Fin dal primo giorno di pontificato papa Francesco ha dimostrato di voler cambiare in profondità con i suoi gesti, le sue parole e i suoi atti una Chiesa “incapace di cogliere i fermenti e le esigenze dei suoi stessi fedeli, spesso chiusa nei privilegi di carriera e di casta”. Lo ha fatto (e continua a farlo) – a volte ispirato dal pensiero di alcuni suoi illustri predecessori, altre di sua esclusiva iniziativa – affrontando tutti i temi, anche spinosi, su cui la Chiesa da sempre si arrovella: dal sacerdozio femminile alle coppie omosessuali, dalla pratica liturgica all’ostentazione della ricchezza, dall’ammissione dei divorziati risposati ai sacramenti alla crisi del matrimonio. Un modus operandi a tratti dirompente che sta traghettando la Chiesa verso il mondo moderno, lasciando inevitabilmente in mare i “doganieri della fede”, incapaci di avvicinarsi al sentire della gente.
Chi chiedeva al Papa una svolta concreta è stato comunque accontentato. A tre secoli di distanza dalla normativa di Benedetto XIV, il bolognese Prospero Lambertini, col motu proprio ‘Mitis Iudex Dominus Iesus’, Francesco ha rivoluzionato il processo canonico per la dichiarazione di nullità matrimoniale. Diverse le cose di cui sorridere.
Primo. Tempi ridotti a non più di un anno, una sola sentenza e minore abuso del diritto di appello, respingibile ove appaia manifestamente strumentale o dilatorio. Ricorso inoltre al processo breve nel caso in cui ci sia il consenso dei coniugi e la nullità del vincolo sacramentale sia dimostrata da argomenti incontestabili.
Secondo. Gratuità delle procedure “per quanto possibile” e “salva la giusta e dignitosa retribuzione degli operatori dei tribunali”, cosicché “la Chiesa, mostrandosi ai fedeli madre generosa, in una materia così strettamente legata alla salvezza delle anime manifesti l’amore gratuito di Cristo”.
Terzo. Iter breve, ma non sommario né amministrativo, con il pieno esercizio da parte del vescovo della propria funzione giurisdizionale a tutela della verità nei singoli casi.
Quarto. Maggior peso alla confessione giudiziale e alle dichiarazioni delle parti, ove sostenute da testi sulla credibilità delle stesse e non confutate da altri elementi.
Quinto. Una prima risposta concreta alle attese dei divorziati risposati che chiedono di essere riammessi all’Eucarestia con una riforma tagliata proprio sul motivo principale per il quale è richiesta la nullità matrimoniale, cioè il desiderio di perfezionare una nuova unione stabile e felice, tornando a ricevere i sacramenti.
Come tutte le rivoluzioni, però, anche quella di papa Francesco rischia di lasciare dei morti sul campo. Perché – così come accaduto per il divorzio breve – non si può escludere che dal prossimo 8 dicembre il numero di richieste di nullità matrimoniale aumenti a dismisura. E allora potremmo trovarci a chiederci che n’è stato dell’indissolubilità del vincolo, cristallizzatasi nei secoli come valore etico e teologico, e che senso avrà continuare a parlarne se per dichiarare nullo un matrimonio basterà un anno.