Ci si può chiedere che cosa davvero abbia perso Volkswagen, una delle più grandi multinazionali del mondo e la prima industria di automobili europea, travolta dallo scandalo del software truccato su più di 11 milioni di veicoli per aggirare le norme anti-inquinamento.
Certo, il gigante automobilistico ha già perso il suo amministratore delegato, Martin Winterkorn, costretto alle dimissioni da uno scandalo che ha preso rapidamente proporzioni planetarie. Poi ovviamente, ha perso – o perderà presto – denaro: l’Epa (Environmental Protection Agency) pretende una multa da 18 miliardi di dollari e presto i consumatori gabbati chiederanno i danni e vorranno essere risarciti con auto non truccate rendendo in massa 11 milioni di carrette diesel che impestano i cieli di mezzo mondo, ma soprattutto, purtroppo, delle città europee. Eppure non è tutto qui.
Le dimensioni gigantesche della truffa fanno perdere a Volkswagen un bene molto più prezioso, benché più difficile da quantificare: la sua reputazione, ossia la miriade di giudizi, opinioni, valutazioni che formano l’esistenza sociale di qualsiasi oggetto, marca, persona…Vokswagen ha perso la faccia, si è bruciata la sua immagine, ma cosa significa in realtà perdere la propria reputazione? Che genere di bene è la reputazione?
La reputazione è la traccia informazionale che le nostre azioni lasciano nella testa degli altri, nei media, nei discorsi che circolano. Ogni volta che agiamo in uno spazio sociale, più o meno virtuale, la nostra azione lascia un’impronta, ha un impatto, modifica la rappresentazione di noi stessi percepita dal mondo circostante. Ed è così che l’onesta Germania, paladina di un capitalismo dinamico tutto europeo basato sulla qualità, l’efficienza, la fiducia, si lascia travolgere da uno scandalo immateriale, non perché immateriali siano le conseguenze della truffa Volkswagen, anzi: le conseguenze materiali sono gravissime, perché queste automobili truccate hanno inquinato il mondo intero, più di quanto abbia inquinato l’intera industria di un paese avanzato in un anno. Immateriale è però il capitale che la sua più grande industria, che dà lavoro a seicentomila persone nel mondo intero, ha perso nello spazio di qualche settimana.
E’ difficile valutare le perdite di un capitale immateriale come la reputazione perché esse non possono essere misurate con gli stessi strumenti con cui misuriamo normalmente le perdite economiche. Ma queste ferite all’immagine possono essere mortali, più gravi ancora delle ferite economiche inflitte da una crisi finanziaria o da una perdita di competitività dovuta a qualche arretratezza tecnologica.
Si può comunque cercare di capire cosa renda mortale una ferita alla propria immagine, quali sono le chances di sopravvivere all’opinione negativa degli altri, insomma, si può cercare di analizzare la reputazione non come un fenomeno del tutto magico e irrazionale ma come un fattore che crea e distrugge valore al pari di altre forze economiche. Per esempio, è chiaro che alla menzogna smascherata si sopravvive difficilmente. Le due virtù cardini sulle quali tutti noi ci basiamo per fidarci della reputazione degli altri sono la competenza e la sincerità. Ci fidiamo di un medico perché è competente e perché pensiamo che ci dica la verità sulla nostra condizione. Eppure esiste un’asimmetria tra queste due virtù. Il crimine di incompetenza, benché grave, è recuperabile: quello di insincerità no. Perché, come diceva Montaigne “ci teniamo l’un l’altro con la parola”, e se quel che ci viene detto è stravolto a vantaggio di chi ce lo dice, nessuna relazione con il mondo esterno può essere considerata più sicura. E più è grande l’asimmetria di potere tra un semplice consumatore e un colosso miliardario che gli rifila prodotti, più la sincerità sarà un requisito dell’affidabilità.
