Le perizie eseguite dall’Arpal confermano gli allarmi lanciati dal comitato No Tav. Le analisi sono state consegnate alla procura di Genova che da tempo ha aperto un fascicolo per ora senza indagati. Il sospetto è che le ditte subappaltatrici incaricate dello smaltimento abbiano aggirato le rigide norme sullo stoccaggio e il trasporto delle rocce pericolose
Concentrazioni di amianto quasi due volte superiori ai limiti di legge nel cantiere del terzo valico a Cravasco, in Valverde, sulle colline alle spalle di Genova. Lo ha accertato una serie di perizie eseguite dall’Arpal, l’Agenzia regionale per l’ambiente. La presenza del minerale è risultata di 1,7 grammi per chilogrammo di roccia o terra esaminata. Il limite massimo è stabilito in 1 grammo per chilo. Trovano dunque piena conferma gli allarmi che da mesi gli attivisti del comitato No Tav – scesi in strada per protestare e raggiunti, alcuni di loro, da denunce – avevano lanciato mettendo in guardia autorità e cittadini per la presenza dell’amianto, pericolosissimo per la salute umana.
Un allarme ignorato dal Cociv, il consorzio di imprese che si è aggiudicato l’appalto per la costruzione del tunnel di 37 chilometri sul tracciato di complessivi 53, fra Liguria e Piemonte, che dovrebbe ospitare il Treno ad Alta velocità. Un’opera che costerà, anzi costerebbe visto che i tempi si stanno allungando, 6,4 miliardi di euro e certamente sarà terminata dopo il 2020.
Le perizie dell’Arpal sono state trasmesse alla procura delle Repubblica di Genova che da tempo aveva aperto un fascicolo sul cantiere di Cravasco. La questione è seguita personalmente dal procuratore capo, Michele Di Lecce, un magistrato esperto, specializzato in materia di lavoro. Di Lecce ha rimesso in pista una serie di esposti presentati prima del suo arrivo a Genova e ignorati dal suo predecessore, ed è intenzionato ad andare fino in fondo. Lo conferma lo stesso procuratore a ilfattoquotidino.it: “Le nostre indagini erano iniziate ben prima dell’accertamento eseguito dall’Arpal, a seguito degli esposti dei comitati o di semplici cittadini. Le perizie ci forniscono altri elementi utili alle indagini che proseguiranno fino all’accertamento della verità dei fatti. Per il momento non ci sono persone iscritte nel registro degli indagati”. Di Lecce non ha voluto precisare se è reale l’eventualità di sequestrare il cantiere.
La questione più delicata riguarda le modalità con le quali, fino ad ora, è avvenuto lo smaltimento delle rocce e del terreno proveniente dallo scavo di Cravasco. La procura vuole accertare se le operazioni siano avvenute nel pieno rispetto delle leggi, senza quindi causare pregiudizio alla salute dei residenti. Il Cociv finora ha sostenuto in un comunicato che tutte le operazioni svolte dopo il ritrovamento di rocce amiantifere “si sono svolte nel pieno rispetto del piano di lavoro approvato dagli enti preposti, finalizzato ad evitare che da queste stesse attività scaturissero danni per i lavoratori e i cittadini. Le terre sono state immediatamente trattate con un prodotto incapsulante e dopo averle riposte negli appositi big bag, sono state trasportate in discarica autorizzata con camion, garantendo l’apposita copertura dei carichi”.
Implicitamente si ammetteva l’esistenza di rocce amiantifere negli scavi. Il sospetto della procura è che le ditte subappaltatrici incaricate dello smaltimento del materiale amiantifero (che fanno capo alla romana HTR, leader nel settore ambientale), abbiano aggirato le rigide norme sullo stoccaggio e il trasporto delle rocce pericolose. Le risultanze delle perizie confermano il rischio per la salute umana insito nel cantiere della Tav a Cravasco, che è fermo da un paio di mesi.