La distribuzione commerciale in Italia sta vivendo una crisi profonda, che ne mette in discussione l’impianto generale e normativo.
La storia della regolamentazione del settore vide nel 1998 il decreto Bersani che riformò il commercio dopo quasi 30 anni di L. 426: sparirono le tabelle merceologiche, ridotte a 2 (generi alimentari e non alimentari). Venne eliminata l’autorizzazione per gli esercizi fino a 150 mq (nei comuni fino a 10.000 abitanti) o 250 mq (nei comuni con più di 10.000 abitanti). Per le Medie Superfici di Vendita (fino a 1.500 mq nei comuni fino a 10.000 abitanti, e 2.500 nei comuni >10.000) e grandi superfici divenne obbligatorio il parere della Conferenza di servizi.
Nel settembre del 2001 si approvò la riforma del Titolo V della Costituzione che previde soprattutto la delega alle Regioni per le materie attinenti al commercio.
Infine, nel Gennaio del 2012, entrò in vigore la riforma c.d. Salva Italia predisposta dal governo Monti, con la liberalizzazione totale degli orari di apertura, 24 ore giornaliere e 365 giorni l’anno.
La tabella precedente ci permette di analizzare l’andamento delle vendite al dettaglio in Italia dal 2012 (anno di applicazione della riforma degli orari) al Dicembre 2014.
Possiamo notare che la liberalizzazione delle aperture non ha portato particolari benefici sul totale degli acquisti. Sicuramente ha inciso la crisi globale dell’economia ed è stato un beneficio per gli occupati in altri settori, che hanno potuto effettuare acquisti o visite nei punti vendita anche la domenica, con più libertà e tempo. Vediamo comunque un calo generalizzato negli indici tendenziali in quasi tutti i mesi degli anni riportati e per ogni tipo di forma distributiva.
La tabella qui sopra riporta invece i dati scorporati per area territoriale, anno e ultimo trimestre 2014. I numeri variano di poco, anche rilevando che la tabella Istat non è ancora definitiva per l’ultimo periodo e quella Nielsen-Infoscan lavora su rilevazioni catturate in modo diverso.
E sono comunque negativi, anno su anno, rilevando la grave difficoltà del comparto commerciale e del turismo. Secondo le stime Confesercenti, nei due settori tra gennaio e dicembre hanno chiuso 91.975 imprese, a fronte di 56.677 nuove aperture, per un saldo finale negativo di 35.298 attività. E le aziende che aprono hanno una vita sempre più breve: la percentuale di quelle che cessano l’attività dopo 3 anni è ormai sopra il 40%, mentre nel 2000 era sotto il 30%.
Le imprese si sono difese con le promozioni: le ha praticate l’83% degli attori, per uno sconto medio del 27%. In totale, secondo le stime, nel 2014 la pressione promozionale (la quota di prodotti in offerta sul totale), in tutti i comparti del commercio ha raggiunto il 30%. Nel 2007 era il 22,4%.
Questi elementi fanno comunque comprendere come, al di là delle poche vendite in più ottenute con le aperture domenicali, la crisi ha colpito duramente, tanto da obbligare alla riduzione generalizzata dei margini di contribuzione e portato così alle tante scomparse rilevate dai dati ufficiali.
Federdistribuzione (organizzazione delle Imprese della Gdo) dichiara un aumento degli occupati, a parità di perimetro di consolidamento, di 4.200 unità e di circa 400 milioni di stipendi, contro un aumento dello 0,8% del fatturato (dati Nielsen). Vengono inoltre enunciati aumenti di costi per le aperture festive, pari a circa il 4% del totale annuo.
Un’altra analisi rivolta alle abitudini dei consumatori, rileva che il grande afflusso che si aveva in prossimità del sabato, il quale valeva circa il 40% degli scontrini settimanali, si è ridotto spalmandosi sulle domeniche, arricchendole anche di coloro che sarebbero andati a fare acquisti il lunedì ed il venerdì.