Altro rischio gravissimo della perdita di reputazione: la reputazione si “propaga” con leggi tutte sue che, ancora una volta, non sono le leggi economiche. Un solo individuo agisce male e il buon nome dell’intera famiglia è rovinato. E così, come nei libri di Jane Austen, la cattiva reputazione di Volkswagen sta “colando” sulla reputazione dell’intera Germania, infangando la sua “leadership immateriale” grazie alla quale da anni si sente in diritto di dare consigli, ricette e ordini al resto d’Europa. Cola sulla Bassa Sassonia, il Bundesland che ospita il quartier generale del colosso, tanto da far dire alla deputata verde Rebecca Harms che il danno reputazionale di Volkswagen nella sua regione è “una catastrofe”.
“La reputazione, la reputazione, ho perso la mia reputazione!” si dispera Cassio nella tragedia di Shakespeare quando scopre di aver perso i favori di Otello: “Ho perso la parte immortale di me stesso, e quel che resta è bestiale”.
Gli economisti, così concentrati a spiegare azioni e reazioni dei mercati in termini di massimizzazione di interessi dell’homo oeconomicus, la parte “bestiale” di noi stessi, dovrebbero forse fare attenzione anche alla nostra parte immortale, soprattutto in questo mondo iperconnesso in cui nessuno di noi esiste senza un’immagine sociale, e imparare a stimare il prezzo di quelle ferite simboliche che ci trascinano nel fango per sempre facendoci perdere ciò che abbiamo di più caro: la faccia.
Gloria Origgi
Ecole Normale Supérieure
Media & Regime - 25 Settembre 2015
Volkswagen, il prezzo della reputazione
Ci si può chiedere che cosa davvero abbia perso Volkswagen, una delle più grandi multinazionali del mondo e la prima industria di automobili europea, travolta dallo scandalo del software truccato su più di 11 milioni di veicoli per aggirare le norme anti-inquinamento.
Certo, il gigante automobilistico ha già perso il suo amministratore delegato, Martin Winterkorn, costretto alle dimissioni da uno scandalo che ha preso rapidamente proporzioni planetarie. Poi ovviamente, ha perso – o perderà presto – denaro: l’Epa (Environmental Protection Agency) pretende una multa da 18 miliardi di dollari e presto i consumatori gabbati chiederanno i danni e vorranno essere risarciti con auto non truccate rendendo in massa 11 milioni di carrette diesel che impestano i cieli di mezzo mondo, ma soprattutto, purtroppo, delle città europee. Eppure non è tutto qui.
Le dimensioni gigantesche della truffa fanno perdere a Volkswagen un bene molto più prezioso, benché più difficile da quantificare: la sua reputazione, ossia la miriade di giudizi, opinioni, valutazioni che formano l’esistenza sociale di qualsiasi oggetto, marca, persona…Vokswagen ha perso la faccia, si è bruciata la sua immagine, ma cosa significa in realtà perdere la propria reputazione? Che genere di bene è la reputazione?
La reputazione è la traccia informazionale che le nostre azioni lasciano nella testa degli altri, nei media, nei discorsi che circolano. Ogni volta che agiamo in uno spazio sociale, più o meno virtuale, la nostra azione lascia un’impronta, ha un impatto, modifica la rappresentazione di noi stessi percepita dal mondo circostante. Ed è così che l’onesta Germania, paladina di un capitalismo dinamico tutto europeo basato sulla qualità, l’efficienza, la fiducia, si lascia travolgere da uno scandalo immateriale, non perché immateriali siano le conseguenze della truffa Volkswagen, anzi: le conseguenze materiali sono gravissime, perché queste automobili truccate hanno inquinato il mondo intero, più di quanto abbia inquinato l’intera industria di un paese avanzato in un anno. Immateriale è però il capitale che la sua più grande industria, che dà lavoro a seicentomila persone nel mondo intero, ha perso nello spazio di qualche settimana.
E’ difficile valutare le perdite di un capitale immateriale come la reputazione perché esse non possono essere misurate con gli stessi strumenti con cui misuriamo normalmente le perdite economiche. Ma queste ferite all’immagine possono essere mortali, più gravi ancora delle ferite economiche inflitte da una crisi finanziaria o da una perdita di competitività dovuta a qualche arretratezza tecnologica.
