La Ue annuncia il pugno duro dopo la scoperta, negli Stati Uniti, della frode del gruppo Volkswagen per truccare i risultati dei test sulle emissioni delle sue auto. Bruxelles promette che “andrà fino in fondo” e incoraggia i Paesi membri a indagare in maniera autonoma per verificare se anche in Europa si siano verificati imbrogli nei test sulle emissioni dei motori diesel. Intanto in Germania la procura di Braunschweig valuta l’avvio di un procedimento penale contro la casa di Wolfsburg, dopo aver ricevuto diverse denunce da parte di cittadini che si ritengono truffati. I vertici iniziano a correre i ripari assoldando lo studio legale statunitense Kirkland & Ellis, lo stesso che ha difeso British Petroleum nel processo per il disastro ambientale causato dall’esplosione della piattaforma Deepwater Horizon nel Golfo del Messico.
Bruxelles: “Tolleranza zero. Procedure di test già cambiate per renderle più affidabili” – L’Unione europea ha chiesto a tutti i 28 Stati membri di avviare accertamenti. “Incoraggiamo tutti a compiere le necessarie indagini e a riferire alla Commissione Ue“, che “discuterà con loro come coordinarle al meglio e faciliterà lo scambio di informazioni, ha detto Lucia Caudet, portavoce dell’esecutivo comunitario al mercato interno. “Accogliamo con favore le indagini avviate in Germania, Francia e Italia“. La Commissione Ue ha “tolleranza zero per le frodi”, ha aggiunto la Caudet, precisando che Bruxelles era al corrente del fatto che i test di laboratorio sulle emissioni avrebbero potuto fornire dei risultati non perfettamente rappresentativi delle condizioni di guida reali. “Abbiamo regole comunitarie chiare in materia di limiti di emissioni e abbiamo appena cambiato le procedure di test”, ha concluso. La nuova procedura per test su strada è stata adottata da Bruxelles nel maggio 2015 ed entrerà in vigore nel gennaio 2016. Intanto mercoledì i deputati della commissione ambiente del Parlamento hanno votato una modifica del regolamento sulle emissioni automobilistiche, chiedendo miglioramenti della legislazione sulla diffusione dei veicoli nel mercato europeo e test più affidabili.
Berlino nega di essere stata a conoscenza del trucco – In riferimento alle notizie riportate martedì da Die Welt, secondo cui Berlino e Bruxelles sapevano da tempo della tecnica di manipolazione dei motori, l’Ue fa sapere di essere stata a conoscenza dell’esistenza “di software ingannevoli”, ma è per questo che li ha vietati nel 2007 con il regolamento Euro 6. “Sono le autorità nazionali ad essere responsabili per l’applicazione delle norme Ue”, ha quindi ricordato la portavoce. Dal canto suo Berlino ha respinto al mittente le accuse definendole, in una nota del ministro dei Trasporti Alexander Dobrindt, “false e inopportune”. “Ho appreso delle manipolazioni lo scorso weekend dalla stampa“, ha sostenuto il ministro. Una commissione istituita all’interno del dicastero sta in ogni caso esaminando le vetture su cui è montato il dispositivo in grado di truccare le emissioni: “Stiamo cercando di chiarire questo caso. Volkswagen deve riconquistare la fiducia“, ha concluso Dobrindt.
Volkswagen assolda lo studio legale che difese British Petroleum dopo il disastro del 2010 – La casa automobilistica potrebbe diventare oggetto di una nuova inchiesta penale, parallela a quella aperta dal ministero dei Trasporti tedesco. La procura tedesca di Braunschweig, città della Germania centrale, sta studiando l’avvio di un procedimento legale dopo aver ricevuto diverse denunce da parte di cittadini prima che scoppiasse lo scandalo. I reclami sono stati depositati e resi disponibili al pubblico dopo che il caso è esploso negli Stati Uniti. Volkswagen, secondo l’agenzia Bloomberg, ha chiesto allo studio legale statunitense Kirkland & Ellis di difenderla dalle accuse. Si tratta degli avvocati che hanno assunto la difesa di Bp dopo il disastro della Deepwater Horizon, che nel 2010 ha causato la morte di 11 persone e il peggior sversamento di petrolio in mare della storia. Bp, dichiarata colpevole di “dolo volontario” e grave negligenza”, a luglio ha raggiunto un accordo con le autorità Usa che prevede il pagamento di un risarcimento da 18,7 miliardi di dollari.
L’ente di protezione ambientale di un Land tedesco aveva rilevato emissioni troppo alte – Sempre mercoledì però un portavoce dell’ente di protezione ambientale del Land del Baden-Württemberg ha ammesso che i suoi ricercatori erano rimasti stupiti dai risultati delle verifiche condotte nei primi mesi del 2015 su tre autovetture a gasolio omologate Euro 6. Tra cui una Volkswagen Passat CC motorizzata proprio con un turbodiesel 2.0 del tipo finito sotto accusa negli Stati Uniti. “Quando abbiamo avviato i test su tre modelli diesel con un sistema di misurazione portatile in condizioni ‘reali’ ci aspettavamo di trovare una differenza di risultato rispetto ai dati dei test in laboratorio, ma non ci aspettavamo di trovare emissioni otto volte maggiori“. Il rapporto finale, diffuso ad aprile 2015, riconosceva che nei tre modelli esaminati (gli altri due erano una Mazda 6 e una Bmw 6) le emissioni di ossidi di azoto erano ‘insensibili’ persino a una riduzione della velocità: non bastava insomma andare più piano per abbattere le emissioni inquinanti. Guidando le auto in città, in autostrada e su percorsi extra-urbani i tre modelli esaminati hanno presentato valori medi di ossidi di azoto fra i 130 e i 676 milligrammi per km, contro un massimo previsto dalla normativa Euro 6 di soli 80 milligrammi. E a fornire i risultati peggiori, con emissioni su alcuni percorsi quattro volte superiori a quelle della Bmw, è stata proprio la Volkswagen.