E' una delle prime colonie greche di Sicilia. Da anni i resti della città antica restano immersi sotto una fitta coltre di vegetazione che impedisce la visita e provoca il danneggiamento delle strutture sopravvissute per oltre 2mila anni. La mancanza di fondi impedisce anche la custodia del sito che viene depredato dai cacciatori abusivi di tesori e dai vandali
“Salviamo Megara Hyblaea! una delle prime Colonie greche di Sicilia. Da anni i resti della città antica restano immersi sotto una fitta coltre di vegetazione che non solo impedisce la visita, ma provoca il danneggiamento delle strutture superstiti, che anche a causa della mancanza di manutenzione, si sgretolano. Nonostante l’area archeologica sia regolarmente aperta al pubblico, è impossibile addentrarsi tra gli arbusti che coprono l’intero sito”. Con questo post sulla pagina facebook di Archeologia dei Nebrodi quel che pochi addetti ai lavori, oltre a quelli che giornalmente vi fanno visita, possono constatare, ha iniziato a girare in rete. Facendo conoscere anche lontano dalla Sicilia quel che neppure ad Augusta, comune in provincia di Siracusa in cui il sito archeologico è compreso, in fondo è così noto. Incomprensibilmente.
“Grazie agli scavi che vi conduce la missione archeologica della Scuola Francese di Roma Megara Hyblaea è oggi, senza dubbio, non solo la colonia greca d’Occidente meglio conosciuta, ma un esempio molto raro di testimonianza storico-archeologica di città greca arcaica in assoluto”, scrive Emanuele Greco in “Storia dell’urbanistica. Il mondo greco” nel 1983. La città impiantata nell’VIII sec. a.C. su una terrazza costiera, uno scacchiere irregolare caratterizzato da un alternarsi di distruzioni e ricostruzioni. Proprio questo succedersi di eventi la causa di quel sovrapporsi di fasi, che ne fa una delle caratteristiche del sito. Peculiarità evidenziata nel sito della Regione Siciliana.
Peccato che nello stato attuale non sia possibile rilevare quella sovrapposizione. Anzi, non si riesca quasi a distinguere i monumenti. Sterpaglie e vegetazione ingombrano ogni cosa. Situazione più che precaria, sfortunatamente non recente. Le murature mostrano un “disassamento”, che ne mette a repentaglio la stabilità. I pavimenti in signinum, sono quasi scomparsi. Manca qualsiasi intervento di manutenzione. Non le risorse per farlo non ci sono e neppure ci saranno, come indicano le spese previste dalla Regione per il 2016-2017. Della musealizzazione sarebbe quasi meglio non dire. Le staccionate che perimetrano i resti sono in più punti cadute a terra. I pannelli illustrativi sono, nella maggior parte dei casi illeggibili dopo essere stati vandalizzati. Non è tutto.
L’area, recintata e custodita, di notte diventa terreno indisturbato per scavi clandestini. Di fronte a questo scempio perpetrato da anni al sito archeologico si ha difficoltà a riconoscervi l’importante città descritta da Greco. Sembra impossibile che si tuteli e si valorizzi in questo modo un angolo così importante della Sicilia. Un angolo già brutalmente sfregiato dal polo petrolchimico di Augusta-Melilli-Priolo. Un mostro esteso su 43 milioni di mq. che ha distrutto quel che era fuori dalle mura della città antica, come le necropoli, sulle quali sono stati impiantati negli anni Cinquanta la Rasiom e la Cementeria di Augusta. L’ingresso, gratuito, consentito tutti i giorni dalle 9,00 alle 18, dovrebbe agevolare la visita. Anche perché il sito archeologico dovrebbe costituire uno degli asset del turismo. Ed infatti nel sito di Siracusa turismo, è ricordata ad Augusta “L’area archeologica Megara Hyblaea“.
La circostanza che anche le segnalazioni stradali per raggiungere Megara Hyblaea siano del tutto insufficienti non è di certo un incentivo alla visita. Senza contare che esiste anche la questione dell’Antiquarium nei locali della masseria ristrutturata, nei pressi del Faro. Una storia che si protrae da tempo. Nel 2003 la Soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali di Siracusa pubblica un bando di gara per il “Riattamento ex Faro Cantera”, mettendo a disposizione 282.417, 30 euro . Ma si arriva all’aprile 2010, quando la Soprintendente Mariella Muti spiegava che “Abbiamo elaborato un programma di ri-allestimento, ma non sono arrivati i finanziamenti per la sua realizzazione. Un piccolo museo è indispensabile per questa importante area archeologica”. Da allora qualcosa è stato fatto. Anche se l’Antiquarium rimane chiuso. Intanto la Soprintendenza tra i progetti sui quali esiste già ammissione a finanziamento ha presentato quello proprio sull’Antiquarium, per un importo di 1.800.000, oltre a quello sull’area archeologica, per 970.000 euro. Intanto la sensazione è quella di un disastro complessivo del quale bisognerà pure che ci si occupi seriamente. Magari proprio al Mibact.