Sempre più pensionati italiani decidono di emigrare e farsi pagare la pensione all’estero. Con il risultato che ogni anno “esce” dalla Penisola circa 1 miliardo di euro sotto forma di assegni e trattamenti assistenziali, mentre i consumi e il gettito fiscale diminuiscono di conseguenza. A riequilibrare i conti sono i contributi previdenziali dei quasi 200mila immigrati che hanno lavorato nel nostro Paese ma non ricevono la pensione perché sono tornati in quello di origine. A fare i conti è stato il presidente dell’Inps, Tito Boeri, presentando il rapporto “World Wide Inps”. L’economista ha sottolineato che è “paradossale” che “continuiamo a pagare” prestazioni a pensionati che vivono in altri Paesi “e che magari hanno un’assistenza di base”, mentre “in Italia non ci sono strumenti contro la povertà e una rete di base proprio perché si dice non ci siano le risorse”. E ha auspicato che con i contributi di chi non ha la cittadinanza italiana venga costituito un fondo per finanziare politiche di integrazione.
A tenere in equilibrio i conti ci pensano quei 198mila stranieri, nati prima del 1949, che hanno lavorato in Italia versando contributi per oltre 3 miliardi di euro e non ricevono prestazioni previdenziali. Negli ultimi anni gli stranieri versano mediamente contributi annui tra i 7 e gli 8 miliardi di euro annui e il 5% di questi contributi non dà luogo a prestazioni, con la conseguenza che si crea ogni anno un “tesoretto” di 375 milioni di euro. “Perché non fare un fondo per investire su politiche dell’integrazione degli immigrati attingendo a un alto ‘free riding’ sui contributi degli immigrati?”, si è chiesto Boeri.