Il titolo è “Non uccidere”, con ovvio riferimento al ben noto e spesso disapplicato quinto comandamento, ma ovviamente si fa tutto il contrario: vengono uccisi (o si tenta di farlo) mariti, padri e madri (e così anche il quarto comandamento è servito). Delle vittime non ce n’è una che possa definirsi “innocente”. Il padre – padrone e banchiere – stuprava la governante e fornicava con la figlia mentre la madre silente consentiva. Il marito (della Guerritore) non sappiamo perché abbia meritato la brutta fine per la quale Monica ha scontato una lunga galera, ma speriamo che gli sceneggiatori abbiano predisposto la rivelazione. Qui non si cerca “chi” ha ucciso, ma solo la motivazione del delitto (salvo sorprese da parte del figlio di Monica, troppo perfettino e buono per essere vero). C’è anche il mandante di omicidio che si suicida, ma più per la vergogna delle reiterate bugie riguardo al proprio curriculum di esami universitari che per il rimorso delle vita – paterna – cui ha fatto porre fine per non subire rimbrotti.

Insomma, si è scelta la strada della “esagerazione” anziché quella della “realisticità” e il tutto può piacere nella chiave del “vediamo cos’altro si sono inventati” anziché in quella empatica dell’”in quei panni potrei esserci io”. Come se stessimo assistendo a un Borgia attualizzato o a un Trono di spade realizzato in due camere e cucina e senza escludere nudo e sesso.

Dobbiamo confessare che con noi l’impasto, forse per il consapevole cinismo con cui sono scolpiti l’intreccio e i caratteri, ha funzionato, nel senso che anziché rimbalzare via dopo il primo assaggio siamo rimasti fino alla fine. Tanta era la sorpresa di trovare una tale somma di efferatezze rappresentate come niente fosse in una fiction di quella stessa Rai, che da sempre monotonamente pare tarata sulla Tv dei Ragazzi.

La inusualità del prodotto in casa Rai ha consigliato di piazzarlo anziché in tinello nella stanza da fumo e cioè su Rai Tre, nella posizione piuttosto nascosta del venerdì. Il risultato non è granché e, al di là del 4% di share, ci ha colpito la permanenza d’ascolto, limitata al 25% (vuol dire che gli spettatori che sono incappati nel racconto, ne hanno visto in media non più di un quarto) che sta a significare una certa difficoltà del pubblico a trovare la chiave di genere con cui seguire il prodotto. È un poliziesco? Oppure una telenovela? O mira al ritratto d’ambiente, come un “Capitale Umano” (il film di Virzì) ma realizzato pensando a Tarantino? O qualcos’altro ancora?

Ma bisogna pur cominciare e, a prescindere dall’immediata risposta dell’audience, non è male che la Rai si avventuri in terra incognita, a costo di dover scontare qualche amarezza nel rapporto con un pubblico generalista più complesso di quello “sotto tutela” del quale da decenni si accontenta.

Ps: Per tutta questa settimana Sciò Business sarà in Cina. Forse sarà possibile inviare qualche dispaccio sulla tv cinese, WiFi e impegni vari permettendo.

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