Cultura

Stagione teatrale a Firenze 2015-’16, abbondano le eccellenze

Firenze (e dintorni) sogna, come cantava un Piero Pelù ancora e sempre antirenziano (“Ci dica che cosa ha fatto quando era alla presidenza nel semestre europeo”). Ormai a sinistra sono rimasti il cantante dei Litfiba (che lamenta la mancanza di un assessore alla cultura a Firenze) e Papa Francesco. Firenze, teatralmente, esonda come ogni tanto fa l’Arno. Tanta scelta, tanta carne al fuoco. Tutte le sere a teatro. Andiamo per ordine: il Teatro della Pergola ha contratto matrimonio con il Teatro Era di Pontedera (due fondazioni) divenendo Teatro Nazionale, il Teatro Puccini ha messo in piedi una programmazione di tutto rispetto dopo due anni in sordina e sottotono, il Teatro Metastasio di Prato, ex Stabile della Toscana, non sta a guardare e presenta un cartellone lucido e ragionato dove abbondano eccellenze.

Al Puccini le due linee guida, comicità e impegno civile, sono state rispettate. Si parte con l’attesa ripresa de “Le Cognate” (dal 30 settembre al 4 ottobre) del Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino, in trasferta fiorentina all’interno di “Intercity”. Dopo molti anni una delle regie di Barbara Nativi, a dieci anni dalla sua scomparsa, che hanno reso celebre da una parte il quebecchese Tremblay e dall’altro il teatro adesso diretto da Dimitri Milopulos. Nell’impegno ci mettiamo Lella Costa che legge “Il pranzo di Babette”, così come Giobbe Covatta in una sua rilettura della Divina Commedia, Baliani con “Trincea”, sulla Grande Guerra a cento anni dal triste inizio della macelleria rusticana, e Giuseppe Cederna con “L’ultima estate dell’Europa”, sempre ricordando quel terribile ’15-’18, fino ad arrivare ad Ascanio Celestini ed il suo nuovo “Laika”, Marco Paolini, la novità di Antonio Rezza. Tra i giornalisti, sono sempre più quelli che alla tastiera alternano il palco, ecco Federico Buffa con “Le olimpiadi del ’36”, Severgnini sul “Viaggio”, Augias, Travaglio, Scanzi. Il nostro voto è ampiamente positivo.

Il Metastasio di Prato ha perso la stabilità, e non è divenuto Nazionale ma ha ottenuto a bilancio 300.000 euro in più. L’ex direttore Paolo Magelli però aggiunge: “Dovevano darci 200.000 euro in più, sono molto arrabbiato che Umbria, l’Elfo e il Teatro Due di Parma siano davanti a noi in graduatoria”. L’idea è quella di rifarsi ad un “modello francese” divenendo una “maison de la culture”, ampliando le collaborazioni con Fondazione Toscana Spettacolo, con il carcere, con il TPO ed il suo nuovo spazio. Per la nuova direzione si ipotizza Franco D’Ippolito, a Prato con Tiezzi poi passato al settore cultura alla Puglia di Vendola, uno di cui ci si può fidare. Nella nuova stagione il teatro starà aperto 247 giorni con punte come Edoardo Erba, Binasco, Castellucci, Pippo Delbono, Latella, Lo Cascio. Magelli lascia con in eredità una piccola retrospettiva dei suoi lavori, ma tant’è. Stagione internazionale con le riserve dei soliti De Filippo, Pirandello e Goldoni.

Alla Pergola (con l’aggiunta di Pontedera) si gongola. Aperta la nuova scuola di formazione attoriale per la direzione di Pierfrancesco Favino, una “bottega” che negli intenti dovrebbe ricordare quella fiorentina gassmaniana, non tralasciando il metodo Orazio Costa, tanto caro al direttore Marco Giorgetti: “Un teatro non per il pubblico, ma per la società”, dice quest’ultimo citando Paolo Grassi. Eccoli schierati: Roberto Bacci, Luca Dini, Giorgetti e Gabriele Lavia. “Non all’Europa delle banche ma all’Europa della cultura”, tuona Maurizio Scaparro, in qualche modo “fatto fuori” da questa fusione ad alta temperatura (benedetta da Renzi sul grande e da Enrico Rossi sul locale). Pontedera (41 anni di storia sulle spalle) porterà le sue internazionalità dal brasiliano Cacà Carvalho a Peter Brook, fino alle regie rumene di Bacci e le nuove produzioni, su tutte ricordiamo i Carrozzeria Orfeo e Simone Perinelli (attenti a questi nomi). Si parte con “Vita di Galileo” da Brecht, per la regia di Lavia, che da molte stagioni inaugura il cartellone, ritorna Filippo Timi, sempre campione d’incassi tra trash e autorialità, stavolta con “Casa di bambola”. Non mancano i big, da Fabrizio Bentivoglio e Sergio Rubini impegnati in “Provando, dobbiamo parlare”, o Luca Zingaretti, Umberto Orsini e Alessio Boni, Rocco Papaleo e la Marchesini, Eugenio Finardi. Tre le drammaturgie firmate da Francesco Niccolini, segno che qualcosa nel sottobosco si sta muovendo.