Immigrazione, cambiamenti climatici, armi, pena di morte, Cuba, matrimoni gay, aborto. Al Congresso Usa Papa Francesco ha affrontato tutti i temi più caldi del dibattito politico in atto oltreoceano. Ma lo ha fatto in modo spesso indiretto, senza la franchezza che il Papa aveva mostrato il giorno prima alla Casa Bianca con Barack Obama. Alla fine, a una prima considerazione di quanto detto, il Pontefice è sembrato appoggiare con più decisione l’agenda politica dei liberal americani, quella che si identifica nelle politiche di Obama.
Francesco è arrivato a Washington in un momento di forte polarizzazione del dibattito politico. Gli ultimi mesi della presidenza di Barack Obama sono segnati da una conflittualità tra Casa Bianca e Congresso, a maggioranza repubblicana, che è stata un po’ il segno distintivo di questi anni. In pochissime circostanze democratici e repubblicani hanno trovato un terreno comune; uno stato costante di scontro tra le parti ha ritardato o bloccato il processo legislativo. Per questo Washington attendeva con ansia l’arrivo del Papa. In una fase di scarsa capacità della politica di rappresentare istanze e bisogni sociali – di qui anche l’ascesa di personaggi anti-establishment come Bernie Sanders e Donald Trump – il viaggio del Papa, le sue parole, potevano accreditare una parte piuttosto che l’altra.
Alla fine, a uscire più soddisfatti sono appunto i democratici. Il papa si è allineato alla Casa Bianca su molti dei principali temi del dibattito politico. Anche quando è intervenuto sulle questioni vicine alla sensibilità dei conservatori – matrimoni gay e aborto – lo ha fatto in modo estremamente prudente, senza la fermezza mostrata dai suoi predecessori Woytila e Ratzinger. La prudenza non è piaciuta ai conservatori. Già nei momenti immediatamente successivi alla fine del discorso, esponenti del partito repubblicano nei saloni del Congresso esprimevano, in modo non ufficiale, tutta la loro insoddisfazione.
Sicuramente pena di morte e armi sono stati i temi su cui Bergoglio non ha avuto timore di apparire esplicito. In una richiesta forte di abolizione della pena capitale, il pontefice ha detto: “Sono convinto che ogni vita umana sia sacra, ogni persona sia dotata di una dignità inalienabile e che la società possa solo beneficiare dalla riabilitazione di quelli condannati per crimini”. Ancora più chiaro il discorso del Papa sulle armi: “Perché armi mortali sono vendute a coloro che pianificano di infliggere sofferenza a individui e società?” Il “gun control” è stato tra l’altro un campo di intervento in cui più si è impegnato, e ha fallito, Barack Obama. In un’occasione, il presidente ha anche detto che “non essere riuscito a far approvare una riforma è il rimpianto più grande”. Le parole del Papa sono apparse come un riconoscimento alla sua azione; e un implicita sconfessione dell’opposizione repubblicana a qualsiasi limitazioni al diritto di portare un’arma.
In altre aree del dibattito politico Bergoglio è apparso più prudente; più rispettoso, si potrebbe dire, delle prerogative del legislatore americano. Su capitalismo e globalizzazione è stato meno radicale rispetto a precedenti occasioni. Il capitalismo senza remore e limiti non è stato più definito “sterco del diavolo”. Il papa ha riconosciuto che “gli affari sono una vocazione nobile, una parte essenziale del servizio per il bene comune”, ma ha aggiunto che non non si può dimenticare “quelli tra di noi che sono intrappolati in un ciclo di povertà”. Sull’immigrazione ha ricordato di essere “come molti tra di voi, figlio di immigrati”. Francesco ha esortato a “non avere paura dei numeri, ma piuttosto a considerare i migranti come persone, guardando i loro visi, ascoltando le loro storie, cercando di rispondere al meglio ai loro bisogni”. In entrambi i casi, dottrina economica e immigrazione, il papa è apparso in sintonia con le preoccupazioni di questa amministrazione, che ha spinto per una riforma dell’immigrazione e ha introdotto misure come la copertura sanitaria gratuita per i più poveri e un rialzo dei minimi salariali per i dipendenti federali.
Il capitolo su famiglia, aborto, contraccezione era il più atteso dal mondo conservatore. E la delusione è stata cocente. All’aborto il papa ha concesso un rapido passaggio, spiegando che “la vita va protetta a ogni suo stadio” (tra l’altro, queste parole sono state inserite nel più vasto contesto della condanna della pena di morte). Sui matrimoni gay, al centro di una polemica durissima, con alcuni impiegati federali che si rifiutano di celebrarli – una funzionaria del Kentucky, Kim Davis, è finita in prigione pur di non officiarli – il Papa ha fatto cadere un altro riferimento piuttosto veloce. “Non posso nascondere la mia preoccupazione per la famiglia, che è minacciata forse come mai prima, dall’interno e dall’esterno. Le basi fondamentali della famiglia sono messe in discussione”. Molto lontano è il carattere militante, e di rispetto della dottrina, che su questi temi ha avuto la Chiesa negli ultimi anni.
Probabilmente Bergoglio aspetta di affrontare la dottrina morale della Chiesa in occasione del Forum delle Famiglie, a Philadelphia, ultima tappa del suo viaggio americano. Là risuonerà, con più forza, la difesa della vita e del matrimonio tra un uomo e una donna. E probabilmente è fuorviante valutare le parole del Papa sulla base di una divisione – destra e sinistra – che appartiene alla politica e non alla dottrina della Chiesa. Comunque, è apparso chiaro a tutti, durante il viaggio a Washington che la sintonia tra questo Papa e la Casa Bianca è molto ampia, che le cose che uniscono Bergoglio a questa amministrazione sono di più, rispetto a quelle che dividono, e che l’agenda democratica in periodo elettorale acquista maggiore slancio, dopo la venuta di Francesco. Anche i riferimenti storici scelti dal Papa durante il suo discorso sono sembrati in sintonia con una visione più aperta e progressista della società americana. Tra “gli uomini e le donne che hanno fatto grande questo Paese”, Bergoglio ha infatti citato il monaco mistico e pacifista, Thomas Merton, e Dorothy Day, la socialista cristiana che fondò il “Catholic Worker Movement”.