
Spero si tratti di un annuncio di stampo propagandistico, utile per saggiare gli effetti potenziali della posizione del governo sugli equilibri interni all’elettorato del proprio Paese, perché questa sarebbe una mossa decisamente azzardata. La Slovacchia, dopo la decisione del Consiglio dei ministri degli interni dell’Unione europea di approvare la redistribuzione di 120mila richiedenti asilo su tutti i paesi Ue, ha deciso di sfidare l’Unione: Robert Fico, primo ministro slovacco, ha annunciato di aver intenzione di ricorrere alla Corte di giustizia di Lussemburgo per contrastare il provvedimento comunitario. L’accordo sul documento presentato dalla presidenza dell’Unione, infatti, non è stato raggiunto all’unanimità, ma a maggioranza qualificata. Hanno votato contro, insieme alla Slovacchia, anche l’Ungheria, la Repubblica Ceca e la Romania – cui si aggiunge l’astensione della Finlandia.
È quantomeno strano prendere atto della posizione che hanno assunto i paesi dell’area, in particolar modo la Slovacchia. Forse anche curioso, per non dire quasi senza senso, considerato (tra l’altro) che nessuno degli altri Stati contrari alla risoluzione Ue abbia deciso di appoggiare Fico in questa crociata contro i mulini a vento. La Slovacchia, infatti, è una di quelle nazioni che non avrebbe che da guadagnare dall’arrivo e dall’accoglienza dei migranti; con un occhio all’ultimo rapporto della Commissione sull’invecchiamento della popolazione nel continente e uno agli ultimi dati su occupazione e posti di lavoro nel Paese diffusi dall’Economist, il perché risulta evidente.
Secondo un’indagine relativa al 2015 di ManpowerGroup, azienda specializzata in consulenze nel campo del reclutamento e della gestione delle risorse umane, quasi il 30% delle imprese slovacche – in buona compagnia con circa il 57% di quelle ungheresi – faticherebbe ad esaurire i posti di lavoro vacanti per scarsità di manodopera. Ciò che manca è forza lavoro specializzata: eclatante è il caso del settore IT, che potrebbe aumentare i suoi impiegati di 10mila unità da un giorno all’altro se solo questi fossero effettivamente disponibili.
Allo stesso tempo, guardando ai dati del 2015 Ageing Report della Commissione Europea, ci si chiede in che modo la Slovacchia possa colmare questo gap occupazionale se la popolazione diminuisce e diventa, per di più, sempre più vecchia. A fronte dei 5.4 milioni del 2013, nel 2060 le proiezioni parlano di un calo che porterà gli abitanti del Paese a circa 4.6 milioni di persone. Ci saranno poi più anziani, che vivranno più a lungo: la popolazione in età tra i 15 e i 64 anni diminuirà approssimativamente del 18%, a fronte di un aumento degli over 65 di quasi il 22% rispetto ad oggi. Crescerà progressivamente, di conseguenza, anche la spesa pubblica legata a sanità, assistenza per anziani e pensioni. Come intende far fronte a questa prospettiva il governo slovacco? Un buon punto di partenza, carte alla mano, potrebbe effettivamente essere una politica di accoglienza e integrazione (vera) che, tra le altre cose, favorirebbe la sopravvivenza del welfare state del Paese.
La Slovacchia rappresenta una sorta di caso-esempio nello scenario corrente, ma il ragionamento si potrebbe estendere ed applicare anche ad altri Paesi dell’Unione. Il calo demografico è generalizzato e riguarda tutti, esattamente come la questione migranti: considerando i due fenomeni in questa chiave, è possibile che uno dei due diventi la soluzione dell’altro. Fossi in Fico, mi fermerei a pensare due volte prima di andare allo scontro diretto con l’Unione. Chissà, forse si farebbe ancora in tempo ad accogliere qualche siriano, “prima che la Germania se li prenda tutti”.
Federico Plantera
Giornalista e ricercatore
Zonaeuro - 23 Settembre 2015
Migranti, Slovacchia: al posto del premier non oserei sfidare l’Ue
Spero si tratti di un annuncio di stampo propagandistico, utile per saggiare gli effetti potenziali della posizione del governo sugli equilibri interni all’elettorato del proprio Paese, perché questa sarebbe una mossa decisamente azzardata. La Slovacchia, dopo la decisione del Consiglio dei ministri degli interni dell’Unione europea di approvare la redistribuzione di 120mila richiedenti asilo su tutti i paesi Ue, ha deciso di sfidare l’Unione: Robert Fico, primo ministro slovacco, ha annunciato di aver intenzione di ricorrere alla Corte di giustizia di Lussemburgo per contrastare il provvedimento comunitario. L’accordo sul documento presentato dalla presidenza dell’Unione, infatti, non è stato raggiunto all’unanimità, ma a maggioranza qualificata. Hanno votato contro, insieme alla Slovacchia, anche l’Ungheria, la Repubblica Ceca e la Romania – cui si aggiunge l’astensione della Finlandia.
È quantomeno strano prendere atto della posizione che hanno assunto i paesi dell’area, in particolar modo la Slovacchia. Forse anche curioso, per non dire quasi senza senso, considerato (tra l’altro) che nessuno degli altri Stati contrari alla risoluzione Ue abbia deciso di appoggiare Fico in questa crociata contro i mulini a vento. La Slovacchia, infatti, è una di quelle nazioni che non avrebbe che da guadagnare dall’arrivo e dall’accoglienza dei migranti; con un occhio all’ultimo rapporto della Commissione sull’invecchiamento della popolazione nel continente e uno agli ultimi dati su occupazione e posti di lavoro nel Paese diffusi dall’Economist, il perché risulta evidente.
