Cesare Tavella, il cooperante italiano ucciso a Dacca, nel Bangladesh, è stato raggiunto da tre colpi d’arma da fuoco sparati da dietro e da distanza ravvicinata. E’ quanto è emerso dall’autopsia realizzata sul suo cadavere. L’attentato è stato rivendicato dall’Isis. Eppure secondo il ministro dell’Interno del Bangladesh, Asaduzzaman Khan Kamal le agenzie di investigazione non hanno trovato alcun legame con il presunto Stato islamico. Secondo il governo il Califfato in Bangladesh non esiste e che chiunque abbia tentato di reclutare membri per il gruppo nel Paese è stato arrestato.
Di sicuro, però, il Paese a maggioranza musulmana è da anni nel mirino dei fondamentalisti islamici. Gli stessi cooperanti erano stati colpiti in passato. Fra il 22 novembre 2004 e il 15 gennaio 2005 nel Bangladesh occidentale vennero compiuti attentati durante numerose sagre di villaggio e spettacoli musicali, teatrali o di danza, provocando diversi morti e feriti. Brac e Grameen Bank, due delle più prestigiose Ong del Paese, stimate soprattutto per il loro contributo allo sviluppo rurale e attente ai programmi femminili, furono oggetto di attentati con esplosivi.
Il problema in Bangladesh è sfuggito da tempo sia al governo incapace di fronteggiare il fenomeno e sia alle agenzie di intelligence. Le centrali operative del Bangladesh (il Directorate General of Forces Intelligence, la National Security Intelligence, la Special Branch e la Detective Branch) non riuscirono a impedire che il 7 maggio 2004 una granata uccidesse il deputato dell’Awami League Ahsanullah Master, né l’attacco al santuario di Hajrat Shahjalal a Sylhet il 21 maggio 2004, in cui 2 persone persero la vita e oltre 100 rimasero ferite (fra di loro l’Alto Commissario britannico nel Bangladesh Anwar Choudhuri), ma nemmeno l’assassinio del professore Mohammad Yunus della Rajshahi University il 24 dicembre 2004 o l’uccisione dell’ex diplomatico e ministro delle Finanze del Bangladesh, Sams Kibria, avvenuta a Sylhet il 27 gennaio 2005. Tutto ciò a dimostrare di come negli anni il terrorismo di matrice islamica avesse avuto vita facile.
Ciò nonostante sulla morte del cooperante italiano restano dei dubbi visto che nel paese asiatico operano una galassia di organizzazioni terroristiche che potrebbero usare l’Isis come sponsor propagandistico ma non direttamente collegate al Califfato. Il 21 maggio 2002 il Dipartimento di Stato americano classificò l’Hujib fra le organizzazione terroristiche più temibili operanti nell’Asia meridionale. Alcuni membri dell’Hujib, rientrati in patria dopo la guerra in Afghanistan, ricevettero addestramento militare nei campi di Cox’s Bazar, nella terra di nessuno lungo la frontiera con il Myanmar. Gli induisti e i musulmani moderati del Bangladeshi Hindus li ritengono responsabili di molte aggressioni nei confronti di minoranze religiose, intellettuali laici e giornalisti. L’Hujib controlla madrase anche in Thailandia, Cambogia, Indonesia e Brunei addestrando attivisti locali.
Non è il solo gruppo attivo in Bangladesh anzi negli anni ne sono sorti molteplici che ricevono il sostegno economico dall’Arabia Saudita e dai paesi del Golfo. L’idea di uno Stato Islamico che di fatti non esiste, non essendo tracciabili neanche i suoi confini geografici, sta risultando sempre più pericolosa proprio perché sfugge alle caratteristiche territoriali di uno Stato, ma anzi, la propaganda a macchia d’olio sta permettendo alle organizzazioni terroristiche operanti e dormienti dell’Asia Meridionale di tornare alla ribalta.