Da neanche quattro mesi è possibile presentare la domanda per poter usufruire di un assegno mensile da 80 euro per ogni figlio fino ai tre anni di età, ma vale solo per i nuclei con reddito Isee fino a 25mila euro. E nel resto d'Europa come funziona? Il bonus bebè c'è da decenni ed è molto più generoso. Anche se in Spagna il governo Rajoy ha tagliato gli aiuti
C’è poco da stupirsi se l’Italia con 8,5 bambini ogni mille abitanti continua a rimanere in fondo alla classifica della natalità in Europa, contro – spiega l’Eurostat – numeri a due cifre di Irlanda (15 per mille), Francia (12,3 per mille), Regno Unito (12,2), Svezia (11,8) e Lussemburgo (11,3). Inoltre, se nel BelPaese un quarto delle donne occupate abbandona il lavoro dopo la maternità, negli altri Stati l’occupazione delle neomamme mostra un percorso a U (forte discesa nei primi tre anni di vita del bambino e un graduale ritorno al lavoro in seguito). A fare la differenza sono, infatti, il mix di interventi messi in campo da decenni nel Vecchio Continente in grado di incentivare la natalità e il lavoro femminile. La ricetta con cui si aiutano le donne a fare figli è chiara: soldi in tasca subito (assegni legati alla maternità), aiuti nella cura dei bambini (dagli asili nido alle babysitter di famiglia), congedi parentali più flessibili e benefit vari (spesso a sostegno dei redditi più bassi). Con un esempio indicativo: la Germania. Se anche continua a fare pochi figli (8,4 per mille), punta sempre sull’apporto demografico legato all’immigrazione in modo da tenere così alte economia e crescita.
E l’Italia cosa fa per aiutare i neo genitori? Da meno di quattro mesi è entrato in vigore il bonus bebè, ma solo per i redditi minimi e fino ai 3 anni d’età del bimbo. Poi ci sono le detrazioni fiscali (tra i 950 euro e i 1.220 euro l’anno) e il voucher baby sitting e asilo nido, vale a dire un’agevolazione riconosciuta alle mamme lavoratrici che, al termine del congedo di maternità ed entro gli undici mesi successivi, scelgono di non optare per il congedo parentale e rientrare subito a lavoro. Si tratta di 600 euro al mese, erogati però solo per sei mesi. Se questo bonus riuscirà ad invertire la drammatica rotta registrata dalla natalità italiana e a coronare il sogno della conciliazione famiglia-lavoro è presto per dirlo, mancando i dati ufficiali dell’Inps. Certamente, però, si può definire una misura poco incisiva sulle finanze delle famiglie. Il motivo? Secondo l’ultimo Osservatorio nazionale Federconsumatori sulle spese per mantenere un bambino nel primo anno di vita, la sola politica di sussidi monetari ha effetti incerti e in genere poco significativi. Resta fondamentale, infatti, il ruolo delle politiche sociali nel loro insieme: non solo un premio alla nascita, ma anche altri specifici sussidi dedicati ai primi mesi di vita del bimbo, così come emerge dal confronto con i più importanti Paesi europei. Perché mai come oggi occupazione e maternità sembrano due facce della stessa medaglia.
FRANCIA – È dal 1973 che Oltralpe il tasso di fecondità è costante e si attesta sui 2 figli a donna. Un baby boom ininterrotto dovuto prevalentemente alla politica familiare messa in atto dal governo francese. E, nonostante lo scorso luglio sia stata introdotta una rimodulazione dell’importo degli assegni familiari legata al reddito e al numero dei figli, le somme erogate restano alte: il premio alla nascita vale 927,71 euro, ma se il figlio si adotta (fino a 20 anni di età) sale a 1.855,42 euro. Il bonus viene erogato all’inizio del quarto mese di gravidanza, dopo aver presentato gli esami medici, per agevolare le famiglie alle prese con le prime spese. L’importo, inoltre, viene maggiorato se entrambi i genitori lavorano o se si tratta di una famiglia con un solo genitore.
E non finisce qui. Le prestazioni di mantenimento e di accoglienza legate alla prima infanzia sono raggruppate in un pacchetto che si chiama Paje e che, oltre al bonus, si compone di un assegno di base pari a 185,54 euro al mese subordinato al reddito e valido fino ai tre anni del bimbo. Poi ci sono la prestazione condivisa di educazione del bambino (PreParE) per ogni nascita (o adozione) e l’integrazione di libera scelta d’attività (CLCA), che permettono al genitore di sospendere la propria attività o di ridurla. Entrambe sono subordinate a un’anzianità contributiva minima. L’importo della PreParE/CLCA è fissato a 392,48 euro ad aliquota piena e a 146,36 euro se l’attività è un part-time superiore al 50 per cento. Un esempio: una famiglia del ceto medio con due figli (uno neonato e l’altro all’asilo nido) percepisce dallo Stato quasi 7mila euro all’anno, senza contare che in Francia è prevista l’assistenza gratuita a domicilio di infermieri specializzati subito dopo la nascita del bebè.
