Il gruppo tedesco ha cercato di correre ai ripari visto che le autorità statunitensi erano insospettite dalla distanza tra i risultati dei test di laboratorio e i livelli di inquinamento registrati su strada
Lo scorso aprile, sentendosi sul collo il fiato delle autorità statunitensi per la protezione dell’Ambiente, Volkswagen ha tentato di correre ai ripari in extremis. Chiedendo ai proprietari californiani di auto con motore diesel da 2 litri a marchio Audi e Volkswagen di portare la macchina dal rivenditore per l’installazione di un software che avrebbe “ottimizzato” le emissioni e migliorato le prestazioni. L’ultimo tassello della truffa sui test per verificare le emissioni di Co2 e ossidi di azoto è emerso giovedì 24, il giorno dopo le dimissioni dell’amministratore delegato del gruppo Martin Winterkorn.
A rivelarlo è l’agenzia Reuters, secondo cui la casa tedesca ha scritto ai clienti residenti in California per avvertirli della necessità di “un richiamo per problemi di emissioni”. Un tentativo di tamponare i sospetti del California air resources board e dell’Environmental Protection Agency, insospettiti dalle discrepanze fra i risultati dei test di laboratorio sulle emissioni e i livelli di inquinamento reale delle auto diesel del gruppo. A dicembre 2014, infatti, i due enti avevano accordato alla società un richiamo volontario delle auto diesel per rimediare a quello che Volkswagen sosteneva essere solo un problema tecnico facilmente risolvibile. Il portavoce del California air resources board, Dave Clegern, ha confermato che le lettere rientravano in quel richiamo. “Questo è uno degli aggiustamenti che ci avevano presentato come potenziale soluzione. Non ha funzionato”.