“Separato dai compagni e costretto a stare nel corridoio della scuola da solo perché omosessuale dichiarato“. La vicenda, riportata dal Giornale di Monza, riguarda un ragazzo di 16 anni iscritto al secondo anno all’Istituto cattolico professionale Ecfop della città brianzola. A costringerlo a rimanere in fondo al corridoio – hanno denunciato i genitori – è stato il preside, dopo che su Instagram è stata pubblicata una foto che ritrae il ragazzo insieme a un altro studente entrambi a petto nudo. Da qui la decisione di lasciarlo fuori dall’aula perché come hanno spiegato alcuni insegnanti ai genitori, il ragazzo con i suoi comportamenti “influenza negativamente gli altri ragazzini“. Dura la presa di posizione dell’Arcigay che ha chiesto l’intervento del ministero dell’Istruzione. Mentre il preside – dopo che il caso è finito su tutti i siti nazionali – ha cercato di fare una retromarcia sostenendo che “tutte le decisioni adottate sono state fatte nell’esclusivo interesse del ragazzino: in ogni caso non è stato tenuto in corridoio, ma in uno spazio apposito proprio per tutelarlo rispetto a quello che stava accadendo in classe”.
Da mercoledì scorso, lo studente originario dell’est Europa non può più stare in classe e la mamma, venuta a conoscenza della situazione, dopo averla documentata con fotografie, ha deciso di presentare una denuncia ai carabinieri. “Mio figlio viene discriminato solo perché è gay. I suoi voti sono buoni – dice ai militari – e gli insegnanti mi dicono che è bravo”. Ai militari la donna ha raccontato che “quando ho chiesto come mai fosse in corridoio, mi hanno spiegato che è per via di una fotografia pubblicata su Instagram nella quale mio figlio è nudo assieme a un altro ragazzo”.
In realtà, nella foto i due giovani sono ritratti dalla vita in su. “Si tratta di una fotografia scattata quest’estate e messa sui social che qualche altro compagno di classe deve aver mostrato agli insegnanti, ma non capisco dove sia il problema. Non l’ha scattata a scuola”, ha spiegato la mamma al Giornale di Monza. Dopo l’episodio, il ragazzo è tornato a casa piangendo. “Non vuole più tornare a scuola e questo mi dispiace – ha detto il padre – non è in questo modo che si educano i ragazzi”. Il direttore dell’istituto, interpellato dal quotidiano, si è limitato a rispondere con un breve comunicato: “Vi assicuriamo che non facciamo discriminazioni sessuali né razziali. La nostra attenzione – si legge nella nota – è alla formazione professionale dei giovani, seguendo il dettame della pastorale sociale della Chiesa cattolica”.
“Fatto gravissimo, inconcepibile, per il quale chiediamo l’intervento fermo e severo del Miur“. E’ l’atacco dell’Arcigay. Flavio Romani, presidente dell’associazione, denuncia: “Spetta al ministero di inviare tempestivamente i propri ispettori. Qualora le circostanze fossero confermate, e il modo in cui il dirigente scolastico rivendica i suoi provvedimenti pare lasciare pochi dubbi, sarebbero doverose l’immediata interruzione di qualsiasi forma di accreditamento pubblico e l’applicazione di qualsiasi strumento per sanzionare una pratica discriminatoria grave, perché violenta nel messaggio e estremamente dannosa. Non esiste – ha spiegato Romani – alcun catechismo che in Italia valga più della nostra Carta costituzionale“.