FINLANDIA – Le mamme più felici del mondo, secondo quanto emerso dall’ultimo rapporto di Save the Children, sono finlandesi. Nel Paese in cui il 32% del Pil è destinato alle politiche sociali, gli aiuti sono concreti. A iniziare dalla baby box, una scatola di cartone con beni di prima necessità che dal 1949 viene inviata a tutte le future madri. Il mittente è Kela, l’ente pubblico di previdenza sociale, che inserisce nella scatola (pensata anche come possibile culla) vestitini, tutine, bavaglini, coperte, un materassino, cuffiette, calzini, un set di lenzuola e un set per l’igiene del bambino e della mamma, inclusi i preservativi per il controllo demografico e i pannolini di stoffa in favore dell’ecosostenibilità. C’è anche un giocattolo e un libro illustrato. Mancano solo il biberon e il latte in polvere, in modo da incoraggiare l’allattamento al seno. Ogni anno il design e i colori cambiano. I vestiti sono di diverse taglie, in modo da poter servire al neonato per i primi mesi di vita. In occasione della nascita del Royal Baby anche William & Kate hanno ricevuto il pacco maternità dal governo della Finlandia. Ogni mamma può però scegliere se ricevere questo kit o il suo valore in contanti, attraverso un buono di 140 euro.
Le politiche sociali del governo prevedono poi fino a dieci mesi di permesso di maternità retribuito per le donne, mentre per i padri sono previsti altri incentivi. In soldoni, c’è un sussidio che viene versato mensilmente per ogni figlio a carico fino all’età di 17 anni pari a 95,75 euro per il primo figlio, 105,80 euro per il secondo figlio, 135,01 per il terzo e fino a 174,27 euro per ogni figlio oltre il quinto. E si ha diritto a 48,55 euro in più al mese per ogni bambino se il genitore è da solo. Infine, sul fronte del lavoro, sono previste delle indennità parentali che vengono calcolate in base al reddito. L’importo minimo è di 24,02 euro per ogni giorno lavorativo che va dal lunedì al sabato.
GERMANIA – Anche in questo Paese i sussidi previsti per la nascita di un bimbo sono altissimi: 184 euro al mese per ognuno dei primi due figli che, moltiplicato per 12 mesi, fa 2.202 euro all’anno per figlio. Mentre con tre pargoli si sale a 190 euro al mese e a 215 euro per i successivi figli. Si tratta del Kindergeld (“denaro del bambino”), pilastro portante del welfare tedesco, che prevede, inoltre, un posto all’asilo nido di diritto per ogni famiglia, mentre chi preferisce accudire a casa i bambini riceve un assegno da 150 euro al mese. Ma questo è l’importo base. Poi, sempre dal primo luglio, è scattato un nuovo sussidio: si chiama ElterngeldPlus e prevede congedi parentali più flessibili. In pratica ci si può assentare dal lavoro per un totale di 24 mesi fino al compimento dell’ottavo anno di età del bimbo o lavorare part-time ricevendo dei benefit. Una misura che dovrebbe rispondere alle critiche che per anni hanno preso di mira il welfare tedesco, considerato poco attento alle esigenze lavorative delle neo mamme. Nel quadro dei sussidi pubblici rientra anche un’agevolazione per le famiglie che hanno bimbi piccoli e acquistano la prima casa (Baukindergeld). Questa maggiorazione, versata per otto anni, ammonta a 767 euro annui per ogni figlio. Un sussidio è riservato anche ai genitori single che non ricevono alimenti da parte dell’altro genitore: è finanziato con fondi pubblici ed è pari a 133 euro per i bambini sotto i 6 anni e a 180 euro fino ai 12 anni.
GRAN BRETAGNA – La parola chiave è Child benefit e comprende tutti i sussidi definiti universali perché riguardano tutti coloro che sono responsabili del bimbo (mamme, genitori o tutori) con un solo limite reddituale, l’High Income Child Benefit Charge: se si superano 50mila sterline all’anno (quasi 68mila euro) deve essere restituita una parte di quanto ricevuto. Fino ad aprile 2016, gli importi sono questi: 20,70 sterline (circa 28 euro) a settimana per il primo figlio e 13,70 sterline (circa 18,6 euro) a settimana per ognuno dei successivi. L’erogazione del contributo è prevista fino al 16esimo anno di età di ciascun figlio, che coincide con la fine dell’obbligo della scuola. Ma se il ragazzo decide di continuare gli studi può essere richiesta un’estensione fino al compimenti dei 20 anni. Ad affiancare il Child benefit è il Child Tax Credit, che consente di ottenere crediti d’imposta aggiuntivi per alcune spese, come quelle sostenute per la baby-sitter. Per ottenerlo sono necessari gli stessi requisiti, ma la somma che si riceve dipende dal reddito: è possibile ottenere fino a 122,50 sterline in più a settimana per il primo figlio (vale a dire 670 euro al mese) o 210 sterline con due figli. Capitolo a parte sono i voucher per l’infanzia: possono richiederli tutti i lavoratori che hanno il National Insurance, una sorta di libretto del lavoro obbligatorio, e consentono di ottenere fino a 55 sterline a settimana a seconda di quanto si guadagna e dall’anzianità contributiva. In più, visto che uno dei punti deboli del sistema inglese è l’istruzione pubblica, schiacciata dall’eccellenza di quella privata, il welfare prevede il Children Grant: una sovvenzione per gli studenti fino all’età di 15 anni che va dalle 150 sterline a settimana per un figlio a 257,55 sterline per due o più figli. Ma per 2015 e 2016 il benefit è stato già ritoccato all’insù, rispettivamente a 155,24 e 266,15 sterline.
