Davanti alla terza sezione penale della Suprema corte sono imputati l’ex direttore del Tg4 e l’ex consigliera regionale della Lombardia: in appello sono stati condannati rispettivamente a 4 anni e 10 mesi e a 3 anni di reclusione
È attesa per la sera del 22 settembre la sentenza della corte di Cassazione sul processo Ruby bis, il cosiddetto “sistema prostitutivo” di Arcore, la residenza privata dell’ex premier Silvio Berlusconi, dove si svolgevano le “cene eleganti” con alcune giovani ragazze. Davanti alla terza sezione penale della Suprema corte sono imputati l’ex direttore del Tg4 Emilio Fede e l’ex consigliera regionale della Lombardia Nicole Minetti: in appello sono stati condannati rispettivamente a 4 anni e 10 mesi e a 3 anni di reclusione.
La corte d’Appello di Milano aveva inoltre ridotto la condanna per Fede, difeso dagli avvocati Maurizio Paniz e Alessandra Guarini, condannato a sette anni in primo grado, assolvendolo per una parte dell’imputazione di induzione alla prostituzione: secondo i giudici, dunque, il giornalista non era a conoscenza della minore età di Ruby. Anche per Minetti, difesa dagli avvocati Pasquale Pantano e Paolo Righi, la pena era stata ridotta dopo aver ottenuto il riconoscimento delle attenuanti generiche: in primo grado era stata condannata a 5 anni di carcere.
Nel caso le condanne dovessero essere confermate, Fede e Minetti non rischiano la detenzione in carcere: il primo ha 84 anni e data l’età potrebbe chiedere i domiciliari, mentre l’ex consigliera con una pena di 3 anni può chiedere l’affidamento in prova ai servizi sociali. Non comparirà come imputato davanti la Cassazione, invece, Lele Mora che in appello ha rinunciato a ricorrere alla Suprema Corte chiedendo uno sconto di pena per continuazione del reato con la bancarotta per il crac della sua società, la Lm: il 13 novembre 2014, è stato condannato a 6 anni e un mese.