Alla fine la cacciata non c’è stata. Ma l’imbarazzo resta tutto, se per chiarire la vicenda ci sono volute ben tre dichiarazioni del segretario metropolitano di Milano del Pd Pietro Bussolati. Mentre lei, Maryan Ismail, data per diverse ore per epurata dalla segreteria del partito, al telefono non vuole commentare. Ma scrive su Facebook: “Nessuno, tantomeno il segretario, mi ha mai chiesto di dimettermi dalla segreteria metropolitana”. Parole che vanno nella direzione di sbrogliare una matassa che s’era imbrogliata per bene dopo quelle rilasciate lunedì 21 settembre al Giornale per criticare i risultati del bando sui tre nuovi luoghi di culto in città. Una delle aree, quella dell’ex Palasharp in zona Lampugnano, è stata assegnata al Caim (Coordinamento delle associazioni islamiche di Milano, Monza e Brianza), in passato al centro di polemiche perché considerato vicino ai Fratelli musulmani egiziani e tacciato dall’ex magistrato Stefano Dambruoso, oggi deputato di Scelta Civica, di avere al suo interno componenti finite nelle black list di altri Paesi. Questioni su cui non è tornata Ismail, antropologa con cittadinanza sia italiana che somala, religione islamica e un fratello ambasciatore all’Onu di Ginevra ucciso in un attentato terroristico a Mogadiscio. Ma le sue dichiarazioni sulla futura moschea non lasciano spazio a molte interpretazioni: i risultati del bando “sono infelici, non solo per noi musulmani ma per il centrosinistra. La stragrande maggioranza dei musulmani, moderati, laici, via via è stata esclusa. Si è posto come elemento decisivo della trattativa quello economico”. E ancora: “Avevamo spinto sul fatto che la moschea fosse trasparente, sulla parità di genere, sulla separazione politica e religione”. Una separazione, che nel ragionamento di Ismail, il Caim non garantisce.

Le opinioni della dirigente democratica nei giorni scorsi hanno rinvigorito l’opposizione di centrodestra nei suoi attacchi al bando gestito dall’assessore Pierfrancesco Majorino, uno che sull’altra sponda politica si è candidato alle primarie per la corsa a sostituire Pisapia. Poi lo scontro è arrivato in seno alla segreteria milanese del Pd. Con un primo lancio di agenzia, giovedì 24 settembre, in cui le parole di Bussolati suonano così: “La posizione di Maryan Ismail è totalmente fuori dalla linea del Pd” e per questo “le ho chiesto di fare un passo indietro e di valutare se lasciare la segreteria. Se ha delle posizioni personali distanti dal partito, non è questo il modo di portarle avanti”. Non una vera cacciata, ma poco ci manca. Quanto basta in ogni caso per dare al centrodestra lo spunto per gridare all’“epurazione”. A questo punto esce un secondo lancio di agenzia, con un Bussolati più morbido: “La direzione metropolitana del Pd ha votato un documento che non corrisponde a quello che sostiene Maryan Ismail. Lei può dire e fare quello che vuole, ma non rappresenta il Pd. Valuterà lei cosa vuole fare”. Nessuna intenzione di cacciarla, precisa il segretario. Ma venerdì 25 settembre titolano sull’estromissione sia le pagine locali del Giornale sia quelle di Repubblica, quotidiano non certo dedito alle polemiche gratuite sul Pd. Arriva così la terza dichiarazione di Bussolati: “Differenti punti di vista per noi sono sempre legittimi e da rispettare. Per questo, il Pd non ha mai cacciato nessuno per le sue idee”.

Seguono tentativi per stemperare la polemica. Majorino difende “il percorso apertosi con il bando sulle aree”, ma nega ci sia un caso Ismail: “Le sue opinioni sono assolutamente rispettabili 
e non possiamo ignorarle. Mi auguro che
 potremo trovare le modalità per irrobustire il dialogo con lei”. Secondo Emanuele Fiano, altro candidato alle primarie, “tutti i bandi sono migliorabili ma questa è la strada giusta”. Stefano Boeri, a cui Ismail è vicina politicamente, ritiene “il suo richiamo alla necessità di ascoltare e dare risposta alle domande legittime di tutte le anime del mondo islamico milanese” una considerazione comune all’interno del Pd. L’interessata si limita a un post su Facebook: “Ho espresso le mie idee con convinzione e trasparenza perché credo che sia importante la dialettica dentro un grande partito come il Pd. Confermo che nessuno, tantomeno il segretario, mi ha mai chiesto di dimettermi dalla segreteria metropolitana”.

@gigi_gno

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