Infine, l’ultimo dato rilevato dalla Nielsen che vorremmo riportare, ci spiega cosa viene acquistato dai Visitatori nei negozi della Gdo (che usiamo per comodità come parametro di riferimento delle abitudini generali di acquisto)
Vediamo che in effetti la domenica viene considerata un momento per effettuare gli acquisti di prodotti primari soprattutto (alimentari ed abbigliamento), forse perché si ha più tempo e la famiglia è pressoché al completo.
Una analisi serena della situazione, ci porta a comprendere che questa normativa sta creando una ridistribuzione delle vendite per settore, ove la Gdo riesce ad aprire anche 80 ore settimanali ed intercettare i bisogni dei consumatori come sopra identificati; dall’altro lato, i piccoli negozi a gestione famigliare o con poco personale, non riescono a coprire adeguatamente i turni settimanali e tendono a venire esclusi dal circuito dei consumatori delle giornate festive che, dopo un paio di anni di nuovo regime, sono diventati una platea compatta e dalle abitudini consolidate. Il risultato nel lungo periodo sarà uno spostamento importante di consumi, soprattutto quelli della fascia medio-bassa, a favore delle grandi superfici che, anche se attualmente con alcuni evidenti problemi finanziari, stanno operando uno sforzo di conquista delle nuove abitudini di consumo, a scapito di piccole realtà dei centri città (che spesso soffrono anche di altri problemi di accesso e strutture) e degli stessi punti vendita delle gallerie commerciali presenti all’interno dei parchi commerciali.
Spazio Economia per Italia Aperta
Le pagelle dei cittadini sui provvedimenti pubblici: promossi e bocciati
Economia & Lobby - 30 Settembre 2015
Liberalizzazione degli orari del commercio, si torna indietro?
La distribuzione commerciale in Italia sta vivendo una crisi profonda, che ne mette in discussione l’impianto generale e normativo.
La storia della regolamentazione del settore vide nel 1998 il decreto Bersani che riformò il commercio dopo quasi 30 anni di L. 426: sparirono le tabelle merceologiche, ridotte a 2 (generi alimentari e non alimentari). Venne eliminata l’autorizzazione per gli esercizi fino a 150 mq (nei comuni fino a 10.000 abitanti) o 250 mq (nei comuni con più di 10.000 abitanti). Per le Medie Superfici di Vendita (fino a 1.500 mq nei comuni fino a 10.000 abitanti, e 2.500 nei comuni >10.000) e grandi superfici divenne obbligatorio il parere della Conferenza di servizi.
Nel settembre del 2001 si approvò la riforma del Titolo V della Costituzione che previde soprattutto la delega alle Regioni per le materie attinenti al commercio.
Infine, nel Gennaio del 2012, entrò in vigore la riforma c.d. Salva Italia predisposta dal governo Monti, con la liberalizzazione totale degli orari di apertura, 24 ore giornaliere e 365 giorni l’anno.
La tabella precedente ci permette di analizzare l’andamento delle vendite al dettaglio in Italia dal 2012 (anno di applicazione della riforma degli orari) al Dicembre 2014.
Possiamo notare che la liberalizzazione delle aperture non ha portato particolari benefici sul totale degli acquisti. Sicuramente ha inciso la crisi globale dell’economia ed è stato un beneficio per gli occupati in altri settori, che hanno potuto effettuare acquisti o visite nei punti vendita anche la domenica, con più libertà e tempo. Vediamo comunque un calo generalizzato negli indici tendenziali in quasi tutti i mesi degli anni riportati e per ogni tipo di forma distributiva.
La tabella qui sopra riporta invece i dati scorporati per area territoriale, anno e ultimo trimestre 2014. I numeri variano di poco, anche rilevando che la tabella Istat non è ancora definitiva per l’ultimo periodo e quella Nielsen-Infoscan lavora su rilevazioni catturate in modo diverso.
