Nelle carte di una retata di 45 arresti di camorra nei quartieri Spagnoli, tra storie di droga, armi, contraffazioni di scarpe Hogan e contrabbando di orologi Rolex e Cartier fasulli, spuntano a sorpresa le intercettazioni ambientali che dimostrerebbero il sostegno elettorale del clan dei Picuozzi a tre candidati: Antonio Pio Orlando e Antonio Casillo, Forza del Sud, Gennaro Carrino del Pd
Che sia in lista col Pd o in Forza Italia, per la camorra è uguale. Dal candidato, il clan cerca solo un accordo di reciproca convenienza. I voti della cosca sono a disposizione di chiunque. Purché garantisca qualcosa in cambio: appalti, posti di lavoro, regalie. L’ennesima conferma del principio fondante dei rapporti tra mafie e politica arriva da Napoli. Nelle carte di una retata di 45 arresti di camorra nei quartieri Spagnoli, al culmine di un’inchiesta coordinata dalla dda dell’aggiunto Filippo Beatrice, tra storie di droga, armi, contraffazioni di scarpe Hogan e contrabbando di orologi Rolex e Cartier fasulli, spuntano a sorpresa le intercettazioni ambientali che dimostrerebbero il sostegno elettorale del clan dei ‘Picuozzi’ a tre candidati alle amministrative del 2011: Antonio Pio Orlando, in corsa al consiglio comunale con Forza del Sud, alleata del “Pdl per Gianni Lettieri”, Gennaro Carrino e Antonio Casillo, candidati alla prima Municipalità rispettivamente per il Pd e per Forza del Sud. Dei tre, indagati per voto di scambio politico mafioso, l’unico ad essere eletto sarà Carrino, con 277 preferenze. Hanno rischiato l’arresto, respinto perché all’epoca lo scambio voti-favori non era previsto dalla norma penale in assenza di passaggio di denaro.
Le cimici piazzate nel 2010 dai carabinieri del comando Provinciale di Napoli a casa del boss Marco Mariano e nelle auto dei suoi fiancheggiatori hanno svelato conversazioni imbarazzanti. I camorristi e i politici ragionano insieme di quanti voti siano necessari per eleggere i candidati di riferimento. Di appalti negli ospedali dove lavorano. Di come agganciare politici di peso. Il 21 giugno 2010 Mariano conversa in auto con un presunto affiliato, C. R. Gli chiede se conosce qualche assessore in Regione. Lui risponde facendo il nome di Pietro Diodato (non indagato, estraneo all’inchiesta), che peraltro è solo consigliere regionale e poi aggiunge che il segretario di Cesaro (Luigi Cesaro, deputato azzurro, non indagato ed estraneo all’inchiesta) aveva sposato una sua cugina e se avevano “un fatto legale, un fatto buono, lui ci può favorire sicuramente”.
Mariano a quel punto avanza una richiesta: una concessione, ad esempio una Napolipark a Caserta, a Benevento, ad Avellino. Sono solo chiacchiere, e i politici tirati in ballo potrebbero essere vittime di millanterie. Più significative le registrazioni dei colloqui a casa Mariano il 26 novembre 2010 e il 14 dicembre successivo. Casillo (Forza del Sud) conversa col boss, che gli chiede, scrive il Gip Tullio Morello, “su quale struttura ospedaliera aveva la competenza Orlando (che è medico) e Casillo risponde con entusiasmo: li tiene tutti (…) “. Mariano a quel punto fa i suoi calcoli e domanda “quanti voti fossero necessario a Orlando per essere eletto. Casillo rispondeva: “1500”. Mariano replicava 1500 voti dovremo contare famiglia per famiglia, noi dobbiamo essere sicuri di quello che facciamo”.
A dicembre a casa Mariano c’è anche il medico ospedaliero Orlando, anche lui candidato in Forza del Sud. Il boss fa un discorso che non lascia spazio a equivoci: “Noi votiamo… tu vieni a prendere a Napoli amministrativamente, ci fa piacere… coma sta una gara d’appalto di 40, 50 o 100 milioni di euro noi non ci possiamo perdere le cose, dobbiamo essere all’altezza di potervi dire qua facciamo noi, però siccome ci vogliamo presentare per primi stiamo formando una società nuova di servizi, voi l’appaltate, sub appalto, noi portiamo le condizioni, naturalmente… l’appaltatore è amico del dottor Orlando, sub appalto a questu qua, che esce 100 posti di lavoro… voi fate le cose vostre senza rompere le scatole, nello stesso tempo noi abbiamo la possibilità materiale di sistemare le persone che vanno accomodate, di mettere una cosa di soldi perché qua se non vendiamo i pacchi di Rolex…”. Orlando “replicava: ‘un quadro ancora migliore, più roseo, te lo dico apertamente, noi non è che dobbiamo fare un tentativo, noi dobbiamo andare… perché nel 2012 qua arrivano una marea di miliardi di euro per conto del settore.. ed io ci devo stare sopra”. Orlando uscirà deluso dalle urne e intercettato al telefono il 17 maggio, se ne lamenta così: “Mi aspettavo un botto sui quartieri Spagnoli, hanno votato pochissime persone”.