Secondo un’indagine relativa al 2015 di ManpowerGroup, azienda specializzata in consulenze nel campo del reclutamento e della gestione delle risorse umane, quasi il 30% delle imprese slovacche – in buona compagnia con circa il 57% di quelle ungheresi – faticherebbe ad esaurire i posti di lavoro vacanti per scarsità di manodopera. Ciò che manca è forza lavoro specializzata: eclatante è il caso del settore IT, che potrebbe aumentare i suoi impiegati di 10mila unità da un giorno all’altro se solo questi fossero effettivamente disponibili.
Allo stesso tempo, guardando ai dati del 2015 Ageing Report della Commissione Europea, ci si chiede in che modo la Slovacchia possa colmare questo gap occupazionale se la popolazione diminuisce e diventa, per di più, sempre più vecchia. A fronte dei 5.4 milioni del 2013, nel 2060 le proiezioni parlano di un calo che porterà gli abitanti del Paese a circa 4.6 milioni di persone. Ci saranno poi più anziani, che vivranno più a lungo: la popolazione in età tra i 15 e i 64 anni diminuirà approssimativamente del 18%, a fronte di un aumento degli over 65 di quasi il 22% rispetto ad oggi. Crescerà progressivamente, di conseguenza, anche la spesa pubblica legata a sanità, assistenza per anziani e pensioni. Come intende far fronte a questa prospettiva il governo slovacco? Un buon punto di partenza, carte alla mano, potrebbe effettivamente essere una politica di accoglienza e integrazione (vera) che, tra le altre cose, favorirebbe la sopravvivenza del welfare state del Paese.
La Slovacchia rappresenta una sorta di caso-esempio nello scenario corrente, ma il ragionamento si potrebbe estendere ed applicare anche ad altri Paesi dell’Unione. Il calo demografico è generalizzato e riguarda tutti, esattamente come la questione migranti: considerando i due fenomeni in questa chiave, è possibile che uno dei due diventi la soluzione dell’altro. Fossi in Fico, mi fermerei a pensare due volte prima di andare allo scontro diretto con l’Unione. Chissà, forse si farebbe ancora in tempo ad accogliere qualche siriano, “prima che la Germania se li prenda tutti”.
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Scontro a distanza Francia-Usa. “Ridateci la statua della libertà”, “Non parli tedesco grazie a noi”
Kiev, 17 mar. (Adnkronos) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato su X di aver parlato con il presidente francese Emmanuel Macron: "Come sempre scrive - è stata una conversazione molto costruttiva. Abbiamo discusso i risultati dell'incontro online dei leader svoltosi sabato. La coalizione di paesi disposti a collaborare con noi per realizzare una pace giusta e duratura sta crescendo. Questo è molto importante".
"L'Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni - ha ribadito Zelensky - Tuttavia, per la sua attuazione, la Russia deve smettere di porre condizioni. Ne abbiamo parlato anche con il Presidente Macron. Inoltre, abbiamo parlato del lavoro dei nostri team nel formulare chiare garanzie di sicurezza. La posizione della Francia su questa questione è molto specifica e la sosteniamo pienamente. Continuiamo a lavorare e a coordinare i prossimi passi e contatti con i nostri partner. Grazie per tutti gli sforzi fatti per raggiungere la pace il prima possibile".
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Salute libanese ha dichiarato che almeno sette persone sono state uccise e 52 ferite negli scontri scoppiati la scorsa notte al confine con la Siria. "Gli sviluppi degli ultimi due giorni al confine tra Libano e Siria hanno portato alla morte di sette cittadini e al ferimento di altri 52", ha affermato l'unità di emergenza del ministero della Salute.
Beirut, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - Hamas si starebbe preparando per un nuovo raid, come quello del 7 ottobre 2023, penetrando ancora una volta in Israele. Lo sostiene l'israeliano Channel 12, in un rapporto senza fonti che sarebbe stato approvato per la pubblicazione dalla censura militare. Il rapporto afferma inoltre che Israele ha riscontrato un “forte aumento” negli sforzi di Hamas per portare a termine attacchi contro i kibbutz e le comunità al confine con Gaza e contro le truppe dell’Idf di stanza all’interno di Gaza.
Cita inoltre il ministro della Difesa Israel Katz, che ha detto di recente ai residenti delle comunità vicine a Gaza: "Hamas ha subito un duro colpo, ma non è stato sconfitto. Ci sono sforzi in corso per la sua ripresa. Hamas si sta costantemente preparando a effettuare un nuovo raid in Israele, simile al 7 ottobre". Il servizio televisivo arriva un giorno dopo che il parlamentare dell'opposizione Gadi Eisenkot, ex capo delle Idf, e altri legislatori dell'opposizione avevano lanciato l'allarme su una preoccupante recrudescenza dei gruppi terroristici di Gaza.
"Negli ultimi giorni, siamo stati informati che il potere militare di Hamas e della Jihad islamica palestinese è stato ripristinato, al punto che Hamas ha oltre 25.000 terroristi armati, mentre la Jihad ne ha oltre 5.000", hanno scritto i parlamentari, tutti membri del Comitato per gli affari esteri e la difesa.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - L'attacco israeliano nei pressi della città di Daraa, nel sud della Siria, ha ucciso due persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale siriana Sana.
"Due civili sono morti e altri 19 sono rimasti feriti in attacchi aerei israeliani alla periferia della città di Daraa", ha affermato l'agenzia di stampa, mentre l'esercito israeliano ha affermato di aver preso di mira "centri di comando e siti militari appartenenti al vecchio regime siriano".