Ha deciso di collaborare con la magistratura l'uomo accusato di avere fornito parte del tritolo utilizzato per assassinare il giudice Giovanni Falcone
È l’uomo che ha fornito parte dell’esplosivo utilizzato per fare strage del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e per tre uomini della scorta. Adesso ha deciso di collaborare con la magistratura. Nel processo bis sulla strage di Capaci spunta infatti un nuovo pentito: si tratta di Cosimo D’Amato, il “pescatore di bombe“, già condannato in abbreviato a 30 anni di carcere.
La notizia è emersa nell’ultimo udienza del processo in corso davanti la corte d’assise di Caltanissetta, quando il pm Stefano Luciani ha chiesto l’audizione di D’Amato. Sulla richiesta devono ancora pronunciarsi i legali degli imputati, i quali, prima di decidere se opporsi o meno, hanno chiesto che venissero depositati i verbali integrali di D’Amico, senza gli omissis. Sotto processo, con l’accusa di strage, ci sono i mafiosi Salvo Madonia e Vittorio Tutino, assieme a Giorgio Pizzo, Cosimo Lo Nigro e Lorenzo Tinnirello. Ad accusare D’Amato di avere avuto un ruolo nella strage che uccise Falcone era stato Gaspare Spatuzza.
L’asfalto di Capaci, infatti, non era imbottito soltanto dal tritolo procurato da Giovanni Brusca: sotto l’autostrada che collega Palermo con l’aeroporto, c’era anche un altro tipo di esplosivo, proveniente dalle bombe inesplose della seconda guerra mondiale. Che dai fondali di Palermo erano finiti nelle disponibilità dei boss di Brancaccio, e poi sotto la lingua d’asfalto all’altezza dello svincolo di Capaci. Sull’Attentatuni, D’Amato sembra confermare il racconto di Spatuzza sul coinvolgimento della cosca mafiosa di Brancaccio, accusando anche Giuseppe Barranca e Cristofaro Cannella.
Nella stessa udienza in cui è emersa la decisione di “saltare il fosso” da parte di D’Amato, è stato ascoltata anche la deposizione di Giovanni Aiello, l’ex poliziotto accusato di essere Faccia da Mostro, il killer col volto deturpato che agiva a cavallo a sostegno di operazioni di mafia. “Signor presidente, le chiedo scusa, ma mi sento travolto da un mare… da un turbine di cose che non riesco a comprendere e quindi mi avvalgo della facoltà di non rispondere“, sono le uniche parole che ha detto sedendosi davanti alla corte d’assise. Aiello ha avuto la possibilità di avvalersi della facoltà di non rispondere in quanto risulta attualmente coinvolto in un’altra indagine e quindi è imputato di reato connesso.