E sono comunque negativi, anno su anno, rilevando la grave difficoltà del comparto commerciale e del turismo. Secondo le stime Confesercenti, nei due settori tra gennaio e dicembre hanno chiuso 91.975 imprese, a fronte di 56.677 nuove aperture, per un saldo finale negativo di 35.298 attività. E le aziende che aprono hanno una vita sempre più breve: la percentuale di quelle che cessano l’attività dopo 3 anni è ormai sopra il 40%, mentre nel 2000 era sotto il 30%.
Le imprese si sono difese con le promozioni: le ha praticate l’83% degli attori, per uno sconto medio del 27%. In totale, secondo le stime, nel 2014 la pressione promozionale (la quota di prodotti in offerta sul totale), in tutti i comparti del commercio ha raggiunto il 30%. Nel 2007 era il 22,4%.
Questi elementi fanno comunque comprendere come, al di là delle poche vendite in più ottenute con le aperture domenicali, la crisi ha colpito duramente, tanto da obbligare alla riduzione generalizzata dei margini di contribuzione e portato così alle tante scomparse rilevate dai dati ufficiali.
Federdistribuzione (organizzazione delle Imprese della Gdo) dichiara un aumento degli occupati, a parità di perimetro di consolidamento, di 4.200 unità e di circa 400 milioni di stipendi, contro un aumento dello 0,8% del fatturato (dati Nielsen). Vengono inoltre enunciati aumenti di costi per le aperture festive, pari a circa il 4% del totale annuo.
Un’altra analisi rivolta alle abitudini dei consumatori, rileva che il grande afflusso che si aveva in prossimità del sabato, il quale valeva circa il 40% degli scontrini settimanali, si è ridotto spalmandosi sulle domeniche, arricchendole anche di coloro che sarebbero andati a fare acquisti il lunedì ed il venerdì.
Infine, l’ultimo dato rilevato dalla Nielsen che vorremmo riportare, ci spiega cosa viene acquistato dai Visitatori nei negozi della Gdo (che usiamo per comodità come parametro di riferimento delle abitudini generali di acquisto)
Vediamo che in effetti la domenica viene considerata un momento per effettuare gli acquisti di prodotti primari soprattutto (alimentari ed abbigliamento), forse perché si ha più tempo e la famiglia è pressoché al completo.
Una analisi serena della situazione, ci porta a comprendere che questa normativa sta creando una ridistribuzione delle vendite per settore, ove la Gdo riesce ad aprire anche 80 ore settimanali ed intercettare i bisogni dei consumatori come sopra identificati; dall’altro lato, i piccoli negozi a gestione famigliare o con poco personale, non riescono a coprire adeguatamente i turni settimanali e tendono a venire esclusi dal circuito dei consumatori delle giornate festive che, dopo un paio di anni di nuovo regime, sono diventati una platea compatta e dalle abitudini consolidate. Il risultato nel lungo periodo sarà uno spostamento importante di consumi, soprattutto quelli della fascia medio-bassa, a favore delle grandi superfici che, anche se attualmente con alcuni evidenti problemi finanziari, stanno operando uno sforzo di conquista delle nuove abitudini di consumo, a scapito di piccole realtà dei centri città (che spesso soffrono anche di altri problemi di accesso e strutture) e degli stessi punti vendita delle gallerie commerciali presenti all’interno dei parchi commerciali.
C'era una volta la Sinistra
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Ucraina, nuova offensiva nel Kursk russo. Kiev: ‘Nemici colti di sorpresa’. Mosca: ‘Attacco respinto’
Perugia, 5 gen. (Adnkronos) - Ha sparato con la pistola di servizio (Glock 17 cal. 9) regolarmente detenuta un colpo alla moglie 29enne, romena, per poi spararsi alla tempia. Sono i dettagli emersi dalla ricostruzione dell'omicidio-suicidio avvenuto questa mattina a Gualdo Tadino, nella frazione Gaifana, in una abitazione in via degli Ulivi.
L'uomo, una guardia giurata di 38 anni, è stato trovato senza vita accanto alla vittima. I rilievi ancora in corso, a cura della Sezione rilievi del Nucleo Investigativo di Perugia e Compagnia Carabinieri di Gubbio, confermano la dinamica. Secondo gli investigatori, il movente sarebbe legato a dissidi coniugali. Sul posto il medico legale e il sostituto procuratore di turno.