Si può comunque cercare di capire cosa renda mortale una ferita alla propria immagine, quali sono le chances di sopravvivere all’opinione negativa degli altri, insomma, si può cercare di analizzare la reputazione non come un fenomeno del tutto magico e irrazionale ma come un fattore che crea e distrugge valore al pari di altre forze economiche. Per esempio, è chiaro che alla menzogna smascherata si sopravvive difficilmente. Le due virtù cardini sulle quali tutti noi ci basiamo per fidarci della reputazione degli altri sono la competenza e la sincerità. Ci fidiamo di un medico perché è competente e perché pensiamo che ci dica la verità sulla nostra condizione. Eppure esiste un’asimmetria tra queste due virtù. Il crimine di incompetenza, benché grave, è recuperabile: quello di insincerità no. Perché, come diceva Montaigne “ci teniamo l’un l’altro con la parola”, e se quel che ci viene detto è stravolto a vantaggio di chi ce lo dice, nessuna relazione con il mondo esterno può essere considerata più sicura. E più è grande l’asimmetria di potere tra un semplice consumatore e un colosso miliardario che gli rifila prodotti, più la sincerità sarà un requisito dell’affidabilità.
Altro rischio gravissimo della perdita di reputazione: la reputazione si “propaga” con leggi tutte sue che, ancora una volta, non sono le leggi economiche. Un solo individuo agisce male e il buon nome dell’intera famiglia è rovinato. E così, come nei libri di Jane Austen, la cattiva reputazione di Volkswagen sta “colando” sulla reputazione dell’intera Germania, infangando la sua “leadership immateriale” grazie alla quale da anni si sente in diritto di dare consigli, ricette e ordini al resto d’Europa. Cola sulla Bassa Sassonia, il Bundesland che ospita il quartier generale del colosso, tanto da far dire alla deputata verde Rebecca Harms che il danno reputazionale di Volkswagen nella sua regione è “una catastrofe”.
“La reputazione, la reputazione, ho perso la mia reputazione!” si dispera Cassio nella tragedia di Shakespeare quando scopre di aver perso i favori di Otello: “Ho perso la parte immortale di me stesso, e quel che resta è bestiale”.
Gli economisti, così concentrati a spiegare azioni e reazioni dei mercati in termini di massimizzazione di interessi dell’homo oeconomicus, la parte “bestiale” di noi stessi, dovrebbero forse fare attenzione anche alla nostra parte immortale, soprattutto in questo mondo iperconnesso in cui nessuno di noi esiste senza un’immagine sociale, e imparare a stimare il prezzo di quelle ferite simboliche che ci trascinano nel fango per sempre facendoci perdere ciò che abbiamo di più caro: la faccia.
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Roma, 29 dic. (Adnkronos) - "Chi sta usando i farmaci sotto prescrizione medica può tranquillamente guidare. Come faceva l'anno scorso". Così Matteo Salvini in una diretta social. "Ovviamente ci sono farmaci che impediscono di guidare nelle ore successive, però esattamente come l'anno scorso chi prende dei farmaci oncologici. Abbiamo istituito un tavolo tecnico proprio per andare incontro alle centinaia di migliaia di pazienti che dietro somministrazione medica usano dei farmaci".
Roma, 29 dic. (Adnkronos) - “Costruttivo, senza pregiudizi, determinato, ma sempre improntato ad un dialogo costante con il governo per fare davvero gli interessi dei lavoratori. Il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, in questi anni ha avuto il merito di confrontarsi con le istituzioni, criticando e proponendo allo stesso tempo soluzioni, senza però mai cercare, a differenza degli altri sindacati, il pretesto dello scontro e dell’istigazione alla rivolta sociale. A lui va il mio apprezzamento e il sincero ringraziamento di come ha svolto la sua delicata e fondamentale funzione, sempre e solo dedicata a tutelare davvero chi lavora”. Così, la senatrice di Forza Italia e vice presidente del Senato, Licia Ronzulli.
