La società che ha rilevato lo stabilimento ex Fiat nel dicembre 2014 dice di aver messo insieme i 24 milioni previsti dagli accordi. E in ottobre punta a firmare il contratto con Invitalia per incassare 290 milioni di aiuti pubblici. Ma i sindacati fanno notare che se anche questa trattativa finirà male i lavoratori rischiano di restare senza ammortizzatori
Nell’intricata tela di Termini Imerese, arriva l’ennesima pezza appiccicata in extremis. Va avanti l’operazione Blutec, la nuova società che ha rilevato lo stabilimento ex Fiat nel dicembre 2014, ma restano le perplessità dei sindacati: i ritardi dell’azienda a trovare i capitali necessari all’operazione preoccupano le organizzazioni dei lavoratori, gettando ombre sulla capacità finanziaria della società. “Il governo ha commesso un errore nel dare già per risolta la vertenza di Termini Imerese, poiché in realtà molto lavoro è ancora da fare”, spiega Gianluca Ficco, coordinatore Uilm Uil per il settore auto.
Il 29 settembre, infatti, al ministero dello Sviluppo Economico si è tenuto l’ultimo incontro sulla vertenza, giusto il giorno prima che scadesse la cassa integrazione per i circa mille lavoratori rimasti. La tensione era alta: al capitale dell’azienda mancavano 18 milioni di euro sui 24 previsti dagli accordi e già circolavano le voci su una possibile uscita di scena della società. Ma Blutec ha assicurato di avere aggiunto 5 milioni ai 6 già presenti in cassa, arrivando a quota 11 milioni. E di avere una garanzia bancaria che copre i restanti 13 milioni. Questo dovrebbe permettere di andare avanti e scongiurare il licenziamento dei dipendenti, con la cassa integrazione in scadenza.
“Siamo contenti che la situazione si sia sbloccata – commenta Ficco – ma i ritardi nella realizzazione del progetto provocano forte preoccupazione”. Secondo gli accordi firmati lo scorso dicembre, infatti, i 18 milioni mancanti dovevano essere erogati entro fine marzo. Invece sono arrivati – e solo parzialmente – a fine settembre. E il versamento non risulta ancora nei registri della Camera di commercio di Chieti. Inoltre l’intesa di dicembre prevedeva che, entro il primo semestre del 2015, il gruppo Metec capitalizzasse la Blutec “fino al raggiungimento di 100 milioni di euro”. E ora, di quei 100 milioni, in cassa ce ne sarebbero solo undici.
D’altra parte, riferiscono i sindacati, l’azienda si è detta disponibile ad anticipare la cassa integrazione per il prossimo mese, in caso di ritardi nell’iter autorizzativo. E ha annunciato che nei primi mesi del 2016 saranno assorbiti i primi 250 lavoratori, destinati al settore della componentistica auto. Relativamente alla produzione di auto ibride, invece, ci sarà uno slittamento di qualche mese, riporta la Cisl. I sindacati spiegano infine che, entro il 15 ottobre, Invitalia prevede di firmare il contratto di sviluppo, il primo passo per il via agli aiuti pubblici: in totale si parla di circa 290 milioni di euro. La prima tranche di finanziamenti sarà di 96 milioni di euro, destinati al progetto relativo alla componentistica auto.
Al tavolo, la Uilm ha posto anche un altro problema legato alle ricadute della riforma del lavoro sugli ammortizzatori sociali.”Innanzitutto il Jobs Act riduce la durata massima possibile della cassa integrazione per ristrutturazione a 24 mesi – afferma Ficco – e vorremmo la certezza che l’accordo di Termini, in caso di bisogno, possa beneficiare del vecchio limite più lungo di 48 mesi“. Ma le perplessità riguardano anche le novità in tema di Naspi. “E’ assai dubbia perfino la possibilità di ricevere la indennità di disoccupazione alla fine del periodo di cassa – prosegue il sindacalista – Ora la legge richiede come requisito di accesso almeno trenta giorni di lavoro effettivo nell’ultimo anno e ciò priverebbe i lavoratori di qualsiasi paracadute in caso di esito negativo”. Le novità introdotte dal Jobs Act “ci preoccupano soprattutto in ragione del fatto che l’avvio della attività produttiva continua ad accumulare ritardi”.
Le preoccupazioni dei sindacati sono giustificate dalla lunga odissea del caso Termini Imerese e dai poco confortanti precedenti. Lo stabilimento siciliano è stato chiuso dalla Fiat nel 2011. Da allora, è sfilata una serie di pretendenti che, uno dopo l’altro, si sono rivelati dei bluff. Sull’impianto, e sugli ingenti aiuti pubblici legati al rilancio, avevano messo gli occhi la Cape Rev di Simone Cimino, poi travolto da guai giudiziari. Come anche l’altro pretendente Gianmario Rossignolo, patron della De Tomaso, poi fallita nel 2012. La Dr Motor di Massimo Di Risio, invece, voleva investire 150 milioni mentre non pagava gli stipendi ai propri dipendenti. Infine, è arrivata Grifa, la newco di personaggi legati a Fiat, che si è rivelata una scatola priva di capitali. Ora, è la volta di Blutec, nella speranza di un finale diverso.