“Il tuo amico è morto perché era un drogato. Anche tu sei un drogato. Siete tutti dei drogati. Dicci da chi avete preso la droga: così abbiamo saputo come fosse morto il nostro migliore amico", raccontano Andrea Boldrini, Matteo Parmeggiani e Paolo Burini
Sono i “drogati”, i “tossici”, gli “sciacalli”. Dieci anni dopo Andrea Boldrini, Matteo Parmeggiani e Paolo Burini (nella foto) sono insieme per ricordare il loro migliore amico. Si chiamava Federico Aldrovandi. Per lui erano Boldro, Parme e Burro. L’ultima volta che hanno visto il loro coetaneo è stata la notte tra il 24 e il 25 settembre del 2005. Andrea e Matteo erano al Link di Bologna con Federico. Paolo l’aveva salutato poche ore prima che la comitiva di amici partisse per seguire un concerto.
Quella mattina di dieci anni fa è un drammatico risveglio. Vengono raggiunti al telefono dalla questura. Devono presentarsi immediatamente in corso Ercole I d’Este, il centro storico di Ferrara. Dall’altra parte della cornetta una voce sbrigativa non dà spiegazioni. È urgente. Il primo a salire le scale e a sedersi davanti agli inquirenti è Paolo. Chi lo interroga ha sulla giacca la targhetta “Narcotici”. Chiede come stesse Aldro. “Così, così”. E via domande sulle sostanze. Arriva un poliziotto con il camice bianco. Crede sia il medico legale. Lo sconosciuto lo fissa ininterrottamente per alcuni minuti, poi fa per andarsene. Burro prende coraggio e chiede come sta Federico. “Il tuo amico è morto perché era un drogato. Anche tu sei un drogato. Siete tutti dei drogati. Dicci da chi avete preso la droga”.
“Così ho saputo come fosse morto il mio migliore amico” racconta oggi. A processo disse anche che chiese di correggere una frase scappata al dattilografo: “io non ho mai detto che Federico lavorava la sera in pizzeria come pony express per pagarsi le dosi”. All’uscita dalla questura gli tocca un’altra dura prova. “ho dovuto dire a un altro nostro amico, Michele, che Aldro non c’era più”.
Trattamento non diverso è stato riservato a Boldro e Parme. I giorni successivi li hanno passati a leggere i titoli dei giornali suggeriti dalla Polizia: “torchiati gli amici del morto”, “scaricato da un’auto in corsa” fino allo “sciacalli” gridato questo mesi dopo in conferenza stampa dal segretario nazionale del Spa Tonelli. Oggi i “tossici” e gli “sciacalli” di dieci anni fa sono uno accanto all’altro. La timidezza che avevano sul banco dei testimoni ha lasciato spazio a volti di ragazzi maturi. Il sorriso c’è, la voglia di scherzare spensieratamente anche. Rimane in fondo allo sguardo un velo di malinconia. “Siamo diventati adulti tutto d’un colpo – alza le spalle Boldro -. Far parte di una storia come questa ti lascia il segno. E ti fa aprire gli occhi su come vanno le cose al mondo. Non dico che sia come fare la guerra, ma all’improvviso guardi tutto attorno a te in modo diverso, disincantato”. “La vicenda di Federico ha modificato la vita di tutti” ammette Burro. Sua la mano che disegnò il primo “logo” di Aldro, vestito con un kimono, con le ali d’angelo e lo sguardo di rimprovero. “È stata una battuta d’arresto”. Da allora c’è chi ha smesso gli studi, chi ha voluto andare all’estero. “Chi – aggiunge Parme – ha voluto rimanere per testimoniare a tutti che la battaglia per ottenere giustizia e verità sulla morte di Federico appartiene a tutti”.
Oggi sono tutti e tre assieme, come dieci anni fa. Mancano un nome e un volto al loro abbraccio. “La curiosità più grande – confida Burro – è chiedersi come sarebbe oggi, a 28 anni, Federico. Quali passioni avrebbe coltivato, quali fantasie realizzato”. “A chi oggi mi chiede chi fosse Federico – prosegue Boldro – rispondo che era un ragazzo di 18 anni e, purtroppo, è rimasto un ragazzo di 18 anni”.In questi anni tutti loro sono stati accusati, da chi non ha assistito al processo o letto resoconti o sentenze, di averlo abbandonato quella notte alle 5. In realtà Federico, come spesso faceva, chiedeva di essere lasciato al parchetto per rincasare a piedi. “Aldro aveva bisogno di aiuto dopo – si arrossiscono gli occhi di Parme -, in via Ippodromo, quando incontrò i poliziotti. E purtroppo chi doveva aiutarlo non l’ha fatto. Nemmeno quando lo implorava sotto i colpi dei manganelli”.Oggi i “drogati”, i “tossici”, gli “sciacalli” si sono costruiti una vita. E il ricordo del loro amico non li ha abbandonati. Andrea ha chiamato il suo primo figlio Federico. Paolo per sposarsi ha scelto al data del 17 luglio. Il 17 luglio del 1987 nasceva Federico, che ancora oggi ha 18 anni.