Roma, 29 dic. (Adnkronos) - "Ringraziamo Luigi Sbarra per il grande e costruttivo contributo che, alla guida della Cisl, ha dato alla tutela degli interessi dei lavoratori in Italia ed al mondo delle relazioni industriali. Ha guidato il sindacato con una vera visione strategica e con la consapevolezza che il dialogo tra le parti sociali e’ la chiave per rendere il sistema produttivo sempre più equo, dinamico e sostenibile. Lo ha fatto rispettando il ruolo e l’autonomia sindacale, senza mai trasformare la Cisl nell’appendice di una parte politica. Abbiamo sottoscritto la sua proposta di partecipazione dei lavoratori agli utili dell’azienda e continueremo a sostenerla politicamente in Parlamento. Auguriamo a Luigi Sbarra di continuare a contribuire, con la stessa dedizione, al bene dell’Italia”. Lo afferma il presidente di Noi Moderati Maurizio Lupi.
Roma, 29 dic. (Adnkronos) - "Avere ridotto del 25 per cento, dal 14 al 28 dicembre, nei primi quindici giorni del nuovo Codice della strada, il numero di morti sulle strade è qualcosa che dovrebbe rendere orgoglioso me e voi". Lo dice Matteo Salvini in una diretta social.
"Mi faccio carico volentieri se c'è qualche polemica, ho le spalle larghe, ho rischiato 6 anni per aver bloccato immigrati clandestini. Quindi figurarsi se per salvare vite umane non mi faccio carico di qualche polemica e degli attacchi di Vasco o di radical chic di sinistra".
Roma, 29 dic. (Adnkronos) - “Come dice Renato Brunetta sul Sole24Ore ‘in un carcere sovraffollato, luogo di isolamento, umiliazione, malattia e morte, la pena rischia di perdere la certezza dell'esempio, che è la vera fonte di legittimazione della potestà punitiva, per trasformarsi invece in certezza della recidiva’. È vero, e non conviene a nessuno un modello di pena che incentiva i detenuti a tornare a delinquere o a cominciare a farlo se detenuti ingiustamente. La sua proposta di indulto parziale, per il reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti, merita attenzione e una iniziativa parlamentare trasversale. Sarebbe infatti positivo che anche nella maggioranza la proposta di Brunetta, che ha alle spalle una lunga militanza nel centrodestra, venisse raccolta e rilanciata. La situazione nelle carceri è incivile ed inaccettabile, quindi bisogna agire con urgenza”. Lo afferma il deputato di +Europa Benedetto Della Vedova.
Roma, 29 dic. (Adnkronos) - “Una manovra nella quale emerge la totale mancanza di visione economica del governo Meloni: competitività, occupazione, giovani, sanità, ambiente, riduzione del debito pubblico e concorrenza sono state le note a margine di una legge di bilancio in cui la parte più consistente è stata occupata dalle mancette elettorali dei partiti di maggioranza. Tutto questo è stato fatto calpestando la democrazia parlamentare, riducendo al minimo non solo le possibilità di modifica ma anche di dibattito”. Lo afferma il segretario di Più Europa Riccardo Magi.
“Per fortuna, grazie alle poche modifiche fatte alla Camera, è stato possibile introdurre alcune cose positive. Attraverso un nostro emendamento, con buona pace dei pro-vita, è stato rafforzato il fondo per corsi di informazione e prevenzione rivolti a studenti delle scuole secondarie di primo e di secondo grado, relativamente alle tematiche della salute sessuale e dell’educazione sessuale e affettiva; inoltre è stato confermato e rafforzato il bonus psicologo ed è stato istituito il Fondo per il servizio di sostegno psicologico in favore delle studentesse e degli studenti. Sono piccoli ma importanti passi avanti, nonostante - conclude Magi - un governo oscurantista e antiscientifico”.
