“Trasferimento in Nuova Zelanda o demansionamento per salvare il posto di lavoro: è un ricatto”. L’attacco della Fiom-Cgil e della Fim-Cisl fiorentina è rivolta ai vertici della Navico, multinazionale con sede a Oslo produttrice di radar e altri sistemi tecnologici per la navigazione: due lavoratori 50enni impiegati nel reparto “Ricerca e sviluppo” dello stabilimento nel Comune di Montespertoli (FI) hanno infatti ricevuto la lettera di licenziamento perché si sono rifiutati di trasferirsi a Auckland. L’azienda lascia però aperto uno spiraglio: il posto di lavoro potrebbe esser salvato solo se i due accettassero un demansionamento (con probabili conseguenze negative sulla busta paga).
“La richiesta del trasferimento in Nuova Zelanda – dichiara a ilfattoQuotidiano.it Stefano Angelini della segreteria della Fiom fiorentina – è solo una proposta strumentale per mettere con le spalle al muro i due lavoratori e costringerli a accettare condizioni contrattuali peggiori: questo ricatto non può però essere approvato”. Il direttore generale Gianluca Landi al Quotidiano Nazionale dichiara: “Navico è un gruppo mondiale che agisce seguendo economie di mercato, da qui la proposta del trasferimento in un dipartimento florido come quello neozelandese”. Secondo Landi il demansionamento “è tutt’altro che un atto punitivo, bensì una seconda opportunità lavorativa: anziché uscire dall’azienda si resta comunque nella produzione“.
La Navico occupa presso lo stabilimento fiorentino di Montagnano Val di Pesa 47 addetti. “L’azienda – spiega Angelini – dice che nello stabilimento di Montespertoli non sarà più prevista la specifica posizione lavorativa dei due dipendenti e così è scattata la proposta del trasferimento a Auckland“. Una vera e propria “doccia fredda” anche perchè “nel piano industriale presentatoci pochi mesi fa non si faceva riferimento a alcuna criticità“. I due lavoratori (“alto profilo professionale”) hanno rifiutato il trasferimento (“è una proposta irricevibile, stiamo parlando di padri di famiglia“) e così una decina di giorni fa hanno ricevuto la lettera di licenziamento.
I sindacati hanno subito proclamato lo stato d’agitazione e indetto uno sciopero di solidarietà. “Stamani abbiamo scioperato altre due ore: l’azienda ritiri i licenziamenti e apra il confronto” è la richiesta di Flavia Capilli, funzionaria della Fim-Cisl di Firenze. A quanto si capisce l’azienda sarebbe però disposta a ritirare i licenziamenti solo se i due lavoratori accettassero un demansionamento: “Non è però ancora chiaro – precisa Angelini – quali sarebbero gli eventuali contraccolpi negativi su livelli, retribuzione e altri aspetti contrattuali: la questione è aperta”.
Il sindacalista poi ci tiene a precisare: “In questa storia il Jobs act non c’entra nulla”. L’incontro alla Direzione provinciale del lavoro per scongiurare il licenziamento effettivo (gli ingegneri sono tuttora al lavoro) è in agenda il prossimo 7 ottobre: “I due lavoratori – prosegue l’esponente Fiom – sono disponibili a qualsiasi percorso formativo per essere impiegati in altri reparti: la loro professionalità dev’esser però tutelata. Invitiamo l’azienda al confronto: no a decisioni unilaterali“. Angelini invita perciò “a togliere dal tavolo del confronto i licenziamenti e qualsiasi altro elemento ricattatorio“. La lotta del sindacato è anche finalizzata a inviare un messaggio ben preciso: “Le multinazionali non possono ricattare i dipendenti, ponendoli davanti al bivio tra un trasferimento improponibile e il demansionamento: se la diga si rompe è finita”.
Aggiornato da Redazione Web alle 12.14 del 26 settembre 2015