Emilio Fede sapeva che Ruby era minorenne ai tempi delle feste di Arcore e per questo motivo deve essere condannato per prostituzione minorile. È il motivo per cui Ciro Angelillis, procuratore generale della Cassazione, ha chiesto alla Suprema corte l’aumento della pena per l’ex direttore del Tg4, imputato per il processo Ruby bis, approdato al terzo grado di giudizio. Il pg ha invece chiesto la conferma della condanna a 3 anni per l’ex consigliera regionale della Lombardia Nicole Minetti.
Nella sua requisitoria davanti alla terza sezione penale della Cassazione, il pg Angelillis ha chiesto l’accoglimento della parte del ricorso della procura di Milano che contesta al giornalista l’esclusione del reato di prostituzione minorile a carico di Fede. L’ex direttore del tg Mediaset era stato condannato a sette anni in primo grado, pena poi diminuita a 4 anni e 10 mesi dalla corte d’appello che lo avevano assolto per una parte dell’imputazione di induzione alla prostituzione: secondo i giudici del secondo grado, dunque, il giornalista non era a conoscenza della minore età di Ruby.
“La sentenza d’appello afferma che Fede era il dominus nell’organizzazione delle serate di Arcore, è lui che decideva quando una ragazza era troppo invadente e doveva uscire dal giro, era lui che decideva quando fare entrare una ragazza al cospetto di Berlusconi”. Dunque per l’accusa è “illogico” ritenere che non sapesse la vera età di Ruby. Angelillis ha quindi chiesto l’annullamento della sentenza d’appello “per l’esclusione della prostituzione minorile” di Ruby “per quanto riguarda la consapevolezza di Fede della sua vera età”. In pratica ha chiesto un nuovo processo d’appello per ridefinire la responsabilità dell’ex direttore del Tg4 e quindi ricalcolare la sua condanna.
“Nicole Minetti – ha continuato il pg – era la mediatrice tra le ragazze e Berlusconi, anche per quanto riguardava gli appartamenti di Milano 2 e le bollette delle utenze: la garanzia del comodo sistema abitativo faceva parte della posta del compenso ed è chiaro, in base a quanto emerge dalle intercettazioni, che senza il denaro e senza gli appartamenti le ragazze non si sarebbero prostituite”.
Non è tra gli imputati della Suprema corte, invece, il terzo degli indagati per processo Ruby bis, e cioè Lele Mora che in appello ha rinunciato a ricorrere alla Cassazione. L’agente televisivo ha chiesto uno sconto di pena per continuazione del reato con la bancarotta della sua società: il 13 novembre 2014, è stato quindi condannato a 6 anni e un mese.