Roma, 29 dic. (Adnkronos) - Se l'obiettivo del 2024 era quello di rafforzare il Pd e blindare la leadership, Elly Schlein può chiudere l'anno con un bilancio positivo. I dem sono nettamente il primo partito dell'opposizione e chi vince, si sa, difficilmente viene messo in discussione. Se a questo, però, la segretaria sperava di aggiungere anche l'avvio di un nuovo centrosinistra da contrapporre alla destra di Giorgia Meloni, le cose non sono andate per niente bene. La coalizione ancora non c'è, un'alternativa solida e credibile nemmeno e gli esiti dello sforzo 'testardamente unitario' di Schlein tutti da verificare. Sarà la sfida cruciale del 2025. E le insidie non mancano.
IL MANTRA DELL'UNITA', SCHLEIN E L'INEDITA PAX DEM - All'assemblea nazionale Pd di metà dicembre, Schlein ha presentato la nuova tessera dem per il 2025. Dopo gli occhi di Enrico Berlinguer del 2024, sarà uno slogan indicativo a segnare la direzione dell'anno che sta per iniziare: 'Unità'. "E' una parola bellissima e impegnativa ma soprattutto un programma, un metodo, un approccio alle cose”, ha spiegato la segretaria. Un messaggio rivolto ad alleati riottosi ma anche all'interno. Con Schlein si è realizzata una inedita pax dentro il Pd. Complice l'approccio unitario di Stefano Bonaccini, il perdente al congresso. Hanno pesato anche i continui appuntamenti elettorali del 2024: un voto quasi ogni mese è stato argine alle polemiche interne. E un Pd insolitamente poco litigioso è stato premiato nei consensi riportando i dem stabilmente ben sopra il 20 per cento e accorciato la distanza da Fdi di Meloni. Schlein riuscirà a mantenere la pax anche nel 2025?
DAL TIMORE DEL SORPASSO M5S ALLE EUROPEE AL PD PIGLIATUTTO - Se c'è un dato di chiarezza che il 2024 ha portato nel campo delle opposizioni è quello sui rapporti di forza. Il Pd chiude l'anno in uno stato di salute che era difficile prevedere. Era aprile, mancavano appena due mesi alle europee, quando tutti i sondaggi davano il Movimento 5 Stelle a una incollatura dai dem. Il timore del sorpasso serpeggiava tra i capanelli Pd in Transatlantico. Dopo due mesi di campagna elettorale in cui Schlein ha battuto il Paese insistendo su pochi temi chiave - la difesa della sanità pubblica, lavoro e salari innanzitutto -, è finita con quasi 15 punti di scarto tra i due partiti: 24,1 il Pd e 9,9 i 5 Stelle. Una caratterizzazione che ha premiato. Insieme alla potenza di fuoco, squadernata in termini di preferenze, dal 'partito degli amministratori': Stefano Bonaccini, il recordman del Sud Antonio Decaro, Dario Nardella, Giorgio Gori, Matteo Ricci, l'ex-presidente Nicola Zingaretti.
Un trend che si è confermato anche con le vittorie 6 a 0 nei capoluoghi di regione a giugno. E poi in autunno nelle regionali in Emilia Romagna e Umbria: con Michele De Pascale, sindaco di Ravenna, il Pd vola al 42,9% e arriva al 30,2% con Stefania Proietti, sindaca civica di Assisi. E pure in Liguria dove la vittoria è sfuggita di un soffio ad Andrea Orlando, il Pd è comunque primo partito con il 27,6%, doppiando quasi Fdi. Ma accanto al successo dem, ci sono i 5 Stelle in caduta libera, la quasi scomparsa a livello regionale delle formazioni centriste. Schlein riuscirà a dar vita a una coalizione competitiva?
SCHLEIN LA ZEN E LE TENSIONI CON I 5 STELLE - "Il mio avversario è la destra di Meloni, non dirò mai una sola parola contro le altre forze di opposizione". Schlein la Zen. E' questo il segno che la segretaria del Pd ha dato ai rapporti, spesso molto difficili, con i 5 Stelle e Giuseppe Conte nel corso dell'anno che si sta chiudendo. Sono state soltanto due le volte, in cui Schlein ha rotto la linea che si è autoimposta. La prima quando in un incontro alla Camera, Conte le disse in faccia che il Pd è un partito "bellicista". Dopo 24 ore e con i dem in subbuglio, arrivò la replica: "Dal M5S esigo rispetto, basta con i continui attacchi e le mistificazioni che non servono a costruire l’alternativa. Se Conte attacca più noi che il governo Meloni sbaglia strada".
