. "Mi sento una scatola nera, a poco a poco rivelerò tante verità e non per vendetta, ma perché troppe persone che mi chiamavano “papà” mi hanno abbandonato nelle difficoltà o sfruttato nella fortuna"
Entrando nella nuova casa di Lele Mora la prima cosa che si nota è la quantità di mobilio barocco, vasi dorati e suppellettili vari elegantemente stipati negli angoli. Oggetti che un tempo occupavano la sua grande casa di viale Monza e che oggi se ne stanno ammassati in una casa bella ma decisamente più piccola in zona Buenos Aires. Penso che l’arredo sia un’efficace metafora del suo presente in cui non c’è più spazio per quel passato, ma poi mi accorgo che qualcosa è rimasto intatto. Il discreto via vai di ragazzi giovani e bellissimi. La tavola imbandita. I busti di Mussolini sulle mensole in salotto, i ritratti di Papa Francesco e, soprattutto, i due telefoni che squillano ininterrottamente, come se nulla fosse cambiato, come se Lele Mora fosse ancora il burattinaio di un tempo, l’uomo capace di sedersi a pranzo con Costantino e a cena con Putin.
Quanto le resta da scontare?
Due anni. Ho una serie di restrizioni. Posso andare solo in Lombardia e Veneto, non posso lavorare nello spettacolo, devo fare due ore a settimana di servizi sociali e sono affidato a mio figlio Mirko. Io oggi sono stipendiato da lui, faccio lo stagista per la sua agenzia.
Beh è cominciato tutto con Ruby affidata alla Minetti ed è finita con lei affidato a suo figlio.
Sì, in effetti questa è la parabola, anche se la mia fine è stata colpa della vanità. Il servizio di Sciuscià, quello in cui facevo vedere la mia villa, il lusso, la bella gente, è stato la mia rovina. E anche quella copertina con i tronisti ai miei piedi. Non si può esibire quello stile di vita quando tanti non arrivano a fine mese, è normale che poi ti si scateni contro l’inferno.
Però non è la vanità che l’ha mandato in carcere.
No, certo, ho fatto anche i miei errori con la giustizia e l’ho ammesso, ho patteggiato, non sono neanche andato in Cassazione.
Berlusconi lo vede più?
Io non posso frequentare pregiudicati ma provo a telefonargli ogni tanto, chiamo ad Arcore e mi risponde sempre un cameriere che mi dice “Un attimo” e poi “Il presidente non c’è”. Sai, ora ha i due marescialli Rossi e Pascale intorno”.
Avrà un cellulare.
Credo che la Pascale non gli faccia usare neanche quello.
Mi pare di capire che la Pascale non le piaccia.
Non lo trovo un personaggio positivo accanto a lui. Ha eliminato tutte le persone che erano intorno a Berlusconi da sempre, a partire dalla segretaria Marinella per arrivare ai cuochi e per finire con i politici che lei non gradisce. La Pascale e Mariarosaria Rossi sono il cerchio magico, nessun altro.
Qual è il segreto di questa donna per circuirlo così?
Alle volte capita di incontrare persone che non ti fanno capire più nulla. La Pascale è per Berlusconi quello che Corona è stato per me.
Cos’è stato Corona per lei?
Io subivo il suo fascino, lui sapeva come comprarmi, mi chiamava “Tatino”, mi faceva le moine. Poi però mi fregava sempre. Soldi, scoop, fiducia. L’ultima volta mi ha chiesto denaro per aprire una panetteria. Non ho più visto né i soldi né una baguette. Quando mi ha tradito l’ennesima volta gli ho scritto una lettera molto dura. Non ci siamo più visti.
Il destino però vi vuole entrambi da don Mazzi.
Io da don Mazzi faccio solo servizi sociali e ho chiesto che lui non finisse nella comunità dove vado io.
Qualcuno pensa che con lui la rieducazione funzioni poco. Con lei?
Io mi sento un uomo diverso. La rieducazione è possibile. Erika De Nardo è stata tanto da don Mazzi, oggi so che per avere una vita normale è scappata in Madagascar dove fa l’educatrice. Scattone doveva poter tornare a insegnare, se una persona ha pagato il suo debito è giusto che torni a fare quello che faceva prima. Non si può essere marchiati anche da persone libere, è inumano.
Cosa le manca della sua vecchia vita?
Niente. Io sto bene. Certo, dopo il carcere sto ancora curando la mia depressione, ma il mondo dello spettacolo non mi interessa più. In compenso, mi sento una scatola nera, a poco a poco rivelerò tante verità e non per vendetta, ma perché troppe persone che mi chiamavano “papà” mi hanno abbandonato nelle difficoltà o sfruttato nella fortuna.
Qualcuno dice che non ha più nulla da perdere.
No, ho dato perle ai porci per anni, ora con le perle mi ci faccio una collana.
Ce l’ha a morte con Signorini, perché?
Perché è un pennivendolo. Mi ha usato. L’ho incontrato una sera al ristorante e l’ho insultato. Ora ha paura di me perché ho una sua registrazione in cui ne dice di tutti i colori di Silvia Toffanin. Ma ne ho tante di registrazioni, di prove che c’è tanto marciume. Tra i giornalisti salvo solo Vittorio Feltri, Michele Santoro e Silvana Giacobini.
Ma c’è mai stato qualcosa di vero nel suo mondo?
Ho creato tante cose a tavolino. Anche le vittorie dell’Isola dei famosi. Io facevo partecipare miei artisti come Walter Nudo e poi compravo i centralini per farli vincere. Magari investivo 50.000 euro ma poi se Walter vinceva, io con gli sponsor chiudevo contratti da un milione di euro, era un investimento.
Ma tutti questi uomini simil-tronisti che concedono favori sessuali in cambio di comparsate tv e che giravano nella sua agenzia, sono gay?
Alcuni no. Lo sono per convenienza.
C’è mai stato qualcuno integerrimo nella sua agenzia?
Il primo che mi viene in mente è Luca Argentero. Un ragazzo davvero serio, si è sposato per amore e non ha mai accettato compromessi.
E con la famiglia Berlusconi come va?
Pier Silvio è un uomo educatissimo, impeccabile. Marina è la numero uno nel suo lavoro, le rimprovero solo di prestare poca attenzione a chi lavora in alcune redazioni di Mondadori, ci sono tanti ladruncoli. Vorrei incontrarla per dire quello che so. Veronica Lario non è una vittima. È stata Eva la prima a peccare, non Adamo…
Ci pensa più al carcere?
Il carcere è la cosa più disumana che si possa immaginare, ci dovrebbero finire solo i criminali che hanno commesso cose aberranti. Io a Opera avevo due vicini di cella: Olindo Romano del delitto di Erba e Gianfranco Stevanin, il killer delle prostitute. Ero considerato un criminale di quella levatura. Olindo lo chiamavo Yoghi, perché quando lavava i pavimenti aveva questa andatura da orso. Gli regalavo le mie merendine.
Era amico di Dell’Utri. Da quando è in carcere hai avuto più contatti con lui?
Certo, ci scriviamo delle lettere.
E come sta?
Male come tutti quelli che stanno in carcere.
Renzi l’ha mai incontrato?
Non posso incontrare politici e se è successo non me lo ricordo, sai, ho sessant’anni… in compenso è un mio sogno erotico, lo riempirei di morsi.
Da Il Fatto Quotidiano del 18 settembre 2015