Gli altri due finalisti sono Robert Sann Aung di Myanmar e Asmaou Diallo della Guinea.
L’obiettivo del premio, istituito nel 1993, è di riconoscere il valore dell’impegno e del ruolo dei difensori dei diritti umani e cercare di favorirne la protezione attraverso la pubblicità generata dalla cerimonia.
Ahmed Mansour è consulente di Human Rights Watch e del Centro per i diritti umani del Golfo. Le sue analisi indipendenti sulla situazione dei diritti umani negli Emirati arabi uniti sono sempre puntuali e approfondite.
Negli ultimi anni, Ahmed Mansour ha denunciato costantemente le detenzioni arbitrarie, le torture e i processi irregolari nel suo paese (ne avevamo già parlato qui).
Per questo, è finito nel mirino degli emiri. Non si contano le minacce di morte da parte di anonimi fan governativi. Nel 2011, insieme a quattro attivisti che chiedevano riforme democratiche, è stato processato per “offesa alle autorità” e graziato dopo alcuni mesi di prigione.
La pena accessoria del divieto di viaggiare all’estero, tuttavia, è rimasta in vigore. Il passaporto di Ahmed Mansour è nelle mani delle autorità, che ad oggi non intendono consentirgli di prendere parte alla cerimonia, prevista il 6 ottobre a Ginevra.
Per la giuria del premio, “l’assenza di Ahmed Mansour alla cerimonia sarebbe un segnale preoccupante da parte di un paese che si vanta di essere uno dei principali centri degli affari e del turismo del Medio Oriente e un modello di stabilità nella regione. In quanto stato membro del Consiglio Onu dei diritti umani e candidato a un secondo mandato, ci aspettiamo il rispetto degli obblighi internazionali relativi ai diritti umani e alla protezione dei difensori dei diritti umani”.
La giuria del premio Martin Ennals è composta da Amnesty International, Commissione internazionale dei giuristi, Ewde Germania, Federazione internazionale dei diritti umani, Frontline defenders, Human Rights First, Human Rights Watch, Huridocs, International Service for Human Rights e Organizzazione mondiale contro la tortura.