La seconda quando Conte annullò le primarie per le comunali a Bari alla vigilia dei gazebo. “Non ci sono più le condizioni per svolgere seriamente le primarie”, disse il leader M5S a seguito di alcune inchieste giudiziarie. Sulla 'questione morale', non ci fu Zen di sorta a tenere Schlein. La segreteria andò a Bari e dal palco la replica a Conte fu durissima in difesa dell'onorabilità del Pd e con l'accusa ai 5 Stelle di slealtà. “Ritirarsi dalle primarie a tre giorni dal voto è uno schiaffo alle persone perbene. Una scelta unilaterale che rappresenta un favore alle destre”. Fu rottura e alla fine a vincere a Bari è stato il candidato dem, Vito Leccese, al secondo turno con il 70%. Da allora, la segretaria ha ripreso la linea Zen. Nonostante un fine anno teso con i 5 Stelle che, pure dopo la vittoria di Conte su Grillo alla Costituente, restano riottosi all'alleanza: 'progressisti indipendenti', la definizione del leader M5S. Che ha fatto vacillare la pazienza di Schlein. "So bene che i processi di maturazione richiedono pazienza ma allo stesso tempo -ha detto la segretaria all'assemblea nazionale di metà dicembre- non possiamo passare il prossimo anno ognuno a farci gli affari propri, pensando rinviare alla vigilia delle politiche la sintesi e la costruzione dell'alternativa che dobbiamo alla nostra gente". Riuscirà Schlein a stringere un'alleanza organica con i 5 Stelle?
IL CENTRO E I SUOI FEDERATORI - "Il rischio è quello di avere una Quercia addirittura senza cespugli, ma solo circondata dall'erba". Parola di Romano Prodi dopo le regionali in Emilia Romagna e Umbria. Un rischio sentito da molti nel Pd, specie da chi avverte la mancanza di una gamba centrista alla coalizione che si cerca di costruire. Diversa dal fu Terzo Polo di Matteo Renzi e Carlo Calenda. In questi mesi si è parlato di possibili federatori: da Beppe Sala per un'area liberale e riformista a Ernesto Maria Ruffini con un taglio più cattolico-democratico. Al momento i lavori sono in corso ma il successo è tutt'altro che scontato. Schlein, da parte sua, sulle ipotesi in campo non ha proferito parola. C'è chi sostiene che un eventuale federatore del centro potrebbe diventarlo dell'intera coalizione 'scippando' a Schlein la candidatura a palazzo Chigi. Riuscirà Schlein a conquistare la premiership della coalizione?
DE LUCA, ARMI E SALVA MILANO, I PRIMI NODI DEL 2015 - Nell'anno che sta per aprirsi, ci sono almeno due o tre nodi che Schlein troverà già ad attenderla. Due sono materie parlamentari: la questione dell'Ucraina e delle armi e quella del cosiddetto Salva Milano. Su entrambe le questioni ci sono diverse sfumature tra i dem e su entrambe il Pd è sotto il fuoco amico di M5S e anche di Alleanza Verdi e Sinistra. Il rischio di una spaccatura delle opposizioni è quasi una certezza. A gennaio poi è attesa la sentenza della Consulta sul referendum contro l'autonomia. Se fosse ammissibile potrebbe al contrario rappresentare l'occasione per una battaglia unitaria di tutte le opposizioni. E sempre a gennaio, entro il 10, il governo dovrà decidere se impugnare o meno la legge De Luca per il terzo mandato. Schlein non ne vuol sapere di ricandidare il presidente campano e lui non ne vuol sapere di non ricandidarsi. La decisione di Meloni sarà determinante. Riuscirà Schlein a tenere la Campania a guida centrosinistra?