Sul fronte indennità, le future mamme – dipendenti o lavoratrici autonome attive per almeno 26 settimane durante l’anno o che hanno guadagnato almeno 30 sterline a settimana per un periodo di 13 settimane – possono richiedere la Maternity Allowance. In pratica, per la durata massima di 39 settimane riceveranno 139,58 sterline a settimana o il 90% della retribuzione media settimanale. E i pagamenti possono iniziare già 11 settimane prima che il bambino nasca. I papà? Hanno una o due settimane pagate di congedo, ma se il bimbo è nato (o è stato adottato prime del 5 aprile 2015) le settimane diventano 26 settimane. Un benefit aggiuntivo che può ottenere solo se la mamma torna a lavoro.
OLANDA – Qui lo Stato aiuta aiuta tutti i genitori a prendersi cura dei figli (anche quelli adottati o di cui si ha la tutela) fino a 18 anni attraverso il Kinderbijslag, l’assegno familiare versato ogni tre mesi. Le prestazioni sono regolate dal National Child Benefits Act (Akw). L’importo aumenta con l’età del bambino. E se ha una disabilità si può beneficiare di assegni familiari pari a due volte il valore di base. In particolare, dal 2012 restano validi questi importi: da 0 a 5 anni si ha diritto a 191,65 euro al mese, da 6 a 11 anni si sale a 232,71 euro al mese fino ad arrivare alla maggiore età con 273,78 euro al mese. C’è poi un bonus a seconda del reddito, del tipo di famiglia e del numero dei figli, a cui si aggiunge un ulteriore somma solo per l’assistenza ai bambini, a seconda del numero di ore lavorate dai genitori e dal reddito lordo percepito. Sul fronte del congedo di maternità, però, si possono utilizzare solo 16 settimane in totale. Questo perché lo Stato incentiva le madri a tornare subito a lavoro, per non restarne tagliate fuori, ma con orari flessibili che consentono facilmente di passare da un impiego full time a uno part time. Ci sarà, quindi, una riduzione dello stipendio, ma il versamento dei contributi resta uguale. Una soluzione di cui quasi tutte le donne, ma anche gli uomini, usufruiscono.
SPAGNA – La crisi ha lasciato il segno. E il governo Rajoy ha messo mano pesantemente anche agli aiuti per la maternità. Tanto che l’unico incentivo su cui possono contare tutte le famiglie è la deduzione di 1.200 euro dall’Irpef per ogni figlio nato fino al compimento dei 3 anni. Il bonus si può richiedere come rimborso mensile di 100 euro o una tantum, ma per ottenerlo bisogna aver lavorato almeno 15 giorni nel mese in cui si richiede. Il confronto con gli anni passati è impietoso: fino al 2014 tutti percepivano 2.500 per ogni figlio nato. Tuttavia, nel caso di famiglie numerose e madri single o nel caso in cui uno dei genitori abbia una disabilità superiore al 65%, sempre dallo scorso gennaio il bonus bebè è di mille euro. E, in caso di parto multiplo, con due gemelli si ha diritto a 2.665 euro, con tre si sale a 5.131 euro fino ad arrivare a 7.696 euro con quattro o più gemelli. A fare la differenza normalmente sono, comunque, le comunità autonome in cui si risiede. Ad esempio le Baleari, Castiglia e Leon, Navarra, Galizia e i Paesi Baschi danno un aiuto tra 1.200 euro e 8.700 euro all’anno per l’acquisto dei beni di prima necessità come latte, pannolini e prodotti farmaceutici. Capitolo a parte per le madri libere professioniste. L’equivalente spagnolo dell’Inps 2 permette di avere 16 settimane di maternità retribuite alle lavoratrici che hanno accumulato negli ultimi 7 anni un minimo di 180 giorni lavorativi. Sul fronte dei permessi lavorati, madri e padri possono richiedere entrambi un’ora al giorno di allattamento fino al compimento dei 9 mesi. Inoltre i papà hanno diritto a 13 giorni di permesso subito dopo la nascita. Podemos ha già annunciato che in caso di vittoria alle elezioni di dicembre ristabilirà il bonus bebè con un importo variabile in base al reddito.