Roma, 5 gen. (Adnkronos) - Una pronuncia del Consiglio regionale della Sardegna sulla decadenza della presidente della Regione Alessandra Todde per presunte irregolarità sul rendiconto delle spese elettorali non è ipotizzabile nell'immediato. "Secondo la Corte costituzionale (sent. 387/1996) la questione della pronuncia del Consiglio regionale sulla decadenza si porrà solo nel momento in cui il provvedimento diventerà 'definitivo'". A indicare la significativa sentenza della Consulta è il professore ordinario di Diritto pubblico all'università di Roma Tor Vergata, Giovanni Guzzetta che, analizzando all'Adnkronos una vicenda ingarbugliata sia sul fronte politico che giudiziario, rileva anche che"il giudizio del Consiglio regionale è sempre sindacabile in sede giurisdizionale".
Pertanto, "immaginando che la Presidente della Regione Sardegna impugni effettivamente l’atto, sul piano giudiziario i tempi non saranno brevi: la lunghezza dei tempi si trasforma in una prolungata spada di Damocle 'politica' sulla Presidente e sulla sua legittimazione. E qui, subentrano tutte le valutazioni di opportunità che non spetta a me fare".
Secondo il costituzionalista, "la vicenda è molto complessa perché ha evidentemente implicazioni politiche e giuridiche ma le letture appaiono molto semplificate e assertive". "Sul piano politico - analizza - ci troviamo di fronte ad una ordinanza-ingiunzione che contesta gravi violazioni della disciplina in materia di spese elettorali e relativa rendicontazione. In base alla legislazione vigente applicabile anche alla regione Sardegna, a seguito dell’accertamento di tali violazioni consegue anche la sanzione accessoria della decadenza, in quanto si concretizza una causa di ineleggibilità del consigliere regionale che si riflette sulla carica di presidente della Regione, perché, in base alla disciplina vigente ribadita dalla stessa legislazione sarda, il Presidente non può non essere anche membro del consiglio regionale. Sul piano politico la rilevanza della questione, e quindi le conseguenze in termini di opportunità, sono rimesse alle valutazioni degli interessati e al dibattito politico".
"Sul piano giuridico quello che succede è che il provvedimento, che è immediatamente esecutivo, è comunque un provvedimento amministrativo, sebbene adottato da un organo particolarmente autorevole in quanto istituito presso la Corte d’Appello e presieduto dal Presidente della Corte d’Appello. A tale provvedimento si può fare opposizione davanti al giudice ordinario, cui spetta anche decidere se sospenderne o meno l’esecutività. Secondo la Corte costituzionale (sent. 387/1996) la questione della pronuncia del Consiglio regionale sulla decadenza si porrà nel momento in cui il provvedimento diventerà “definitivo” (cioè una volta esauriti i gradi di giudizio di impugnazione dell’ordinanza o qualora tale impugnazione non ci sia, nei termini di 30 giorni dall’adozione del provvedimento). Da questa sentenza della Corte costituzionale sembrerebbe dunque che fino a quel momento il Consiglio non possa pronunciarsi, anche se il provvedimento del Collegio regionale di Garanzia rimanesse esecutivo".
Guzzetta osserva che "in questa prospettiva, immaginando che la Presidente della Regione Sardegna impugni effettivamente l’atto bisognerà attendere i vari gradi di giudizio e potrebbero passare mesi. Nel momento in cui il provvedimento, confermato dai giudici, divenisse effettivamente definitivo spetterebbe al Consiglio regionale dichiarare la decadenza. Sui poteri del Consiglio in questa materia c’è molta confusione, perché si tende a pensare in modo analogo a quello che vale per le Camere. Ma c’è una fondamentale differenza. Le Camere sono organi costituzionali e la Costituzione riserva a esse in via esclusiva la valutazione della decadenza. Lo stesso principio non vale per i Consigli regionali, le cui deliberazioni sono impugnabili davanti al giudice ordinario secondo i principi generali che valgono in questa materia, peraltro ribaditi dalla stessa legge statutaria della regione Sardegna 2007 articolo 26 comma 9. Questo vuol dire che i margini di valutazione dei Consiglio regionale sono comunque più ristretti, perché le loro scelte sono sindacabili quanto al rispetto delle norme sulla decadenza".
