I tre tenorini de Il Volo, dopo aver vinto il Festival di Sanremo hanno sbancato anche l’Arena di Verona. Questa è una notizia. Non fosse che nel mentre, in quel luogo un tempo dedicato alla lirica, sono passati in parecchi, dai Dear Jack a Fiorella Mannoia, passando per una finale di Amici, Francesco Renga, De Gregori e il Circo Barnum, si potrebbe dire che di coronamento di un cammino intrapreso con dedizione si tratta. In realtà la location ha perso molto del suo smalto, ma pur sempre di un’arena importante si tratta, e il fatto che il tutto fosse ripreso dalle telecamere di Rai 1, che ha prontamente trasmesso il tutto ieri sera col titolo “Il Volo- Un’avventura straordinara”, non può che confermare la cosa.
Il Volo, accompagnati da un’orchestra di ottantatré elementi, ha messo in piedi uno spettacolo perfetto, in cui le canzoni della nostra tradizione italiana sono state eseguite in maniera impeccabile dai tre ragazzi, al secolo Ignazio Boschetto, Gianluca Ginoble e Piero Barone, in alcuni frangenti accompagnati da ospiti illustri, da Giancarlo Giannini a Lorenzo Fragola, legittimamente accolto tiepidamente dal pubblico dell’Arena, da Francesco Renga, che li ha accompagnati ne L’immensità e che ha scritto per loro il nuovo singolo, L’amore si muove, precedentemente intitolata Nel nome del padre, a Francesco De Gregori.
Il tutto condotto da Carlo Conti, che del resto li aveva in qualche modo già presentati al grande pubblico durante l’ultimo Festival di Sanremo. Ecco, vedendo uno spettacolo del genere, con un’orchestra decisamente più imponente di quella che si può ormai ammirare in qualsiasi teatro italiano, una presenza del palco sicura, da vecchi professionisti scafati, la voce sempre intonata, tranne qualche sbavatura di troppo di Ignazio Boschetto, il più debole dei tre, potrebbe far pensare a una prova muscolare capace di azzittire le tante, troppe critiche piovute addosso al terzetto di tenori proprio dopo la vittoria di febbraio.
Ma, c’è un ma. Avete presente la famosa scena del gatto nero in Matrix? La riassumo per chi non la conoscesse. Matrix è una realtà di facciata che i robot hanno costruito per gli umani, che si convincono di vivere una bella vita, in realtà se ne stanno dentro dei bozzoli a fare da batterie umane per le macchine. Alcuni uomini sono in grado di decodificare questa realtà di facciata. Un modo è accorgersi di falle nel sistema. Neo, il protagonista del film, a un certo punto vede per due volte la stessa immagine, un gatto nero che attraversa una porta, un deja vu. Scatta l’allarme, perché un deja vu è una falla del sistema, un alert. Ecco, a vedere i tre tenorini cantare sicuri di loro stessi all’Arena, trattando Francesco De Gregori o Giancarlo Gianni da pari, ostentando sicurezza tanto quanto commozione, è come se avessimo avuto modo per un’ora e mezza di vedere le falle della Matrice, il gatto nero che attraversa la porta.
Il Volo, i tre ragazzi del Volo, sono bravi, ma sono finti. Bravissimi tecnicamente, non sanno trasmettere emozioni, peggio, non sanno che dovrebbero e potrebbero trasmettere emozioni. Parlano di belcanto, e saprebbero anche maneggiarlo, ma sfugge loro che la musica è un perfetto vettore per le emozioni, e privata di quella caretteristica nulla rimane, se non note eseguite meccanicamente, anche alla perfezione. In molti hanno scherzato, durante il Festival, sull’occhietto che Gianluca, il belloccio dei tre, fa sempre durante le canzoni, guardando il pubblico in camera. Ecco, è come se ieri avessimo assistito a un’ora e mezzo di occhietti, compiaciuti, ma credibili solo per chi li fa, non certo per chi li riceve.
Quanto alla scelta di Francesco De Gregori di prendere parte a questa faccenda, seppur giustificato dal suo essere in zona per i 40 anni di Rimmel, andati in scena la sera del 22, che dire? A guardarlo lì, che cantava con loro, impacciato ma lì, chi scrive ha pensato si trattasse di uno dei concorrenti di Tale e quale Show, complice la presenza di Carlo Conti in zona. Ecco, fosse stato Pino Insegno, magari ne avremmo riso e avremmo battuto le mani. Avremmo anche fatto i complimenti ai truccatori, guarda come assomiglia al De Gregori vero. È finzione, è televisione, niente di male. Invece era proprio De Gregori, e stava lì a cantare con tre ragazzi incapaci, un po’ come lui recentemente, di veicolare altro che canzoni, sempre uguali. Perfetta incarnazione di quel che i talent stanno facendo alla musica, quindi, trasformare in un karaoke fatto alla perfezione il mondo della nostra canzone, alla faccia del belcanto.
Tutto ben cantato, ma privo di anima, di vita. Un capitolo a parte meriterebbero gli inediti proposti da Il Volo, perché eseguire O Sole mio, se in possesso di una bella voce, può anche essere esercizio facile da portare a casa. Ecco, a sentire i brani scritti appositamente per Il Volo sembrerebbe quasi si trattasse di gente che ha perso una scommessa, e che deve per forza tirare fuori roba che mai vorrebbe vedere collegata al proprio nome. Poi, è chiaro, qualcuno leggendo queste parole dirà che intanto loro vendono centinaia di migliaia di copie in giro per il mondo, riempiono l’Arena di Verona e hanno successo. Chi scrive citerà il grande successo dei Big Mac, lasciando intravedere sullo sfondo la differenza tra il fast food e l’alta cucina. Perché non è solo questione di distinguere tra qualità e quantità, tocca proprio prestare attenzione ai deja vu, se vedete un’occhiolino di troppo, o due gatti neri identici che attraversano una porta, sapete che siete dentro la matrice.