Il 10 aprile il killer pentito del clan dei Casalesi Oreste Spagnuolo, col volto nascosto da un passamontagna nero, ha rilasciato una lunga videointervista a Sandro Ruotolo di “Servizio Pubblico”, raccontando le estorsioni al superboss Michele Zagaria e l’omicidio del padre del sindaco di Calvizzano. Qualche mese dopo l’avvocato di Spagnuolo ha scritto ad alcuni giornalisti della cronaca giudiziaria campana invocando il “diritto all’oblìo” per il suo assistito e chiedendo l’immediata rimozione di foto e articoli che lo ritraggono e ne descrivono il passato.

In punta di diritto non c’è contraddizione. L’avvocato Luigi Ferrone sostiene infatti che la permanenza su Internet di informazioni e fotografie può mettere a rischio “la sicurezza e l’incolumità del collaboratore di giustizia ammesso al programma di protezione” ed infatti uno dei pezzi è corredato da una immagine di Spagnuolo, accompagnato da due carabinieri, perfettamente riconoscibile. Ma la garbata lettera del legale solleva interrogativi sui quali non esistono ancora risposte chiare. Può un protagonista di un’efferata stagione di omicidi e di terrore nel casertano chiedere che l’opinione pubblica ne dimentichi le gesta? Dove finisce il diritto di cronaca e comincia quello all’oblìo? Se una persona accetta di farsi intervistare in tv, può contemporaneamente sollecitare l’eliminazione delle notizie che lo riguardano? E si potrebbe proseguire all’infinito.

Peraltro, stiamo parlando di un personaggio di peso della storia della camorra. Oreste Spagnuolo apparteneva all’ala stragista guidata da Giuseppe Setola. Faceva parte del commando che il 18 settembre 2008 fece irruzione in una piccola sartoria di Castelvolturno esplodendo 130 colpi di pistola e di mitraglietta ad altezza d’uomo ed uccidendo sei immigrati. Un massacro. Spagnuolo si pentì pochi giorni dopo la cattura, avvenuta il 30 settembre 2008. Ora è imputato in decine di processi, è stato già condannato diverse volte con sentenze non definitive che gli hanno concesso gli sconti di pena riservati ai pentiti. Su di lui sono stati scritti centinaia di articoli e un libro, “Confessioni di un killer”, di Daniela De Crescenzo, una giornalista del Mattino che ne ha raccolto e sintetizzato la biografia così come raccontata dalla voce del protagonista: “Bello uccidere, ti dà una sensazione di onnipotenza”.

Il diritto all’oblìo è regolamentato da una direttiva in materia di trattamento dei dati personali. Una sentenza di corte di Giustizia europea del 13 maggio 2014, ricorda l’avvocato Ferrone, “ha ritenuto meritevole di tutela la pretesa di un soggetto di non vedere comparire, tra gli elenchi dei risultati delle ricerche, le pagine web che ospitano contenuti che lo riguardano, qualora questi stessi contenuti gli arrechino pregiudizio e sia altresì trascorso un lasso di tempo dalla pubblicazione della notizia tale da non giustificare più la permanenza nel pubblico dominio di queste informazioni”. A differenza degli articoli pubblicati solo sui giornali di carta, che a distanza di anni diventano praticamente introvabili e inconsultabili, ciò che si scrive sul web è per sempre e a disposizione di chiunque disponga di una connessione. A meno che non venga cancellato. Dall’autore, o dall’intervento di un giudice.

 

 

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