Le emissioni reali sono superiori a quelle di omologazione anche perché le autorità hanno sempre trattato l'industria tedesca con "i guanti di velluto". Per il comitato centrale delle associazioni dei consumatori, i clienti VW sono stati gabbati due volte: la prima perché credono di guidare un diesel “pulito”, la seconda perché per la qualità tedesca hanno pagato di più
Le dimissioni di Martin Winterkorn sono praticamente “un atto dovuto”. L’ingegnere, il perfezionista, colui che discuteva dei dettagli tecnici con i responsabili, si è fatto da parte, ma per i rappresentanti dei consumatori tedeschi il problema non era e non è l’ormai ex amministratore delegato. Lo scandalo sulla manipolazioni delle emissioni colpisce anche la sfera politica tedesca. E non solo per via dell’interrogazione dei Verdi ai quali il ministero dei trasporti aveva risposto concedendo che tra le rilevazioni reali e quelle per le omologazioni esiste una differenza.
Jürgen Resch, responsabile nazionale della DUH, la Deutsche Umwelthilfe, un’associazione ambientalista, ha bollato come “ipocrite” le reazioni della classe politica, tirata in ballo da più parti quale “fiancheggiatrice” dei costruttori. La cancelliera Angela Merkel a nome della Germania, certamente anche su richiesta della lobby dell’auto, è ripetutamente intervenuta a livello comunitario per frenare gli accordi sulla riduzione delle emissioni. Secondo Resche “le emissioni reali sono superiori a quelle diffuse dai costruttori: è noto da tempo”, osserva. “E questo riguarda non soltanto VW e non soltanto gli Stati Uniti”, aggiunge. Da qui la richiesta alle autorità – in Germania il KBA – di verificare i dati dichiarati dalle case in condizioni di utilizzo normale. La sollecitazione è vecchia di alcuni mesi, ma nessun controllo è stato effettuato. “È un diritto dei consumatori quello di avere dati concordanti”, continua il responsabile della DUH.
“Ingannare i consumatori non è un peccato veniale”, taglia corto Klaus Müller, a capo del Comitato
centrale delle associazioni dei consumatori che rappresenta una cinquantina di organizzazioni. “È chiaro che VW debba fare totale chiarezza – dice il dirigente che porta lo stesso cognome di uno dei possibili candidati ad assumere le redini del gruppo Volkswagen, Andreas Müller, numero uno di Porsche – ma anche la cancelliera Merkel e il ministro Dobrindt devono spostare l’attenzione sugli interessi dei consumatori”. “Finora l’industria tedesca dell’auto è stata trattata con i guanti di velluto dalla politica e dalle autorità”, accusa.
“Considerando un comparto di grande successo a livello globale, sono stati fissati valori limite troppo poco ambiziosi e rallentata l’introduzione di nuovi controlli. Ma peggio ancora è il fatto che non siano mai stati verificati nemmeno i limiti stabiliti dalle leggi in vigore, a spese dell’ambiente, ma anche dei consumatori”, ammonisce. Se venisse alle luce che i dati sono stati taroccati anche in Germania, le associazioni dei consumatori sono pronte ad andare in tribunale, anche se il diritto tedesco non prevede danni morali. Nel caso Volkswagen, secondo Müller i consumatori vengono gabbati due volte: la prima perché credono di guidare un diesel “pulito”, la seconda perché per avere un modello tedesco, identificato come di alta qualità, hanno pagato di più. “Per riconquistare la fiducia perduta – conclude – VW deve mettere a norma ogni veicolo coinvolto oppure riconoscere a ciascun consumatore un indennizzo individuale”.
Il caso sulla manipolazione riporta al centro dell’attenzione anche gli interrogativi sulla digitalizzazione e, soprattutto, sulla gestione, sulla custodia e sull’uso dell’enorme mole di parametri che ogni veicolo è in grado di raccogliere. Mediamente già oggi sono oltre 80 i sistemi digitali impiegati nelle tecnologie di assistenza alla guida. Per garantire i consumatori viene sollecitata la massima trasparenza, e cioè la descrizione delle “prestazioni” in modo tale da inchiodare eventuali trasgressioni.