Per il leader del partito il voto catalano è stato "altamente deludente". A determinare il risultato negativo anche la scarsa attrattiva di Iglesias - più proiettato verso le politiche - e la competizione persa sui temi cari all’estrema sinistra
“Il voto catalano disegnerà l’ordine di partenza verso le prossime elezioni nazionali”. Pablo Iglesias, leader di Podemos, usò una metafora automobilistica, durante gli ultimi giorni di campagna elettorale spesi tra Barcellona, Girona, Lleida e Tarragona, per analizzare il voto delle urne. Visti i risultati, la macchina Podemos non solo non si è avvicinata alla pole position ma si è classificata nelle retrovie per errori di scuderia.
Podemos, o meglio Catalunya Sí que es Pot, la formazione unitaria con ICV (Iniciativa per Catalunya Verds), Esquerra Unida ed Equo, è il grande sconfitto, dietro al Partito Popolare di Mariano Rajoy, delle urne catalane. Il leader con il codino, cupo in volto, ieri sera dalla sede centrale di Madrid non ha usato giri di parole per commentare il risultato: “È stato altamente deludente”. 11 seggi, 364.823 voti complessivi per un misero (8,93%), una manciata di voti in più del partito del premier Rajoy. Podemos non si aspettava certo di arrivare a governare la Regione ma nemmeno finire a pari merito con i Popolari. Per fare un confronto, in occasione delle elezioni per il sindaco di Barcellona – dove era riuscito a portare alla vittoria Ada Colau – il partito di Iglesias aveva raccolto il 25,21% dei consensi (176.337 voti), mentre domenica 27 settembre nella capitale della Catalogna è arrivato solo al 9,79% (85.853 preferenze)
Quali sono le cause della sconfitta? Tre i fattori principali: attrattiva nulla in Catalogna del leader professore, assenza di una posizione chiara a favore o contro l’indipendentismo, competizione persa sui temi cari all’estrema sinistra.
Pablo Iglesias è il leader politico nazionale che più si è speso nella campagna elettorale, partecipando a più di dieci atti pubblici a favore del suo candidato Lluís Rabell, soprattutto nelle ultime settimane dopo una trasferta ad Atene per gioire insieme ad Alexis Tsipras. La sua presenza in Catalogna (lui che è di Madrid) non ha fatto da traino alla proposta unitaria perché non esprimeva un valore aggiunto al programma di Catalunya Sí que es Pot ma solamente un appoggio a un candidato debole a livello mediatico.
La prima causa va a braccetto con la seconda, ovvero l’assenza di una scelta chiara sull’indipendentismo. È noto come più che un voto per il governo della Catalogna quello di ieri era un referendum mascherato sulla voglia di secessione da Madrid. Si può discutere se ha vinto o ha perso l’indipendentismo – a seconda di come si calcala la vittoria, per seggi o per numero complessivo di schede – ma era chiaro fin da subito quali erano i partiti pro o contro la separazione: da un lato Junts pel si del Presidente uscente Artur Mas e la Cup di estrema sinistra, dall’altro Ciudadanos, il Partito socialista e il Partito popolare.
Podemos è rimasto a metà del guado, forse per non sporcarsi troppo le mani in vista delle elezioni nazionali. Usare toni troppo forti a favore del separatismo avrebbe pagato dazio il prossimo dicembre, usare toni troppo deboli avrebbe avvicinato Iglesias ai leader dei partiti nazionali, come Pedro Sanchez del Psoe. E così Podemos ha puntato sui temi sociali, su una campagna di responsabilità e su una proposta di referendum non troppo convinta. Non schierarsi ha pagato caro, molto caro.
Ultimo punto, ma non meno preoccupante, è la battaglia persa contro la Cup. L’estrema sinistra di Antonio Baños sarà l’ago della bilancia del prossimo Parlamento. Senza i loro voti Artur Mas non potrà essere rieletto e non è nemmeno scontato che sarà lui il prossimo Presidente della Generalitat. La Cup ha preso quasi gli stessi voti di Podemos e un solo seggio in meno ma avrà un potere enorme di veto.
Dove ha trovato i voti? Soprattutto tra i militanti, abbracciando l’idea di una Repubblica catalana fondata su maggiori diritti e minori privatizzazioni, temi cari al partito di Iglesias. Un’idea che ha avvicinato molto le fasce più povere della popolazione.
A Barcellona, solo pochi mesi fa, la piattaforma Barcelona en Comù di Ada Colau, appoggiata da Podemos, vinse a sorpresa le elezioni amministrative con il 25% dei voti, un successo storico contro la CiU del Presidente Mas. La stessa formazione che si è presentata ieri e ha perso sonoramente. Errori di strategia, di comunicazione e di leadership hanno relegato Podemos nelle retrovie catalane. Per le nazionali c’è tempo fino a dicembre.