Habemus Targhe Tenco. Sono stati annunciati dal Club Tenco i vincitori delle Targhe 2015, che come ogni anno rappresentano il massimo riconoscimento per la canzone d’arte italiana. Eccoli:
Album in assoluto dell’anno (di cantautore): Mauro Ermanno Giovanardi con ‘Il mio stile’.
Opera prima: La Scapigliatura con ‘La Scapigliatura’.
Album in dialetto: Cesare Basile con ‘Tu prenditi l’amore che vuoi e non chiederlo più’.
Interprete di canzoni non proprie: Têtes de Bois con ‘Extra’.
Canzone singola: un ex aequo tra Cristina Donà e Saverio Lanza con ‘Il senso delle cose’, e Samuele Bersani e Pacifico con ‘Le storie che non conosci’.
Anche quest’anno non sono mancate polemiche, segno evidente – come mi è capitato di dire più o meno un anno fa – che la manifestazione viva uno dei periodi più floridi della propria, più che quarantennale, storia. Bisogna dire però che quest’anno, già a leggere i nomi dei finalisti annunciati una settimana fa, le polemiche erano decisamente meno giustificate. Si prendano a esempio i nomi per la targa più importante e difficile da vincere, quella all’album in assoluto, vinta da ‘Il mio stile’ di Giovanardi: Paolo Benvegnù, Carmen Consoli, Fabi-Silvestri-Gazzè, Mauro Ermanno Giovanardi, Iosonouncane, Max Manfredi. Questi nomi coprono un range stilistico e generazionale molto ben assortito, a riprova del fatto che, se è vero che quando nacque – a cavallo tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta – la canzone d’autore era un genere che esaltava le parole, anche se sempre in maniera unisona con la musica, oggi quell’accezione più pura è solo una delle possibili eventualità: l’espressione si è fatta antonomasia e comprende ogni modo di fare arte tramite l’oggetto-canzone.
Lo aveva dimostrato, a dire il vero, già la vittoria di Caparezza lo scorso anno. Caparezza che, peraltro, si esibiva per la quarta volta in 10 anni sul palco del Tenco. Una riflessione a parte va fatta sulla sezione per la canzone singola, a mio avviso la più affascinante. Anche qui, l’elenco dei brani finalisti era di alto livello, e le due canzoni vincitrici a pari merito sono davvero molto belle. Uno dei problemi creatisi in fase preselettiva, però, è che spesso il nome di un album importante facesse sì che la giuria pescasse in quel disco 3 o 4 canzoni (è accaduto per Paolo Benvegnù, per Iosonouncane e per Carmen Consoli) per formare l’elenco dei 50 titoli votabili. Tutto lecito, ma anche molto strano, tenendo presente che non ci si trovava di fronte ad album come ‘Crêuza de mä’ di Fabrizio De André.
La cinquina finalista era anche qui estremamente valida e ben assortita stilisticamente, ma c’è da credere che sia stato solo un caso fortuito, soprattutto se si pensa alla vittoria più che discutibile del brano ‘Lettera di San Paolo agli operai’ dello scorso anno, col medesimo meccanismo. Io credo che questa sezione abbia bisogno di una regolamentazione a parte. È stato un bene rimetterla in piedi l’anno scorso – dopo averla sospesa nel 2006 a causa della dispersione dei voti – e sarebbe quindi un grave errore toglierla di nuovo. Credo che ci sia bisogno di allargare il numero di giurati in fase preselettiva e di diminuire quello dei brani votabili per l’accesso in finale. Oggi sono rispettivamente 20 e 50: io farei il contrario.
Ad ogni modo (come avevo auspicato che accadesse), l’introduzione della giuria preliminare, avvenuta lo scorso anno, ha dato i frutti sperati. Questi risultati sono il segno che i giurati, in fase di preselezione, hanno svolto un ottimo lavoro, e rendono oggi il Premio Tenco uno ‘strumento’ estremamente attuale e vivo per capire cos’è e dove sta andando la canzone di qualità nel nostro Paese.