"Il controllo del Consiglio regionale, dunque, è vincolato dal quadro normativo e non può ritenersi politicamente libero. Il che non vuol dire che il suo voto sia una formalità (possono essere rilevati vizi procedurali ad esempio), ma certo la valutazione non è meramente politica. Né la legge ordinaria potrebbe riconoscere ai consigli regionali quella garanzia di insindacabilità degli atti che è assicurata dalla Costituzione alle Camere - sottolinea il professore di Tor Vergata - Questo peraltro vale per tutti i casi in cui i Consigli regionali accertino cause di decadenza. Le dichiarazioni di decadenza sono impugnabili davanti al giudice ordinario. Al limite possono ipotizzarsi anche dei conflitti di attribuzione davanti alla Corte costituzionale tra Regione e autorità giudiziaria".
"Sul piano giudiziario, dunque, i tempi non saranno brevi.Sul piano politico, ovviamente, la lunghezza dei tempi si trasforma in una prolungata spada di Damocle 'politica' sulla Presidente e sulla sua legittimazione. E qui, subentrano tutte le valutazioni di opportunità che non spetta a me fare", conclude il costituzionalista. (di Roberta Lanzara)
Roma, 5 gen. (Adnkronos) - Papa Francesco ha ricevuto una targa con riflessioni su Gesù da parte della Guida suprema iraniana, l'Ayatollah Ali Khamenei. Secondo quanto rende noto l'agenzia di stampa Irna, la targa è stata consegnata al Pontefice dall'ambasciatore iraniano presso la Santa Sede, Mohammad Hossein Mokhtari, ricevuto nei giorni scorsi.
''Se Gesù fosse tra noi oggi - scrive Khamenei - non esiterebbe un attimo a combattere i leader dell'oppressione e dell'arroganza globale. Non tollererebbe la fame e lo sfollamento di miliardi di persone spinte dalle potenze egemoniche verso la guerra, la corruzione e la violenza".
Partendo dal fatto che ''l'importanza di Gesù per i musulmani non è senza dubbio inferiore alla sua importanza e stima agli occhi dei devoti cristiani'', il testo sottolinea che ''questo grande profeta divino ha trascorso tutto il suo tempo tra il popolo in lotta per opporsi all'oppressione, all'aggressione e alla corruzione'' e ''a coloro che usavano la loro ricchezza e il loro potere per schiavizzare le nazioni e trascinarle nell'inferno di questo mondo e dell'aldilà''.
Nelle riflessioni di Khamenei è contenuto un invito: ''Cristiani e musulmani che credono in questo grande profeta devono rivolgersi ai suoi insegnamenti per stabilire un giusto ordine mondiale. Devono promuovere le virtù umane come sono state insegnate da questi maestri dell'umanità''. Quindi, prosegue il testo, ''per essere un seguace di Gesù Cristo bisogna sostenere la verità e rifiutare i poteri che vi si oppongono. Si spera che i cristiani e i musulmani in ogni angolo del mondo manterranno viva questa profonda lezione del profeta Gesù nelle loro vite e azioni'', auspica il leader iraniano.
Perugia, 5 gen. (Adnkronos) - Marito e moglie sono stati trovati morti nell'abitazione nella quale vivevano a Gualdo Tadino, in provincia di Perugia. Sul posto sono intervenuti i carabinieri che indagano sull'ipotesi di omicidio-suicidio. Da una prima ricostruzione si tratta di una coppia giovane, i due avevano una trentina di anni. L'uomo, dai primissimi accertamenti, avrebbe ucciso la donna per poi togliersi la vita.
