Parli ora chi ha paura di chiedere o taccia per sempre! Bel controsenso potreste giustamente obiettare, se si ha paura di chiedere tacere risulta preferibile all’esporsi con una richiesta o una domanda, ma siamo tra gli invitati al matrimonio tra l’assennatezza e e quel che di essa poi ne facciamo, i controsensi sono portata principale del ricco buffet.
Sto parlando di qualcosa che molti di voi conoscono, vero? Possiamo parlare francamente in questo spazio, d’altronde siamo in rete e non abbiamo mica le sane remore presenti nelle nostre interazioni non virtuali. La difficoltà di chiedere ci riguarda un po’ tutti, mi assumo la responsabilità di questa facile generalizzazione.
Chiedere all’altro è faticoso, amiamo tutti l’indipendenza e l’autonomia, ma talvolta è un amore, ahinoi, non corrisposto. Poveri stalker del non possibile di cui ricopriamo l’ingrato ruolo, infatuati da sempre delle nostre mancanze. La difficoltà di chiedere la incontriamo negli altri così come in noi, possiamo averci lavorato su e aver ottenuto notevoli miglioramenti, ma qualcosa rimane sempre di questo disagio del desiderio.
E’ una situazione comune quella in cui ci peritiamo di chiedere qualcosa per paura di disturbare, l’Ufficio Complicazione Affari Semplici lavora a pieno regime anche nei weekend, La soluzione più quotata si chiama assertività, ma state sicuri che è più facile spiegarla che applicarla. L’assertività è la capacità di riuscire ad esprimersi (chiedendo ciò di cui si ha bisogno) in modo chiaro ed efficace senza essere passivi o aggressivi. Una parola! Chiedi e ti sarà dato, chiedere non costa nulla, domandare è lecito rispondere è cortesia sono alcune espressioni utilizzate nel linguaggio comune per sottolineare la legittimità ed i vantaggi del chiedere. Allora perché, per tanti, domandare non è così scontato?
Chiedere ci fa sentire in obbligo verso l’altro. Chiedere ci fa sentire dipendenti dall’altro. Chiedere può scomodare l’altro. Chiedere è un rischio perché l’altro potrebbe dirmi di no, un no che potrebbe essere vissuto giudicante, se l’altro si nega, io non valgo per lui, se non valgo per l’altro, potrei pensare di non valere in generale. L’altro è assunto a parametro delle mie capacità.
In “Che cosa sono le nuvole” filmato del 1967 di Pier Paolo Pasolini c’è un breve, ma significativo dialogo tra i burattini Otello e Jago interpretati da Ninetto Davoli e Toto’ , parlano della “verità”.
Otello burattino: Ma qual è la verità? E’ quello che penso io de me, o quello che pensa la gente, o quello che pensa quello là lì dentro [indica il burattinaio]
Jago burattino: Cosa senti dentro di te? Concentrati bene… cosa senti, eh?
[pausa di silenzio]
Otello burattino: Sì, sì, si sente qualcosa che c’è!
Jago burattino: Quella è la verità! Ma sssssshhh… [si porta l’indice sulle labbra] non bisogna nominarla, perchè appena la nomini, non c’è più…
La verità è relativa, esposta ai capricci della soggettività e alla risolutezza dell’oggettività, se la nomini la limiti e scompare, è il solo modo che ha di sopravvivere, ribellarsi a chi se ne proclama detentore. Con quello che gli altri pensano di noi, corrispondente o meno a quel che siamo veramente, ci dobbiamo fare i conti perché l’altro, in ogni relazione, ce lo becchiamo per contratto.
La vita ci insegna presto che, nonostante e grazie l’altro, viviamo in una solitudine ineluttabile.
E’ una solitudine sana quella che sa riconoscersi e accettarsi, nasciamo e moriamo soli dicono, beh è vero d’altronde. La solitudine è diagnosi, prognosi e terapia di noi stessi, ma non ci è nemica. Non parlo di una solitudine scelta, o imposta, ma della consapevolezza che l’interazione con gli altri può spingersi fino ad un certo punto, il corpo delinea i confini della mente in cui c’è spazio solo per il singolo L’intimità non è doppia o multipla, ma unica.
La difficoltà di chiedere può essere innata o appresa, può essere cambiata e si può scegliere, la legittimità sta sempre dalla parte del nostro sentire. Chiedere non dà garanzie, ma il valore che ho di me si misura dalle domande che riesco a porre più che dalle risposte che riesco ad ottenere. Vale più una domanda talvolta che una risposta mancata o mancante nei confronti delle nostre aspettative.