Proiettili in risposta a pietre e molotov. In certi casi e condizioni, al tiro di sassi e bottiglie incendiarie la polizia israeliana a Gerusalemme avrà carta bianca per aprire il fuoco. Dopo giorni di scontri violenti sulla Spianata delle Moschee e nei sobborghi arabi della città e in Cisgiordania, il governo del premier Benyamin Netanyahu ha approvato le misure che lo stesso primo ministro aveva già annunciato.
“Le pietre e le bottiglie incendiarie – ha spiegato dopo la riunione dell’esecutivo – sono armi letali: possono uccidere e hanno già ucciso. Per cui negli ultimi giorni abbiamo cambiato gli ordini di apertura del fuoco per gli agenti impegnati a Gerusalemme”. Una mossa subito contestata dall’ong araba, Adalah, che ha definito “illegali” le misure, denunciate già duramente dalla dirigenza palestinese nei giorni passati. Ma i passi intrapresi dal governo non si fermano qui: Netanyahu – ricorda l’Ansa – ha detto che sarà accelerata la legislazione “per imporre multe ai parenti dei minori che tirano pietre e bombe incendiarie”.
Così come una legge che stabilisce “un minimo di pena” per gli autori dei lanci: i media riferiscono di 4-5 anni di carcere per i tiri dei sassi e di 10 anni per le bottiglie incendiarie. “Non possiamo accettare il principio – ha aggiunto – che nella nostra capitale Gerusalemme, o in qualsiasi altra parte dello Stato di Israele, la gente organizzi il terrorismo e cominci a tirare pietre alle auto che passano e uccida le persone”. Per questo si è rivolto ai giudici – che dovranno poi applicare il provvedimento – sottolineando che è diritto del governo “stabilire questa norma”.
Il procuratore generale Yehuda Weinstein non sembra però – secondo quanto riporta Ynet – condividere la linea complessiva di Netanyahu: le leggi attuali così come le regole di ingaggio della polizia sono sufficienti. Un braccio di ferro che dovrebbe essere sciolto nei prossimi giorni. Netanyahu ha poi rigettato l’accusa politica – avanzata dal mondo arabo e da Ramallah – che Israele voglia cambiare lo status quo sulla Spianata delle Moschee; anzi – ha detto – “è vincolato al suo mantenimento”. La responsabilità degli incidenti sulla Spianata, va addossata – ha sottolineato – a “fomentatori” e fra questi ha menzionato i Fratelli Musulmani, il movimento islamico in Israele, Hamas.
“E con mio dolore – ha detto – anche l’Autorità palestinese vi prende parte attiva”. “Esplosivi nella moschea, questo sì – ha esclamato – che è un cambiamento dello status quo”. Sulle tensioni sulla Spianata ha fatto eco da Amman il re Abdallah che oggi ha incontrato una delegazione di deputati arabi della Knesset. “Lo dirò una volta sola e per tutte – ha sottolineato, citato da Haaretz – non c’è partnership né divisione: Al-Aqsa è un luogo musulmano di culto. Cosa vuole Netanyahu con queste azioni – ha continuato secondo la stessa fonte – Provocare una rottura?”.
Poi ha annunciato che sulla Spianata avrà un incontro in sede di Assemblea generale dell’Onu con il presidente palestinese Abu Mazen e quello egiziano Abdel-Fattah al-Sisi. La delegazione dei parlamentari arabi della Knesset dalla Giordania proseguirà per Istanbul dove, sullo stesso dossier, dovrebbe incontrare il presidente turco Recep Tayyep Erdogan.