Nella notte depositati tre emendamenti firmati dai tre capigruppo della maggioranza su articolo 2, funzioni di Palazzo Madama ed elezione giudici costituzionali. Il senatore della Lega Nord ha invece depositato le richieste di modifica raccolte in alcuni dvd, ma ha fatto sapere di essere pronto a rivedere la sua posizione se c'è mediazione con il governo. La seconda carica dello Stato: "Impedirò il blocco dovuto ad azioni irresponsabili"
Tre emendamenti della maggioranza sigillano la pace tra il governo e la minoranza Pd, 82 milioni di emendamenti depositati dalla Lega Nord minacciano il blocco della riforma del Senato. Così mentre da una parte Matteo Renzi e l’ex segretario democratico Pier Luigi Bersani festeggiano la pallida ritrovata intesa, dall’altra si cerca una mediazione con il capogruppo del Carroccio Roberto Calderoli che con “un semplice algoritmo” è riuscito a mettere in ostaggio l’esecutivo. “Offende le istituzioni”, ha detto il presidente del Senato Pietro Grasso. “Non permetterò che Palazzo Madama sia bloccato da irresponsabili e assumerò tutte le misure necessarie per consentire almeno in aula il dibattito nel merito”.
Le richieste di modifica della maggioranza sono state depositate nella notte: firmate dai capigruppo Zanda (Pd), Schifani (Ap) e Zeller (Autonomie), sono benedette anche dalla minoranza Pd che fino all’ultimo aveva minacciato battaglia. I nodi affrontati: composizione, elezione giudici costituzionali e funzioni del futuro Senato. “Gli elettori scelgono i senatori”, ha commentato l’ex segretario democratico Pier Luigi Bersani, “questo è il principio costituzionale, i dettagli li si vedranno come giusto nella legge elettorale. E’ un bel successo del Pd e spero che in questo clima nuovo tutti assieme e senza più strappi si possa lavorare ancora per perfezionare la riforma”. Resta convinto sul “no” invece il senatore Corradino Mineo: “E non sarò il solo”, ha detto.
Restano in piedi però gli emendamenti dell’opposizione. Sel ne ha presentati oltre 62mila, Forza Italia 1173. Seguono il Movimento 5 stelle (210) e la minoranza Pd che ha mantenuto i suoi 17. Il senatore della Lega Nord e vicepresidente del Senato Roberto Calderoli ha annunciato la presentazione di 82.730.460 di richieste di modifica, battendo in quantità le 500mila poi ritirate, ma tutte studiate per “fare affondare la riforma e Palazzo Madama” sotto il loro peso. Il governo è in contatto con i delegati del Carroccio e nelle prossime ore ci sarà un incontro per cercare una mediazione. Gli emendamenti sono stati raccolti in alcuni dvd perché, ha scherzato Calderoli, “sarebbe servito un Tir per portarli tutti”. Di fatto, il “precedente” del mezzo milione di modifiche sarebbe costato un milione di euro e 80 tonnellate di carta. Quella di oggi è una scelta “per salvare la democrazia di un Paese“, ha aggiunto, che si dice “quasi certo di aver battuto tutti i record, italiani e mondiali di emendamenti depositati”. Ad attaccare Calderoli è intervenuta Debora Serracchiani, vicesegretario nazionale del Pd, secondo cui “la Lega Nord fa perdere tempo all’Italia. Come quando governava”.
I tre emendamenti della maggioranza affrontano alcuni dei temi più discussi nei giorni scorsi. Il primo riguarda l’articolo 2, ovvero la composizione del futuro Senato. Un’altra modifica l’elezione dei giudici della Corte costituzionale (due saranno scelti da Palazzo Madama). Il terzo ripristina alcune funzioni cancellate durante il passaggio alla Camera, come il controllo delle politiche Ue. L’emendamento con cui si punta a superare lo scoglio sull’elettività del Senato, ricompattando il Pd, prevede che i futuri senatori, con la nuova riforma costituzionale in discussione a Palazzo Madama, saranno individuati “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge”. Con la proposta di modifica si vuole rendere vincolante per i Consigli regionali la scelta che arriverà dai cittadini durante le elezioni regionali.
Per quanto riguarda invece la proposta di modifica all’articolo 1, viene puntualizzato come a Palazzo Madama spetti l’esercizio di “funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica“. Il Senato, si aggiunge poi, “valuta le politiche pubbliche e l’attività delle pubbliche amministrazioni e verifica l’impatto delle politiche dell’Unione europea sui territori. Concorre ad esprimere pareri sulle nomine di competenza del governo nei casi previsti dalla legge e a verificare l’attuazione delle leggi dello Stato”.
Il terzo emendamento – che ripropone il testo dell’articolo 35 del provvedimento così come uscito dal primo passaggio al Senato, senza le modifiche della Camera – prevede che il Senato potrà eleggere due giudici della Corte costituzionale. Con il nuovo testo – che dovrà essere approvato dall’assemblea di Palazzo Madama – l’elezione non avverrà più con una seduta comune del Parlamento (come invece stabilito nel passaggio alla Camera). In altre parole, i giudici verranno eletti separatamente: tre dall’assemblea di Montecitorio e due dal futuro Senato delle autonomie. Questo per evitare, con una seduta comune, la sproporzione tra i rami del Parlamento (i deputati rimarranno 630 ma i senatori scenderanno a 100). In sede di prima applicazione dell’articolo 135 della Costituzione (che verrà modificato appunto dall’emendamento della maggioranza) “alla cessazione dalla carica dei giudici della Corte costituzionale nominati dal Parlamento in seduta comune, le nuove nomine sono attribuite alternativamente, nell’ordine, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica“.
Infine, come ha specificato il sottosegretario Luciano Pizzetti: “Restano ancora aperti i nodi del Titolo V e della presidenza della Repubblica, temi che definiremo nei prossimi giorni”.