Milano, 5 gen. (Adnkronos) - Sono in corso le indagini dei carabinieri per fare luce sulla morte di un 28enne marocchino trovato morto ieri sera a Cisliano in provincia di Milano. E' stato un passante ieri a chiamare il 112 dopo aver notato un uomo riverso sul ciglio della strada in via Regina Elena, quasi all'incrocio con una strada provinciale. Sul posto sono intervenuti, insieme al 118, i carabinieri di Bareggio e Magenta che non hanno potuto fare altro che constatare il decesso. A quanto si apprende si indaga per omicidio perché, da una prima ispezione del medico legale, è emersa sul cadavere una lesione all'addome inferiore compatibile con un'azione violenta. Tuttavia sarà l'autopsia a fare definitivamente chiarezza.
Roma, 5 gen. (Adnkronos) - Visita lampo di Giorgia Meloni a Mar-a-Lago, dove la premier ha incontrato il presidente eletto degli Usa Donald Trump. Dopo circa 5 ore dal suo arrivo a Palm Beach, la premier è risalita sul volo che la sta riconducendo a Roma.
(Adnkronos) - Il Napoli vince 3-0 in casa della Fiorentina oggi 4 gennaio 2025 nel match valido per la 19esima giornata della Serie A. La formazione di Conte passa al Franchi con i gol di Neres (29'), Lukaku (54' su rigore) e McTominay (68'). Il successo consente al Napoli di salire a 44 punti e di conquistare il primo posto solitario in classifica con 3 punti di vantaggio sull'Atalanta e 4 sull'Inter. Bergamaschi e milanesi hanno una partita in meno.
Il Napoli parte bene e al 15' Olivera va in gol dopo lo scambio con Lukaku, ma l'azione del Napoli è viziata da due posizioni di fuorigioco dei due protagonisti dell'azione. Al 18' altro squillo del Napoli con Spinazzola che impegna De Gea. La Fiorentina non riesce ad essere pericolosa e la squadra di Conte al 26' ci prova con Neres che converge e ci prova con il mancino.
Al 29' Napoli in vantaggio: combinazione tra Neres e Lukaku, con il brasiliano che in area danza sul pallone, salta gli avversari e di destro da posizione laterale infila De Gea sotto la traversa per l'1-0. Immediata la reazione viola che al 35' manda Kean in gol, ma l'attaccante prima del tiro in porta tocca il pallone con una mano e la rete viene annullata dopo il consulto con il Var. Al 39' ancora Fiorentina pericolosa con la conclusione verso la porta di Mandragora, parata in tuffo da Meret.
Ad inizio ripresa ancora Napoli protagonista. Al 53' Neres serve McTominay ma lo scozzese in area non inquadra la porta. Il raddoppio arriva un minuto dopo. Al 54' intervento in ritardo di Moreno su Anguissa e calcio di rigore trasformato da Lukaku, per il 2-0. Palladino cambia faccia alla squadra inserendo Gosens e Colpani e al 61' arriva una clamorosa doppia occasione: prima Meret respinge il tiro da centro area di Mandragora, poi si salva anche sul tentativo di Beltran. Poi sul cross di Dodò, svetta ancora Beltran ma il pallone esce di poco a lato.
I viola riversati in avanti lasciano ampi spazi alle ripartenze del Napoli che al 63' sfiora il tris sull'asse Lukaku-Neres, ma questa volta il brasiliano conclude sull'esterno della rete. Al 68' il Napoli trova il terzo gol: ennesimo errore viola a centrocampo con Anguissa che ruba palla e si invola, sul suo cross in area Comuzzo non riesce a liberare, e McTominay arriva da dietro e mette il pallone alle spalle di De Gea per il 3-0. La Viola non si arrende nonostante il pesante passivo e al 70' arriva il tiro a giro di Sottil dal limite dell'area che esce fuori di poco. Con il passare dei minuti la pressione della Fiorentina si affievolisce con il Napoli che controlla il possesso del pallone senza correre altri rischi.