Urne chiuse e partito dell’astensione al primo posto, davanti a Syriza e Nea Dimokratia. La Grecia, controvoglia, va al voto in una calda domenica nella consapevolezza che nulla potrà cambiare nel paese dal momento che a guidarlo è il memorandum siglato con la troika trenta giorni fa. In molti hanno confessato di aver votato “il male minore”. Lo dimostra l’analisi dei primi numeri, che offrono un quadro di sostanziale rassegnazione da parte dell’elettorato.
Al di là delle appartenenze convinte, che hanno espresso un voto per Syriza e per i conservatori di Nea Dimokratia, le elezioni greche vanno lette alla luce del dissenso. Chi ha ancora posizioni contro il memorandum ha votato per Alba dorata (al 7,28%, in lento e costante miglioramento con tre deputati in più rispetto a sette mesi fa), o per i comunisti del Kke anti Nato e anti Ue (stabili al 5,35%). Mentre da un lato Tsipras, nonostante la “fuga” degli integralisti di Laikì Enothita, si avvicina al risultato del gennaio scorso quando toccò il 36%, è nel non voto che si ritrovano gli umori inespressi. I conservatori di Nd confermano sostanzialmente lo zoccolo duro dell’elettorato formato da imprenditori e liberi profesisonisti, mentre alle loro spalle è una miscellanea di minuscole percentuali sotto il 5%.
Due i punti fissi. In primis i greci hanno maturato la consapevolezza che fuori dall’euro avrebbero dovuto ricominciare a strutturare una produzione interna che ora non c’è, dal momento che importano l’80% del fabbisogno. In secondo luogo, per paura o per evidenti limiti interni, hanno capito che al memorandum non c’è una vera alternativa, almeno per ora e sempre sperando che il nuovo governo raggiunga i risultati previsti dopo l’auento dell’iva dal prossimo primo ottobre. In caso contrario i primi guai saranno per i pensionati, costretti ad un altro taglio.
Fallisce invece l’esperimento di Unità Popolare, la costola degli scissionisti di Syriza pro dracma che sono al limite dell’eleggibilità (2,9%) e, anche se raggiungessero il 3%, sarebbe comunque un magro bottino rispetto ai proclami iniziali. La formazione guidata dall’ex ministro dell’energia Panagiotis Lafazanis contava sulla presenza in lista dell’ex pasionaria rossa Zoì Kostantopoulou, ex fedelissima di Tsipras e integerrima presidente della Camera così come sull’endorsement da parte dell’ex ministro delle finanze Yanis Varoufakis. Ma non è stato sufficiente per attirare i voti dei delusi, che o non hanno votato oppure hanno scelto Alba dorata ma senza confessarlo. Questo ci racconta Thanassis, titolare di una taverna a Agios Serafim nella Grecia Centrale che giustifica la sua delusione con il costo della vita. “Una lattina di olio prima mi costava 9 euro, ora 16. Qui è raddoppiato tutto, dai bicchieri alle tovaglie, dalla frutta al pane, per colpa dell’iva e di scelte politiche sbagliate. Perché dovrei fidarmi di chi ha peggiorato la qualità della mia vita?” si chiede insieme ad altri milioni di greci, mentre a voce bassa ammette di aver votato Alba dorata “per protesta contro un sistema marcio”.
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